giovedì, maggio 11, 2017

Derek Dougan



ALBERTO GALLETTI ci porta alla scoperta di un personaggio unico nella storia del calcio britannico.

Anno fondamentale nella storia della musica psichedelica, il 1967 fu anche un anno storico nella storia del Coventry City.
Nella primavera di quell’anno la squadra, che viaggiava in testa alla classifica della II Divisione inglese, si apprestava ad ottenere la prima storica promozione alla I Divisione, la massima serie calcistica d’Inghilterra.
Ultimo scoglio, lo scontro diretto contro i leggendari Wolverhampton Wanderers, nobile decaduta, che solo un decennio prima aveva dominato la scena inglese e, sebbene in modo non ancora ufficiale, quella internazionale.
Dunque il 29 aprile 1967, mentre i Beatles stanno per ultimare l’iconografico Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band, uscirà il primo di giugno, e i Pink Floyd monopolizzano la scena dell’UFO Club e sono impegnati negli studi di Abbey Road per la realizzazione del loro primo ‘The piper at the gates of dawn’, e Jimi Hendrix ha dato fuoco alla chitarra un mese prima nella leggendario concerto al London Astoria, i Wolverhampton Wanderers, primi in classifica in II Divisione si presentano ad Highfield Road, ospiti del Coventry City che insegue ad una lunghezza, per giocarsi la terzultima di campionato, la promozione e il primo posto in classifica.
L’attesa in città è enorme, il Coventry non è mai stato in I Divisione, l’occasione storica: 51.452 spettatori passano attraverso i tornelli dell’impianto e prendono posto, schiacciati come sardine, sulle gradinate e ovunque riescano ad infilarsi inclusi i tralicci dei riflettori: un’imballata mondiale.
Gli azzurri di casa sfoderano la prestazione della vita e si impongono 3-1, nettamente, operando il sorpasso in classifica e insediandosi al primo posto che sarà mantenuto fino al termine.

Deludente la prestazione dei favoriti Wolves, anche se l’entusiasmo del Coventry si è rivelato travolgente, e deludente la prestazione del loro uomo di punta, il centravanti nordirlandese Derek Dougan, arrivato un mese prima dal Leicester City (I Divisione) e presentatosi con una tripletta all’esordio casalingo al malcapitato Hull City.
Chiuderà la stagione con i Wolves con 9 centri in 11 partite, determinanti ai fini della promozione a conferma della sua fama di cannoniere efficace, sfrontato, impavido e potente, ma quel pomeriggio risultò non pervenuto.
Apparentemente una giornata storta, in realtà…
.In realtà una foto lo ritrae in prima fila all’UFO Club di Londra la sera prima al concerto di Jimi Hendrix e dei Tomorrow.
Una coincidenza, forse, o forse no.
Forse il rientro da Londra a tarda notte non ha giovato, forse la testa era ancora per aria, sicuramente frastornata dal ricordo del concerto.
Certo il dubbio rimane visto che i Wolves vinsero la partita prima e quella dopo con l’identico punteggio di 4-1.

Quel che è certo è che Derek era un appassionato di rock psichedelico.
Personaggio di suo già pittoresco e travolgente, o larger than life, se mi si passa l’inglesismo, Dougan ebbe il primo contatto con questo genere musicale mentre giocava nel Leicester City.
Ad un ricevimento dato dal Club nei locali del vecchio impianto di Filbert Street, fu chiamata una locale band di R&B, i Roaring Sixties, che mutarono qualche anno più tardi nei Family.
Sebbene fu un’esibizione che non si ripetè più, bocciata da parecchi, tra cui Peter Shilton che li battezzò ‘troppo troppo fuori’, il concerto gli fu sufficiente per appassionarsi al genere e continuare e a coltivarne l’interesse.
E di lui si ha un’altra foto che lo ritrae in piedi, davanti al palco, al Leicester College of Technology nel febbraio 1967, poco prima di passare al Wolverhampton, mentre fissa rapito Syd Barrett che suona dinnanzi a lui.
Nel 1968, quando i Wolves si trasferirono a Los Angeles nei mesi estivi, per disputare un primo campionato sperimentale del Nord America, Derek divenne assiduo frequentatore del Troubador e di altri locali del Sunset Strip.
Arthur Lee dei Love lo soprannominò Belfast Big Man. C’è di più, un ingegnere del suono afferma che un nordirlandese, alto, coi capelli corti fece parecchie visite agli studi dove lavorava e in cui i Byrds stavano registrando ‘The Notorius Byrd Brothers’e che partecipò ai cori in Draft Morning, tuttavia non esistono prove che quest’ultima affermazione sia vera.

Vera o meno che sia, al suo rientro in Inghilterra, Dougan continuò con la sua passione per la psichedelica.
Nell’autunno 1968, contattò un produttore tedesco, Fritz Erste, da poco trasferitosi nelle West Midlands e incise un 45 giri, dal titolo ‘A goal for Dougie’, cover del singolo A dream for Julie dei Kaleidoscope.
Il testo fu adattato alla professione di Derek così che il verso ‘strawberry monkeys are smiling for Julie’, divenne ‘Peter Knowles dribbles, and crosses for Dougie’, cantato da Derek con sorprendente abilità tenorile. Erste aveva grandi aspettative per il singolo, era deciso a farlo uscire per Natale e sperava in un numero uno in classifica.
Purtroppo per lui dopo alcuni giorni ricevette una telefonata da Dougan che lo informava che i Wolves avevano un nuovo allenatore, Bill McGarry, e che questi aveva un opinione assolutamente negativa riguardo la pubblicazione di un 45 giri hippy (così lo definì), da parte del suo centravanti.
Descritto come un duro, autoritario fanatico della forma, McGarry era temuto dai calciatori, impose una disciplina ferrea e non fu forse un caso se il rapporto tra Dougan e la musica psichedelica sembrò esaurirsi poco dopo la sua nomina ad allenatore.

Derek Dougan era nato a Belfast nel 1938, quartiere Distillery operaio e protestante.
Il padre e il nonno operai presso i cantieri navali Harland & Wolff, nonno Sandy giocò anche mediano nel Linfield. Famiglia povera, il piccolo Derek passava intere giornate in strada a giocare a pallone. Dopo un tentativo con le giovanili del Linfield andato male, Derek viene tesserato dal Distillery nel 1953, nel frattempo trova impiego come apprendista elettricista negli stessi cantieri navali dove è impiegato il padre, odia il lavoro. Esordisce in prima squadra nel 1955 come difensore centrale, vista la statura notevole: 1,91m!
Il maximum wage, allora in vigore in Inghilterra non incoraggia certo i giovani giocatori di Belfast a lasciare il paese per giocare nei campionati inglesi, ma il giovane Derek è deciso a fare di tutto per poterci andare, gli interessa giocare ad alto livello, e uscire dal cantiere. Nel 1956 il Distillery va in finale di Coppa, e se l’aggiudica nella ripetizione contro il Glentoran.
Derek segna il gol della vittoria, gli osservatori di alcuni club inglesi sono ormai sulle sue tracce. Dopo provini con Preston North End e Bury, nell’agosto del 1957, Dougan firma per il Portsmouth, allora in prima Divisione, al Distillery vanno 4.000 sterline.
La squadra non va oltre il terz’ultimo posto ottenendo una soffertissima salvezza e Dougan oltre che per qualche gol si fa notare per le sue opinioni taglienti espresse senza peli sulla lingua.
Credendo di essere costruttivo critica fortemente la squadra e i suoi metodi e finisce presto inviso ai compagni di spogliatoio. Non sbaglia di molto infatti l’anno dopo il Portsmouth finisce ultimo e retrocede, anche se lui salta buona parte della stagione per infortunio alla caviglia. In estate viene venduto al Blackburn Rovers per 15.000 sterline.
Gli inizi sono promettenti 11 gol e 2° posto in classifica dopo 6 giornate. Lo stato di forma si inabissa velocemente e la squadra chiude il campionato al 17° posto, ma riesce , grazie soprattutto a Dougan, a qualificarsi per la finale di FA Cup.
Ma la nuova sistemazione non gli piace, dichiara che ‘la cupaggine e monotonia del club sono seconde solo a quelle della città.
Non riesco a scrollarmi di dosso la depressione che mi assale ogni mattina quando mi alzo e devo andare al campo, vita triste e monotona’,
e il giorno prima della finale, persa 3-0 contro i Wolves guarda caso, chiede di essere ceduto. Successivamente si scuserà dell’accaduto dichiarando che ‘la sua vanità personale aveva prevalso sul buonsenso’.
Inizia la stagione successiva e alla prima giornata realizza una tripletta al Manchester United, battuto 3-0 a Eawood Park, il giorno dopo ritira la richiesta di trasferimento.

Arriva all’Aston Villa nel luglio 1961 per sostituire Gerry Hitchens, passato all’Inter, al centro dell’attacco. Fu un’esperienza in chiaroscuro, il rendimento fu condizionato da due infortuni, ma comunque troppo altalenante. Gli atteggiamenti sempre poco urbani, come la rapata a zero che gli valse la simpatia immediata dei sostenitori ma un fermissimo ‘stiff upper lip’ dei dirigenti, uniti alle sue ormai proverbiali dichiarazioni (Quando arrivai all’Aston Villa sembrava di stare in una caserma di guardie reali, tutto trasudava austerità e passato, un atmosfera pesantissima e condizionante) non aiutarono la sua causa al Villa Park e convinsero Joe Mercer a liberarsi di lui.
Fu ‘costretto’ ad accettare Peterborough e la III Divisione (un grave errore dirà poi
), ma per sua fortuna, e merito, i gol non mancarono e nonostante la promozione sfumata nel 1964, una grande prestazione in FA Cup contro l’Arsenal , vittoria 2-1 con un suo gol, gli valsero le attenzioni del Leicester City che lo riportò per l’anno dopo in I divisione. Anche qui segna con regolarità ma non va d’accordo con l’allenatore che non gradisce la sua riluttanza a stare nei ranghi e così nell’aprile del 1967 viene ceduto ai Wolverhampton Wanderers, dove si consacrerà, sempre a suon di gol e di prestazioni da trascinatore, idolo incontrastato delle folle al Molineaux Ground, che lo ribattezzarono ‘The doog’, nonché protagonista dell’ultimo periodo di relativa grandezza del club. Promozione immediata e gol decisivi come abbiamo già visto, ma anche il quarto posto del 1971, la finale di Coppa UEFA del 1972, raggiunta eliminando la Juventus (che si sarebbe, di li a poco, vinto l’ennesimo scudetto) e persa contro il Tottenham, un quinto posto nel 1973 e finalmente una vittoria, la Coppa di Lega del 1974.Formerà due ottimi tandem offensivi prima con Peter Knowles e poi con John Richards, quest’ultima una delle migliori in Inghilterra al tempo, supportati sulla linea offensiva dalla formidabile ala sinistra Wagstaffe.

In tutto collezionò, 639 partite da professionista con 246 gol a livello di club ai quali si aggiungono 43 presenze e 8 reti per l’Irlanda del Nord. Classico centravanti britannico dell’epoca, fortissimo di testa, molto veloce a dispetto della stazza, dotato di un tiro potente e abbastanza preciso, forse non proprio eccelso nei passaggi sapeva comunque dialogare coi compagni, sopperiva a ciò con grande impegno, sostenuto da robuste dosi di coraggio e dalla sua ‘presenza’ conferitagli da una statura notevole e da un’altrettanto notevole personalità .
Nel 1967, anno della promozione segna al Millwall il gol del pari all’ultimo minuto e si gira per esultare con i tifosi dietro la porta, che però sono quelli di casa e non gradiscono, uno di loro salta dentro e gli stampa un destro in piena faccia, cerca di reagire ma viene trattenuto a stento dai compagni di squadra mentre un bobby porta via l’aggressore.
Nel 1970 rimedia una squalifica di otto settimane per insulti a un guardalinee causa gol annullato che per poco non causa un tumulto generale sulle gradinate, oltre a svariate giornate di squalifica.
Un carattere spesso ‘abrasivo’ che lo portò a spettacolari litigi con ex-compagni di squadra e altri personaggi nel mondo del calcio.
Un ribelle che non ha mai mancato però di dare il massimo in campo, esaltando i tifosi con le sue leggendarie prodezze.
Direi, fatte le debite proporzioni, un Ibra ante-litteram.

Un personaggio decisamente anti-convenzionale nel panorama calcistico dell’Inghilterra di allora, abituata a calciatori che non differivano in niente da un qualsiasi operaio o minatore che andava da casa al lavoro e viceversa senza mai alzare la testa, concedendosi come svago massimo la tradizionale capata al pub locale.
Dougan si è sempre distinto da tutto questo. Le dichiarazioni di Blackburn, l’insofferenza all’austerità del Villa Park furono senz’altro segnali di una spiccata e particolare personalità.
Scoprì in seguito la vocazione ad un’impegno politico e sociale profondo fu grande sostenitore dei diritti dei calciatori, divenne presidente del sindacato inglese dei calciatori dal 1970 al 1978, carica che onorò con grande e accesissimo impegno, e della lotta contro il settarianesimo che divorava la sua città d’origine, Belfast.
Nel 1973 , all’apice del conflitto nordirlandese, fu tra i promotori e prese parte ad un’amichevole tra il Brasile ed un XI dello Shamrock Rovers, la squadra dublinese più titolata, che era in realtà la prima formazione scesa in campo , non ufficialmente, come rappresentativa unita delle due Irlande. Fu un grande sostenitore dell’idea di un’unica nazionale che riteneva potesse essere un passo verso una qualche forma di riappacificazione tra le due opposte fazioni.
La partita non venne comunque ufficialmente riconosciuta dalla Federazione Nordirlandese che, per tutta risposta, di li a poco non lo convocò più in nazionale, ma il suo impegno non verrà più dimenticato.

Si ritirò dal calcio giocato nel 1975 a 37 anni.
Nell’estate dello stesso anno assunse la carica di direttore generale al Kettering Town, squadra militante nell’allora Southern League.
Qui fu protagonista del primo tentativo di sponsorizzazione sulle maglie avvenuto in Inghilterra.
Concluse un’accordo per una cifra a tre zeri per far comparire la scritta Kettering Tyres, una ditta di pneumatici locale, sulle maglie della squadra.
Lo sponsor apparve in occasione della partita contro il Bath City del 24 gennaio 1976. Quattro giorni dopo però, la Football Association ordinò al club di togliere la scritta dalle maglie.
Per nulla intimorito, Dougan replicò che la disposizione federale del 1972, che proibiva le sponsorizzazioni sulle maglie, non era stata messa per iscritto e cambiò la scritta in Kettering T, argomentando alla FA che T stava per Town e non per Tyres e la squadra indossò le maglie per altri due mesi al termine dei quali la federazione ordinò di nuovo al Club di togliere la scritta dalle maglie pena una multa da 1.000 sterline, troppe per una piccola squadra. Non senza riluttanza la scritta fu tolta, ma rimane questo il primo caso di maglie sponsorizzate in Inghilterra.
L’anno dopo Il Kettering, insieme a Derby County e Bolton Wanderers, chiese di nuovo autorizzazione alla FA, che negò ancora, prima di concedere il permesso definitivamente nel giugno 1977.

Nel 1982, si mise a capo di una cordata che rilevò il Wolverhampton Wanderers, ormai in disgrazia, dal curatore fallimentare e divenne presidente.
Nonostante un pronto ritorno alla I Divisione, i fondi vennero successivamente a mancare e Dougan non riuscì ad arrestare l’inesorabile inabissamento del club, si dimise a fine 1985 dopo due retrocessioni consecutive.
La terza, rimediata l’anno seguente, completò una delle più tristi e rovinose cadute alle quali abbia mai assistito (e che ben ricordo avendola seguita sui rari mezzi stampa reperibili qui al tempo) da quando mi occupo di calcio inglese, consegnando i gloriosi Wolves all’inferno della IV Divisione per la prima volta in 109 anni.

Divenne poi giornalista, commentatore TV ai mondiali del 70 e del 74, scrisse alcuni libri sul calcio, compreso un romanzo The footballer nel 1974.

Fu grande amico di George Best, oltre che compagno di squadra in nazionale per anni, del quale portò, a spalla, la bara al funerale e, visti gli eventi del 1967, forse un cantante mancato. Derek Dougan è morto, ovviamente di infarto, nella sua casa vicino a Wolverhampton, il 24 giugno 2007, a 69 anni.

Tracks

Kaleidoscope – A dream for Julie
Pink Floyd – Lucifer Sam
Jimi Hendrix – Are you experienced?
The Byrds – Draft morning

20 commenti:

  1. Personaggio spettacolare. Aveva ragione: l'ambiente Villa può purtroppo schiacciare. Anyway un tizio che inizia la sua carriera nel Distillery non può essere un maverick. Molto avanti per quanto riguarda la lotta al settarismo, erano comunque i 70's e la situazione era durissima.
    Ps: il Perugia di inizio anni 80 con la Pasta Ponte e il Lanerossi Vicenza furono quindi dei Kettering tricolori ��

    Charlie

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  2. Il primo mi sembra sia stato il Lanerossi in Italia.

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  3. Grande D'Attoma. Si inventò tutta la storia della acritta sulle maglie per pagare il prestito di Paolo Rossi. Si decisamente un caso parallelo al Kettering Tyres

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  4. Il primo mi sa che fu il CRDA Monfalcone ancora in piena epoca fascia.

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  5. Cantieri Riuniti Dell'Adriatico.
    Ma come tutti i casi pre-guerra era una sponsorizzazione più intesa nel senso del circolo dopolavoristico.

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  6. Il Vicenza fu forse la prima squadra a piazzare qualche forma di simbolo sponsorizzante sulle maglie, la famosa R, che durò quarant'anni. Credo che l'escamotage usato al tempo fu quello di rendere lo stemma sociale uguale al simbolo aziendale.
    Per il nome della squadra invece il nome fu scritto, e registrato, cone unico nome invece dell'originale Lane Rossi.
    Genio italico, quando si tratta di aggirare ke leggi primi al mondo per distacco, quasi ultimi quando si tratta di osservarle e basta.

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  7. In contemporanea (1954 o 55) anche il conte Marzotto fece altrettanto con la squadra della sua città. E il Marzotto Valdagno si fece un bel po di campionati di Serie B negli anni 50

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  8. Poi l'OZO Mantova. La petroligera OZO cambio il nome e addirittura i colori sociali al Mantova che divenne biancorosso , con la famosa banda diagonale rossa sulle maglie, ma le maglie del Mantova eran sempre state azzurre, fortunatamente nell' ultimo decennio è stata recuperata come maglia da trasferta. La squadra fu allora protagonista di un clamoroso salto dalla IV serie alla serie A in quattro anni.

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  9. Sempre in quel periodo ci furono anche Simmenthal Monza, Ravenna Sarom, Zenit Modena e Foggia Incedit (del quale non son mai stato sicuro fosse uno sponsor)

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  10. Più un mucchio di altre tra serie C e D

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  11. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  12. Tornando al topic, spettacolare la foto della partita di Coventry. Imballata totale!

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  13. Mi dicono su FB che la storia della psichedelia e del singolo è uno scherzo d'aprile del Guardian

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    1. Si avevo visto durante le ricerche, ma rimasi male nell' immaginare che potesse non essere vero. Così su un forum di tifosi dei Wolves ho trovato parecchi, perlopiù tenagers di allora che confermavano in vari modi. In genere dei tifosi mi fido, boh?
      Anche la rissa del Den l ho beccata su un forum di tifosi (Millwall)

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    2. In ogni caso è una storia talmente bella che ci voglio credere. Punto e basta.

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  14. Bellissima la storia Albe..
    dimentichi che nel 1967 nasce un bene patrimonio dell'umanità nel pavese,credo!
    C

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    1. ha ha ha ha ha grazie Cris. Genetliaco gíusto, sul quale tipo di patrimonio sia lascerei stare 😂😂😂😂

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  15. ..morto OVVIAMENTE d'infarto...ahaha!
    C

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  16. Grandissimo.
    Grazie della ennesima bella favola
    P

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