sabato, novembre 04, 2017

IV Novembre



Articolo di ALBERTO GALLETTI

Il precipitare della situazione politica europea nella tarda primavera del 1914, trovò il mondo del foot-ball italiano in stato di piena eccitazione per la contesissima assegnazione del titolo di campione nazionale.
Si era chiuso il, 14 giugno, il girone finale del torneo maggiore (così era denominato il campionato del Nord Italia).
Nell’ultima giornata il Casale, vincendo a Milano sul campo dell’Inter per 2-1, manteneva il Genoa, vittorioso in casa sulla Juventus per 4-1 a due punti, aggiudicandosi così il titolo.
Per l’assegnazione del titolo di Campione d’Italia i nero stellati erano attesi ora da una doppia sfida contro la Lazio, vincitrice del raggruppamento centro-meridionale, in programma per il 5 luglio, partita di andata a Casale Monferrato e 12 luglio, ritorno a Roma.

Le cupe nubi che da tempo si stavano addensando sulla testa degli europei, e tra loro degli appassionati di calcio, detonarono in un temporale (dapprima), quando il 28 giugno la mano di Gavrilo Princip, studente irredentista che rivendicava l’autonomia della Bosnia dall’Impero Austro-Ungarico con susseguente annessione al regno di Serbia, attentò con successo alla vita dell’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando, della moglie Sofia e alla pace assai precaria dell’Europa del tempo.

Il temporale, in un' escalation di tensione con aggravarsi progressivo delle crisi diplomatiche tra Nazioni, si trasformò ben presto in un’inaudita tempesta quando l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, innescando una reazione a catena di alleanze e controdichiarazioni di guerra, che trascinarono il Vecchio Continente in quel tragico baratro che ben conosciamo col nome di Grande Guerra.

Nel frattempo da noi, la doppia sfida dei primi di luglio aveva visto il Casale laurearsi Campione d’Italia in virtù del doppio successo sulla Lazio per 7-1 e 2-0.
I nero-stellati arrivavano così, dopo cinque anni, a quel traguardo che si erano prefissati al momento della fondazione quando si proposero di emulare gli acerrimi rivali vercellesi.
La dichiarazione di guerra austriaca alla Serbia arrivo purtroppo puntuale il 28 luglio e con essa anche l’inizio delle ostilità il 1° agosto, stesso giorno in cui la Germania dichiarò guerra alla Russia.
L’indomani, 2 agosto, le truppe tedesche invasero il Lussemburgo quindi travolsero il Belgio, provocando l’entrata in guerra della Gran Bretagna e sfondarono le difese francesi nord-orientali.
Lo stesso 2 agosto, la FIGC si riunì a Torino per deliberare sull’organizzazione dei campionati per la stagione 1914/15.

Al momento dell’entrata in guerra, la Gran Bretagna non manteneva un contingente militare sul continente e le forze armate regolari erano numericamente esigue, per cui il governo cominciò una massiccia campagna per il reclutamento di volontari da spedire in soccorso della Francia.
I calciatori professionisti, già sotto contratto almeno fino al termine della stagione che stava per prendere inizio, per arruolarsi avrebbero dovuto risolvere i contratti con i rispettivi club, pagando una penale per svincolarsi (più o meno una clausola rescissoria di oggi) prima di poterne firmare un altro per le forze armate.
La Lega Professionisti, in virtù di questa situazione e della generale sensazione che il conflitto non si sarebbe protratto oltre Natale, non prese alcun provvedimento e diede il via libera alla partenza dei campionati, che consistevano al tempo in due divisioni, la prima e la seconda, a girone unico .

La condizione di insularità permise lo svolgimento della stagione, pur non senza polemiche, l’ Everton vinse il campionato allo sprint per un solo punto sull’Oldham Athletic.
Anche la Coppa d’Inghilterra , il torneo principe al tempo, si svolse regolarmente.
Giunsero in finale Sheffield United e Chelsea per quella che viene ricordata come ‘The Khaki Cup Final’ dal colore delle uniformi militari che la quasi totalità del pubblico indossava quel giorno.
La partita fu spostata dall’abituale sede del Crystal Palace sports ground a Sud di Londra, requisito dall’Ammiragliato che ne fece un centro di addestramento militare, a Manchester, campo di Old Trafford; anche per mantenere il più possibile decongestionata l’area londinese, in pieno sforzo bellico. Il pubblico, vuoi per la capacità ridotta dell’impianto, vuoi per le difficoltà nei trasporti causa razionamenti del carburante, e per la mobilitazione di larghe fette di popolazione giovanile nell’esercito, fu largamente inferiore a quello degli anni precedenti. Basti pensare che solo l’anno prima oltre 121.000 paganti assistettero alla finale tra Aston Villa e Sunderland. Furono 49.557 i paganti che assistettero all’incontro che lo Sheffield United chiuse negli ultimi cinque minuti, dopo aver comunque dominato dal principio. Risultato finale Sheffield United 3-0 Chelsea.

Fu questa l’ultima partita di calcio professionistico giocata in Inghilterra per quattro anni.

Le polemiche furono però aspre: tanti rinfacciarono al mondo del calcio di essere insensibile e superficiale di fronte alla tragedia che si andava via via sviluppando sul fronte occidentale. La partita fu giocata tra l’altro all’indomani dell’attacco tedesco nella seconda battaglia di Ypres condotto con bombe al cloro che sterminarono oltre seimila soldati alleati in meno di dieci minuti.
Meno di dieci minuti: più o meno quello che lo Sheffield United ci mise a segnare secondo e terzo gol nella finale, tra l’84’ e l’88’.
Le prese di posizioni furono decise e anche assai notabili, quali quella di Sir Arthur Conan Doyle, che aveva un passato da giocatore di calcio e soprattutto di cricket con la sua invettiva “c’era un tempo per giocare, c’era un tempo per lavorare……se un giocatore di cricket ha una buona vista lasciate che la usi per maneggiare un fucile.
Se un calciatore ha forza nelle gambe, lasciate che egli serva su un campo di battaglia.”
non fece mistero di come vedesse la situazione al momento.
Ci fu anche quello di Frederick Charrington, erede dell’impero delle birrerie Charrington e originario dell’East End londinese, che si lanciò in un’infuocata invettiva contro i giocatori del West Ham colpevoli di essere pagati per giocare al calcio mentre migliaia di loro coetanei combattevano e morivano sul fronte occidentale.
La polemica fu assai violenta e non mancò chi difese i calciatori: gli operai delle fabbriche e del porto che contribuivano allo sforzo bellico in patria, che presero la loro parte adducendo che si doveva pur aver diritto a cercare di condurre una vita più o meno normale pur con le ristrettezze del tempo di guerra.
Anche Frederick Wall, allora segretario della Federazione inglese, prese posizione chiamando Jimmy Hogan traditore, perché durante il tempo di guerra aveva trovato riparo nell’Impero Asburgico. Hogan fu senz’altro una delle figure più influenti nel calcio europeo di inizio secolo.
Allo scoppio della guerra si trovava in Austria dove allenava l’Austria Vienna.
Fu arrestato e incarcerato come nemico. E’ probabile che grazie al fatto di essere allenatore riuscì ad uscire di prigione e a trasferirsi a Budapest dove venne impiegato come allenatore del MTK, che guarda caso vinse i campionati del ’15, del ’17 e del ’18. Rimase a Budapest fino al ’21 rivestendo un ruolo fondamentale nello sviluppo del calcio ungherese, ben sottolineato in occasione della distruzione della nazionale inglese da parte dell’Ungheria nei due incontri del 1953 (6-3 a Londra e 7-1 a Budapest). In quell’occasione Sandor Bàrcs , presidente della Federazione ungherese dichiarò alla stampa che: “Jimmy Hogan ci ha insegnato tutto quello che sappiamo sul calcio”.
L’allenatore Sebes rinforzò il concetto dichiarando a sua volta: “Abbiamo giocato così come ci ha insegnato Hogan. Quando in futuro si parlerà della nostra storia calcistica, il nome di Jimmy Hogan dovrà essere scritto a caratteri d’oro”.
Con tanti saluti a Mr. Wall.
Aggiungo ad onor del vero che durante l’ormai famosa, e non autorizzata, tregua del Natale 1914 il calcio fu protagonista, pare, in più punti del fronte occidentale dove , oltre ad un inconsueto scambio di doni tra soldati degli opposti schieramenti ci fu spazio anche per improvvisate partite di calcio nella terra di nessuno, che rasserenarono parecchio gli animi, seppur solo per un paio d’ore.

Nel luglio del 1915 comunque la Football League abolì il professionismo,facendo decadere i contratti dei calciatori che divennero dilettanti, quindi liberi da vincoli contrattuali per unirsi alle forze armate. Ricordiamo comunque che si parlava ancora di volontari per la guerra e che la coscrizione in Gran Bretagna diverrà obbligatoria solo a 1916 inoltrato. La Federazione sciolse di conseguenza i campionati e la Coppa nazionale. I club rimasero, ma l’attività fino al termine del conflitto continuò su base locale. Diversamente in Scozia la Football League non abolì il professionismo. Forse il continente era ancora più lontano e la percezione del pericolo più remota. I contratti dei calciatori rimasero validi e i campionati non furono interrotti .
I vincitori dei tornei in tempo di guerra furono
1915 Celtic
1916 Celtic
1917 Celtic
1918 Rangers


La Scottish Cup fu invece sospesa , l’ultima edizione giocata fu vinta nell’aprile del 1914 dal Celtic per 4-1 sull Hibernian nella ripetizione della finale. Ritornerà a partire dalla stagione 1919/20 e sarà il Kilmarnock ad aggiudicarsela.
Non mancarono polemiche anche qui, come in Inghilterra.
Già dal novembre del 1914 però, ad Edimburgo , si era formato un battaglione, il 16° Royal Scots, grazie allo sforzo dei calciatori del Heart of Midlothian, ben sedici, cui si unirono successivamente loro tifosi. Presto aderirono anche giocatori e tifosi di HIbernian, Falkirik e Raith Rovers, tanto da arrivare a reclutare 1350 uomini in soli sei giorni.
Furono spediti sul fronte occidentale dove, oltre ad altri, 9 giocatori degli Hearts rimasero uccisi. Anche il Celtic Glasgow pagò un pesante tributo, 7 i calciatori che persero la vita nel conflitto.
Tra loro William Angus che fu ferito in battaglia in 40 occasioni e perì in azione eroica; fu decorato con la Victoria Cross, la massima onoreficenza militare britannica.
Poco dopo, nel dicembre del ’14 anche in Inghilterra si formò un battaglione di calciatori, per iniziativa del politico conservatore Willim Joynson-Hicks, su suggerimento del Ministro per la Guerra Lord Kitchener. Presso la sede comunale di Fulham si presentarono il 12 dicembre 22 giocatori, il primo ad iscriversi fu il nazionale inglese Frank Buckley del Bradford City che fu messo a capo del reparto con il grado di tenente. Si distinse sulla Somme ,dove fu ferito ad una spalla e subì gravi danni ai polmoni per effetto dei gas tedeschi, fino ad essere promosso sul campo al grado di Maggiore.
Buckley fu imitato quel giorno da altri trenta colleghi. Il bando di arruolamento fu poi reso pubblico il 1° gennaio 1915 e in marzo 122 calciatori professionisti si erano arruolati,tra questi l’intera squadra dell’Orient e il 16° Royal Scots che fu aggregato.
Altri membri del battaglione furono Vivian Woodward del Chelsea, Sandy Turnbull del Manchester United e parecchi elementi di Tottenham Hotspur, Millwall, Brighton & HA, Bristol Rovers, QPR e Nottingham Forest, tra le più rappresentate.
lloro teatro d’azione fu il settore della Somme, il battaglione subì gravi perdite. Oltre mille caduti di cui 462 solo nella battaglia di Arras.
Nel centro del paese di Contalmaison , su quello che fu il campo di battaglia della Somme è stato eretto nel 2004 un monumento ai caduti del 16th Royal Scots in memoria del Battaglione dei Calciatori. Costruito con pietre portate direttamente dalla Scozia, da muratori scozzesi, in gran parte tifosi degli Hearts. Le targhe a memoria sono realizzate in bronzo anch’esso fuso in Scozia, a Kirkwall.

A sud delle Alpi invece il governo del Regno d’Italia cercava problematici equilibrismi sul filo di una neutralità molto precaria, ma comunque garantita. Il campionato di calcio 1914/15 prese quindi il via regolarmente. Impostato su base regionale era diviso in due campionati, quello principale al Nord e quello del Centro-Sud. Si passava attraverso varie fasi da quella regionale al girone finale per ciascun campionato; le due vincenti si sarebbero sfidate per il titolo nazionale.

Di pari passo con l’avanzare del conflitto e varie crisi diplomatiche, in un’Europa ormai nel baratro, le eliminatorie designarono le quattro squadre che si sarebbero contese il titolo nel campionato Nord-Italia nel girone finale: Genoa, Torino,Inter e Milan. La situazione nel Paese si era ormai fatta assai tesa, la divisione tra interventisti e non-interventisti prese pieghe violente e assai spiacevoli fomentate dalla stampa di parte, mentre il governo proseguiva trattative su ambo i fronti per valutare da quale parte gli sarebbe convenuto entrare in guerra.

La prima giornata si chiuse con due pareggi, 1-1 tra Torino e Inter, stesso risultato tra Milan e Genoa. Nella terza giornata il Torino battè clamorosamente il Genoa 6-1 portandosi al primo posto in classifica.
Il giorno dopo Sonnino fece pervenire al Ministro austriaco un documento in cui si evidenziavano le violazioni di Vienna agli accordi italo-austriaci sui Balcani, prima tra tutte l’ultimatum alla Serbia dell’anno prima, con l’intento evidente di invalidare l’alleanza e cercare di entrare in guerra a fianco dell’Intesa.
Il 9 maggio si giocò la quarta giornata , il clima precipitava sempre più, l’intervento era ad un passo.
Le difficoltà per riuscire a scendere in campo la domenica erano sempre maggiori, i trasporti si facevano sempre più difficili e sempre più gente veniva chiamata alle armi.
I risultati furono Inter 2-1 Torino e Genoa 3-0 Milan; per una classifica che ora vedeva Inter e Genoa appaiate in testa con 5 punti, Torino 4, chiudeva il Milan con 2.
Con l’aggravarsi della situazione di ora in ora e il rischio di mobilitazione generale ormai dietro l’angolo, la FIGC telegrafò il lunedì mattina alle quattro società finaliste per chiedere di anticipare un turno al mercoledì in modo da poter chiudere il campionato la domenica successiva 16 maggio. Il Genoa si oppose alla richiesta, che venne così respinta.
Il 13 maggio invece del turno infrasettimanale di campionato, ci furono le dimissioni del governo e gli eventi precipitarono in modo definitivo.
Il movimento interventista si impadronì delle piazze, ci furono dimostrazioni e gravissimi incidenti. Il Re dopo aver incassato tre rifiuti a formare il nuovo governo respinse, il giorno 16, le dimissioni del governo. In quella convulsa domenica, il sovrano ridiede incarico a Salandra di formare il governo, dando così la sua benedizione definitiva allo sciagurato intervento italiano in guerra. Tra manifestazioni di giubilo per il suddetto reincarico e le solite violenze di piazza si giocò, come previsto, la penultima giornata del girone finale cui pochissimi ormai dedicarono attenzione. Il Genoa si aggiudicò lo scontro tra le prime della classe, quindi: Genoa 3-1 Inter e Milan 1-1 Torino.
L’ultima decisiva giornata era in programma per domenica 23 maggio.

Il giorno 20, la Camera approvò a scrutinio segreto (407 favorevoli e 74 contrari), il disegno di legge che conferiva nelle mani del governo del Re i poteri straordinari in caso di guerra. Il senato ratificò all’unanimità l’indomani.
L’Italia aveva adesso un piede nel baratro.

La situazione precipitò velocemente: il 22 il governo dichiarò lo stato di guerra per alcune province e la mobilitazione generale per l’esercito e la marina militare.
Infine il 23 maggio fu fatta pervenire all’Ambasciatore italiano a Vienna la dichiarazione di guerra, che egli consegnò a nome del Re, valevole dall’indomani. Tutti e due i piedi del Regno d’Italia erano adesso nel baratro.
Lo stesso giorno, alle squadre in procinto di scendere in campo a Genova, Milano, Pisa e Roma, venne letto, dagli ufficiali di gara che lo avevano ricevuto, il seguente telegramma inviato dalla FIGC: ‘In seguito alla mobilitazione generale la Direzione della FIGC ha sospeso gli incontri che ancora devono avere luogo a Genova, Milano, Roma e Pisa’.

La sospensione lasciava la situazione dei campionati come segue:

CAMPIONATO PRINCIPALE
Genoa 7
Torino 5
Inter 5
Milan 2

CAMPIONATO CENTRO-SUD
Lazio 8
Pisa 6
Roman 6
Lucca 0

Da qui in avanti più niente.
Solo un lenzuolo nero steso su tutta Europa, sotto al quale cominciò a dipanarsi una scia catastrofica di sofferenze inenarrabili fatta di giovani sradicati dalle loro vite e spediti negli implacabili tritacarne di Ypres, Verdun, della Somme e dell’Isonzo, tra atrocità spaventose e una condizione di disumanità quali mai ci si era immaginati prima. Distruzione e morte nelle zone di guerra, patimenti per le popolazioni e lutti. Lutti in tutta Europa, in ogni città, in ogni paese, in ogni strada. Una tragedia spaventosa.

Tanti furono gli sportivi italiani che presero parte alla I guerra mondiale, molti perirono, altri se la cavarono.
Tra i calciatori e sportivi che persero la vita in combattimento ve ne sono alcuni il cui nome risuona ancora oggi tra gli appassionati, dai commenti di radio e telecronisti, o dalle pagine dei giornali.

Luigi Ferraris.
Famiglia originaria di Saluzzo si trasferì bambino a Genova dove si diplomò al liceo D’Oria e cominciò a giocare al calcio nelle file delle giovanili del Genoa nel 1901. Si laureò in ingegneria a Milano e continuò la sua militanza nel Genoa, del quale fu anche capitano, fino al 1912 quando trovò impiego alla Pirelli di Milano e lasciò il calcio.
Fu un mediano di non grandi mezzi tecnici, ma molto aitante, profondeva grande impegno ed era amatissimo dal pubblico. Patriota convinto ed interventista, si arruolò volontario e prese servizio come Sottotenente di Artiglieria. Morì durante una missione sul Monte Maggio, in Trentino, il 23 agosto 1915 colpito da un proiettile di artiglieria che lo uccise all’istante, aveva 28 anni.
Fu decorato con una medaglia d’argento al valor militare.
Il 1° gennaio 1933, in occasione dei festeggiamenti per i quarant’anni del Genoa, gli fu intitolato lo stadio di Marassi, allora ancora di proprietà del Genoa. Durante la cerimonia la sua medaglia al valore fu sotterrata vicino a un palo della porta sotto la Gradinata Nord, dove ancora si trova.

Alberto Picco fu tra i soci fondatori dello Spezia Calcio nel 1911. Consigliere e tesoriere del club, Picco era un grande sportivo avendo già praticato nuoto, canottaggio e ginnastica. Ma fu il calcio la sua grande passione .
Fu giocatore e capitano dello Spezia, giocò la prima partita nella storia della squadra a Livorno contro la Virtus Juventusque terminata 2-2. Fu lui a segnare il primo gol, quindi anche il primo in assoluto nella storia dello Spezia.
Chiamato alle armi fu inquadrato nel Battaglione Alpino Exilles, schierato sulle Alpi Giulie. Divenne ufficiale e morì in azione (eroica, ma cosa importa?) nel primo tentativo italiano di conquistare il famigerato Monte Nero. Ferito dapprima ad un piede, condusse ala carica i suoi uomini in uno scontro all’arma bianca; fu ferito di nuovo, questa volta al ventre e spirò poco dopo, aveva 21 anni.
Il Re conferì anche a lui una medaglia d’argento al valor militare. Nel 1919 gli venne intitolato il nuovo stadio cittadino a La Spezia, che ancora oggi ospita le gare dello Spezia FBC e porta il suo nome.

Giovanni Zini era un giovanotto cremonese dal gran fisico e dal baffetto alla moda. Giocava come portiere nella Cremonese con la quale aveva vinto il campionato di Promozione 1913-14 e disputato quell’ultimo, tormentato, campionato di serie A 1914/15. Sembrava avviato ad una brillante carriera tra i pali e dopo essere stato osservato dai tecnici nazionali pareva in procinto di essere convocato, ma la cartolina di precetto arrivò prima e Giovanni si ritrovò bersagliere sul Carso con incarico di barelliere.
Svolse il suo compito con grande impegno, compiendo talvolta sforzi sovrumani, o meglio forse, disumani. Cadde stremato a terra la sera del 2 agosto 1915, vittima di un’infezione di tifo, aveva 21 anni.
Nel 1929, quando la Cremonese entrò in possesso del nuovo stadio di via Persico, non dimenticò quel suo sfortunato giovane giocatore e gli intitolò lo stadio che ancora oggi porta il nome di Giovanni Zini.
C’è una targa in marmo con bassorilievo raffigurante il bersagliere Giovanni Zini all’ingresso della scala della tribuna. L’ho vista tante volte, ogni volta mi sono fermato a leggerla.

Giuseppe Sinigaglia, comasco, fu un ginnasta, lottatore e soprattutto canottiere lariano. Fu campione italiano ed europeo nel’ singolo’ e nel ‘quattro con’ . Vinse anche, nel 1914, il prestigioso Diamond Scull di Henley on Thames, al tempo un vero campionato mondiale del ‘singolo’.
Si arruola nel 1915 nei Granatieri di Sardegna e partecipa col grado di Sottotenente agli assalti del Monte Sabotino. Muore il 9 agosto del 1916 durante il sanguinosissimo e tristemente famoso assalto al Monte S.Michele, aveva 32 anni.
Nel 1927 la sua città, Como, gli dedicherà il nuovo stadio sorto proprio su quello stesso campo sportivo dove anni prima aveva praticato il lancio del disco.

Prendo loro quattro come esempio, volendo ricordare tutti gli sfortunati ragazzi cui toccò in sorte la grande guerra invece dei Beatles, degli Stones o magari un Olimpiade piuttosto che un mondiale di calcio.
Mi fa piacere inoltre che i loro nomi abbiano resistito nell’intitolazione degli impianti di Genova, La Spezia , Cremona e Como, realtà storiche del nostro calcio, nel corso dei decenni e mi auguro che continuino a farlo nell’epoca in cui questo calcio malato vende anche il nome degli stadi pur di racimolare soldi per poter pagare calciatori ingordi e i loro spregevoli procuratori.
Insieme a loro voglio anche ricordarmi di James R. Spensley, colonna del Genoa e padre del calcio in Italia. Spensley, medico sulle navi carbonifere inglesi, fu anche fondatore del movimento Scout in italia. Allo scoppio della guerra si arruolò come ufficiale medico nel Royal Army Medical Corps e prestò servizio sul fronte occidentale. Fu ferito sul campo di battaglia mentre cercava di soccorrere un soldato nemico, morì pochi giorni dopo, il 10 novembre 1915, all’ospedale di Magonza. Oltre ai giocatori del Milan Brevedan, sottotenente caduto il 20 luglio del 1915 sul Monte Piana, Di Lena, Canfari, Colombo, Rovelli, Saldera, Gaslini, Calderari,Carito e Forlano., insieme ai dirigenti rossoneri Porro-Lambertenghi, Wilmant, Azzolini e Nulli che fu decorato medaglia d’oro al valor militare. I cugini dell’Inter contarono a fine conflitto 26 vittime tra i loro tesserati.
Altri caduti in casa Genoa: Gnecco, Marassi, Sussone. Il grande renzo De Vecchi fu chiamato alla leva ma sopravvisse, così come Giuseppe Castruccio decorato anch’egli con medaglia d’oro al valor militare, stranamente per essere sopravvissuto all’azione.

In Francia , benchè si giocasse al calcio da tempo, le competizioni nazionali ancora non avevano visto la luce, la Coppa Nazionale partirà nel 1919 e il campionato un decennio più tardi.

Diversa la situazione negli Imperi Centrali.
In Germania il campionato , che si giocava dal 1902, fu interrotto dalle autorità militari dal 1914 e ripreso dalla stagione 1919/20. All’interno dell’Impero Austro Ungarico invece, si giocavano ufficialmente tre campionati, quello Ceco, o Boemo, quello Austriaco e quello Ungherese. Nessuno di questi tornei fu interrotto ufficialmente per cause belliche. In Boemia a dire il vero ancora non esisteva un campionato nazionale , ma si giocava un torneo a Praga e dintorni ,il Mistrovstvi Czech, dal 1896.
Questo il dettaglio statistico del periodo bellico:

1914 non disputato
1915 Slavia Praga
1916 non disputato
1917 DFC Praga
1918 Slavia Praga.

Campionati veri e propri si svolgevano in Austria e Ungheria, dal 1912 e 1901 rispettivamente. Entrambi erano caratterizzati dalla presenza quasi totale di squadre provenienti dalle rispettive capitali.
Il torneo austriaco, che aveva visto la luce solo due anni prima dello scoppio del conflitto mantenne, per l’intero periodo bellico, la formula del girone all’italiana con 10 squadre .

I vincitori furono:
1914 Wiener AF
1915 Wiener AC
1916 Rapid Wien
1917 Rapid Wien
1918 Floridsdorfer SC

Esisteva una coppa per le squadre viennesi che fu giocata nel 1911, ma durante il periodo bellico vennero disputate solamente due edizioni di un torneo ad eliminazione diretta, al quale non era comunque obbligatorio partecipare. Le due edizioni finirono così:
1915 Floridsdorfer 3-1 Admira Wien
1918 Floridsdorfer – Amateure Wien non disputata per cattivo tempo, campo impraticabile e bassa affluenza di pubblico. L’arbitro però dichiarò il terreno giocabile e obbligò le squadre a scendere in campo, le quali rifiutarono chiedendo il rinvio della partita di una settimana nella speranza di bel tempo, più pubblico e maggiore incasso da dividere per i calciatori. L’arbitro rifiutò e mise a referto. La Federazione dichiarò entrambe le squadre sconfitte a tavolino e si tenne il trofeo. La due squadre si accordarono poi per giocare comunque e il Floridsdorfer vinse 4-3.

Anche in Ungheria si svolgeva una seria A a girone unico con 10 squadre . Al termine della stagione 1914/15, causa scoppio della guerra, le autorità non sospendettero l’attività ma sostituirono il torneo regolare con i seguenti tornei:
1914 Campionato autunno (non ufficiale): Ferencvaros
1915 Campionato primavera (non ufficiale): Ferencvaros
1915 Campionato militare autunno (non ufficiale): MTK Budapest
1916/17 Campionato militare (non ufficiale) : MTK Budapest
1917/18 Campionato militare (non ufficiale) : MTK Budapest

La guerra segue il suo tragico corso per quattro interminabili anni, unica costante : le indescrivibili atrocità dei combattimenti e il disumano disprezzo per le vite umane dimostrate da quasi tutti gli alti comandi militari. Tralascio le complesse vicende militari.
Si arriva così al 3 novembre 1918, giorno in cui a Villa Giusti i plenipotenziari Austro- Ungarici furono ricevuti dagli alti comandi Italiani e firmarono il cessate il fuoco sul fronte Italo-Austriaco che entrò in vigore dall’indomani 4 novembre. Seguirà qualche giorno dopo a Compiègne l’armistizio tra l’Impero Tedesco e le Forze alleate che fece cessare, all’undicesima ora dell’undicesimo giorno dell’undicesimo mese, i combattimenti sul fronte occidentale, decretando così la sconfitta degli Imperi Centrale e la fine della prima guerra mondiale.

Le cifre furono spaventose:
9.912.000 militari morti
21.380.000 militari feriti
7.750.000 militari dispersi (e probabilmente morti)
6.740.000 civili morti

Un' ecatombe.
Oltre ad un intero continente in rovina totale.


Poi la vita riprese e il calcio con essa.
In Inghilterra il campionato riprese dalla stagione 1919/20: se lo aggiudicò il West Bromwich Albion. Anche la FA Cup riprese nella stessa stagione, l’Aston Villa sconfisse l’Huddersfield Town in finale 1-0 a Stamford Bridge davanti a poco più di 50.000 spettatori.
La Scozia continuò imperterrita a far svolgere i propri campionati.
La Scottish Cup riprese, come abbiamo già visto dal 1919/20, il Kilmarnock vinse la prima finale del dopoguerra battendo in finale il piccolo Albion Rovers ad Hampden Park davanti a 95.000 spettatori. Una folla enorme, ancor più enorme vista la piccola portata delle finaliste, ma tanta doveva essere quel giorno la voglia di tornare ad una minima parvenza di normalità. In Francia era partita la prima edizione della Coppa Nazionale nella stagione 1917/18 con divieto di partecipazione, causa guerra in corso, per le squadre del Nord-Est. Vinse l’Olympique Pantìn 3-0 in finale sul Lyon FC. La finale fu giocata il 5 maggio 1918 sul campo della Legione St. Michel in Rue Olivier der Serres n.18 a Parigi, davanti a 2.000 spettatori. Per il campionato, vista la frammentazione delle federazioni locali, si dovrà attendere un altro decennio.

In Italia, avevamo lasciato il campionato all’interruzione del 23 maggio 1915.
Quattro anni dopo, l’8 maggio 1919, la FIGC riunita in seduta plenaria delibera l’assegnazione postuma del titolo 1914/15 al Genoa, capolista del Girone Finale Nord al momento dell’interruzione per l’entrata in guerra.
Il campionato riprese dalla stagione 1919/20 con la consueta maratona di gironi regionali, interregionali e via via fino alla finalissima del 20 giugno a Bologna, in cui l’Inter sconfisse il Livorno 3-2. Nella stessa stagione riprese anche il campionato tedesco, frammentatissimo in mille gironi provinciali e, come il nostro, un vera maratona ad eliminazione. La finale fu vinta dal Norimberga 2-0 sul SpVgg Furth, ultimo campione nazionale prima del conflitto.

In Austria l’attività non era mai stata interrotta e già dal 1918/19 si giocò l’embrionale Wiener Cup riservata a sole squadre viennesi, progenitrice della Coppa Nazionale che fu introdotta solo a partire dal 1935/36 e che ebbe vita assi breve, tre sole edizioni, prima che l’Anschluss abolì le competizioni austriache obbligando le squadre ad iscriversi a quelle tedesche. La prima finale fu Rapid Wien 3-0 Wiener S.K.
In Ungheria il campionato 1918/19 si svolse ancora sotto il patrocinio militare che cessò dalla stagione successiva, vinse, ancora una volta l’ MTK Budapest. Jimmy Hogan, ‘il traditore’ continuò la sua opera di sviluppo del calcio magiaro e trovò anche il tempo per collaborare con Hugo Miesl alla formazione del ‘Wunderteam’ , la nazionale austriaca anni ’30: una delle squadre più forti che si ricordino.
Nell’ottobre del 1918, si formò lo stato Cecoslovacco di conseguenza allo smembramento dell’Impero Asburgico sconfitto. Ci fu un primo campionato non ufficiale nel 1918, solo per la Boemia.Il primo ufficiale partì nella stagione 1918/19: girone unico a 9 squadre. Vinse lo Sparta Praga. Il campionato mantenne la formula dilettantistica e l’esclusività boema d’anteguerra fino al 1925, anno in cui fu aperto anche alle squadre slovacche.

Nel 2015 in occasione dei cent’anni da quel tormentato campionato interrotto, la Lazio, dietro spinta di alcuni gruppi di sostenitori, ha presentato per la FIGC una richiesta ufficiale per l’assegnazione ex-aequo con il Genoa dello scudetto 1914/15, sulle basi del mancato svolgimento della finalissima nazionale
. La richiesta ha purtroppo trovato orecchie favorevoli nei corridoi federali di Roma.
Tanto per mettere i puntini sulle i, ricordo che la Lazio al momento dell’entrata in guerra italiana aveva vinto il girone Italia Centrale, ma ancora era attesa da un doppio confronto con la vincente di Internazionale Napoli-FC Naples , finale del girone Meridionale, di cui si era giocata solo l’andata; la cui vincente avrebbe avuto titolo a sfidare la vincente del girone finale Nord Italia.
Doppio confronto non giocato e non vinto.
In aggiunta la Lazio era giunta alla finalissima nazionale nelle due stagioni precedenti dove si era comportata come segue:
1912/13 Pro Vercelli 6-0 Lazio (a Genova campo neutro)
1913/14 Casale – Lazio 7-1 e 2-0 (finale in andata e ritorno)

Pare superfluo sottolineare la differenza di valore tra le squadre del Nord e quelle del resto d’Italia esistente all’epoca e come sarebbe il caso di occuparsi d’altro invece che di una decisone presa in circostanze non più ripetibili e accettata e sepolta da oltre un secolo di partite giocate. Forse avrebbe più titolo il Torino che in quell’ultima giornata annullata e mai disputata avrebbe dovuto incontrare proprio il Genoa (già battuto come abbiamo visto) e in caso di vittoria si sarebbe aggiudicato la vittoria nel girone.
Se l’Inter non avesse vinto il derby….

Da alcuni anni la Federazione inglese fa appuntare a tutte le squadre di ogni categoria il papavero, simbolo dei Caduti della grande guerra, alle maglie in occasione del turno di campionato nella settimana del Remembrance Day che da loro è l’11 novembre, compresa la nazionale che l’anno scorso scatenò polemiche e provocò una reazione della UEFA che proibì il papavero in quanto considerato simbolo politico. Li vedo bene insieme ai laziali (squadra per la quale ho tra l’altro forte simpatia), ai quali proporrei una bel pic-nic al Sacrario di Redipuglia, Ypres o Douamont, a scelta, a riflettere su come sia il caso di comportarsi.

Oggi è il IV novembre e ho voluto ricordarmi di chi ha fatto la I guerra mondiale.

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