sabato, luglio 30, 2016

Riposo d'agosto



Nel mese d'agosto il blog continuerà la pubblicazione di post anche se in modo più saltuario.
Seguitelo comunque.

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venerdì, luglio 29, 2016

Il meglio di luglio 2016



A metà dell’anno si può dire che il 2016 è propizio per i buoni dischi : molti nomi li ritroveremo prevedibilmente ai vertici dei migliori a fine dicembre.
Michael Kiwanuka, Last Shadow Puppets, PJ Harvey, Iggy Pop, David Bowie, Motorpsycho, King Gizzard and Lizard Wizard, Seratones, Fantastic Negrito, Kula Shaker, Marta Ren, Lucinda Williams, Nigel Hall, Mavis Staples, Parker Milsap, Charles Bradley, Deep Street Soul, The Heavy, Bob Mould, Steve Gunn, Monkees tra gli stranieri.
Statuto, The Winstons, Afterhours, Marlene Kuntz, Radio Days, Nada, Roberta Gulisano, Guignol, Wu Ming Contingent, Daniele Silvestri, Sistah Awa, Vinicio Capossela tra gli italiani.


ASCOLTATO

MICHAEL KIWANUKA - Love & hate
Notevole il ritorno del cantante inglese.
Raffinato e allo stesso intenso e potente modern gospel soul che guarda prevalentemente, in versione aggiornata e attualissima, a Bill Whiters ma anche a Van Morrison, Otis Redding, Terry Callier. Rinnova la tradizione dei grandi album Black, da “What’s goin on” a “Talking book”.
Voce stupenda, arrangiamenti eleganti, brani curatissimi, groove, anima e una visione fresca, pop e che riesce a coniugare alla perfezione passato e presente.
Produce Danger Mouse.
Eccellente, nei top del 2016.

VINICIO CAPOSSELA - Le canzoni della cupa
Ponderoso doppio lavoro caratterizzato da una ricerca approfondita, quasi accademica, all’interno del folk italiano, della canzone popolare a cui si affianca un capitolo più tradizionalmente caposseliano dove si allarga ad orizzonti più ampi e in cui confluisono blues, desert sound, tex mex e tanto altro (con l’aiuto di Los Lobos, Howe Gelb, Calexico e tanti altri).
Album importante.

AARON NEVILLE - Apache
Ottimo viaggio tra funk, soul, gospel blues.
Grandi grooves, voce, come noto, stupenda, grandi brani.

WILLIAM BELL - This is where I live
Non uno dei nomi di primo piano ma pur sempre un piccolo eroe della favola Stax Records, William Bell torna con un dignitosissimo album di sincero southern soul e rhythm and blues, ben fatto e intenso.
Ottimo.

DEXYS - Let The Record Show: Dexys Do Irish And Country Soul
Kevin Rowland torna con i Dexys e un album di covers, tra standard irlandesi, Rod Stewart, Northern Soul, Bee Gees, Joni Mitchell.
Voce e mood inconfondibili per un ottimo e dignitoso, pur se non indimenticabile, album con piccole gemme sparse qua e là.

NEIL YOUNG - Earth
Il vivacissimo Neil Young non si ferma mai e sciorina ogni due minuti qualcosa di nuovo e sorprendente. Come questo superbo live, di grande resa, in cui raccoglie le canzoni che ha dedicato all’ambiente e alla “Terra”.
Il tutto condito da sovraincisioni di rumori di animali, spesso anche DURANTE il brano !
Una bizzarria che non disturba (più di tanto) nè inficia la qualità di un ottimo lavoro.

BONGOLIAN - Moog maximus
E’ il quinto album solista di Nasser Bouzida, leader dei Big Boss Man e come sempre assaporiamo un gustosissimo mix di modern jazz, boogaloo, latin soul, Hammond beat, funk. Il tutto con un groove e uno spirito divertenti e scanzonati che rendono “Moog maximus” gradevolissimo.

THE ARROGANTS - No time to wait
Giovanissimi (intorno ai 16 anni...), francesi e un tiro garage beat di stampo Brit Beat tra Pretty Things e Kinks.
L’album è dello scorso anno ma vale la pena ripescarlo.

MESSER CHUPS - Spooky hook
Il tri odi San Pietroburgo alle prese con la consueta dose (prevedibile ma carina da ascoltare) di surf e primitive rock n roll (dalle parti di Link Wray) con gusto Crampsiano.

KID CONGO and the PINK MONKEY BIRDS - La arana es la vida
Da uno che ha militato in Gun Club, Cramps e i Bad Seeds con Nick Cave ci si aspettano sempre grandi cose.
Il buon Kid ha sempre invece viaggiato in un sottobosco più di ombre che di luci con dischi di alterna consistenza.
Il nuovo è tra quelli migliori, energico, vibrante, ruvido, dove entrano tutte le influenze del suo fulgido passato: rock n roll, garage, blues, punk, una buona dose di (auto) ironia e gusto. Bel disco ed eccellente live act al Festival Beat.

GIULIANO PALMA - Groovin
La zuppa è un po’ sempre la stessa, una serie di cover di brani più o meno famosi rivisitati in chiave reggae ska. Alcune riuscite altre no.

The MAMA BLUEGRASS BAND - Dogs for bones
Il secondo album dell'album lombarda è un perfetto esempio di come l'amore e l'identificazione  per un certo mondo musicale possano tranquillamente trascendere distanze e confini.
Il sound della Mama Bluegrass Band ci porta nell'America più profonda, quella country, blues, hillbilly, del rock n roll primitivo,  il tutto  filtrato con una visione moderna e attuale che non indulge certo nel mero revivalismo. Il tutto tra ruvide ballads e tirati country rock che farebbe la felicità dei Blasters o dei Los Lobos. Eccellente album.

RED HOT CHILI PEPPERS - The getaway
Non che ci contassi tanto ma non pensavo riuscissero a fare un album così bolso.
Mamma mia !

ASCOLTATO ANCHE
JEFF BECK (sempre un grande, qualche buon pezzo funk ma il resto poco interessante. Particolare il fatto che la sezione ritmica sia quella, tutta italiana, di Paolo Mengoni...), WILL BUTLER (il leader degli Arcade Fire in un discreto live solista), MISTERY LIGHTS (incidono per la Daptone ma fanno garage. Buono ma molto scontato e prevedibile), STEVE COLE (fusion jazz funk strumentale, gradevole sottofondo da dentisti)

LETTO

DICK PORTER - Viaggio al centro dei Cramps
Adoro alla follia le biografie maniacali, quelle piene di dettagli, magari inutili, superflui, eccessivi ma che rendono il libro "definitivo".
E' il caso di questo bellissimo viaggio nella carriera dei CRAMPS a cura di Dick Porter, edito da GoodFellas, splendidamente tradotto da Caterina Micci (non facile attenersi correttamente, senza la dovuta competenza, ad una lunga serie di definizioni e terminologie molto specifiche), con una introduzione di Federico Guglielmi e una serie di testimonianze "italiane" finali.
Nulla è lasciato al caso, date, eventi, particolari anche secondari ed è costantemente corredato dalle parole di Lux Interior e Poison Ivy (i Cramps...) ma anche dai vari, più o meno importanti, numerosi, compagni di viaggio da Miriam Linna a Bryan Gregory a Kid Congo, tra i tanti.
Grande spazio agli esordi e ai primi due seminali album, più sbrigativo il seguito (in effetti meno significativo e più di routine tra dischi e tour) fino alla prematura scomparsa di Lux Interior nel 2009.
C'è la commovente e smisurata passione per il vero spirito del rock n roll, la ricerca della PUREZZA di quel sound e di quell'attitudine, l'amore per i B Movies horror, le fregature discografiche, i tracolli economici, le risse ai concerti, i rapporti spesso difficili con gli altri componenti, le droghe, il sesso, la provocazione, lo spirito autenticamente punk.
Per chi ama la band o anche solo un certo tipo di rock n roll un testo assolutamente imperdibile.

LOREDANA BERTE’ - Traslocando
Ho sempre amato le autobiografie di personaggi POP dello spettacolo italiano (da Cristian De Sica a Verdone a Teo Teocoli tra i tanti).
Tra quelli più appariscenti ed estremi LOREDANA BERTE' gioca un ruolo di primo piano.
E la sua testimonianza in "Traslocando" non delude le aspettative ma, anzi, travalica ogni immaginazione a partire dalle violenze subite dai genitori nella tenera infanzia che ne hanno marchiato indelebilmente tutta la vita fino alla tragica fine dell'amata sorella Mia Martini.
Loredana è crudissima, spietata, anche con sè stessa, non risparmia niente e nessuno.
Nel marasma di ricordi, aneddoti e dichiarazioni "forti" ogni tanto perde credibilità (la cena con George Bush, Borg e...Bin Laden sembra un tantino forzata...e anche i concerti visti a fine anni 60: vanno bene Stones e Hendrix ma citare anche i Ramones...ehm...).
Non lesina feroci strali all' (ex) amico Renato Zero e non ha paura a fare nomi e cognomi di "bastardi" vari che le hanno reso la vita difficile (con augurio finale di morte veloce al padre). Un libro che testimonia il suo ruolo di loser, scheggia impazzita e incontrollabile, scritto senza falsi pudori o particolari remore.
Non è facile.

GRAZIANO DELORDA - Little Olive
Non è facile per un romanzo di oltre 300 pagine tenere incollato il lettore, divertendo, appassionando, facendogli assaporare costanti citazioni e riferimenti (sempre impeccabili e competenti) al magico mondo del rock n roll 60’s.
Il mood non è distante dalle avventure di Tony Pagoda di Paolo Sorrentino ma il taglio è personale e molto intrigante.
La storia della garage band siciliana dei Little Olive, inconsapevolmente immischiata in una rocambolesca storia di spaccio internazionale e in sanguinose rivalità con altre bands, è un piccolo gioiello di genialità letteraria.
Piacevolissimo.

DANILO PAGLIARO - Mai avere paura
Un resoconto molto lucido, sincero e onesto di una vita nella Legione Straniera con i suoi eccessi e codici (a noi incomprensibili), il rammarico di un progressivo declino dello spirito originario, descrizioni di azioni cruente (ma mai inutilmente sensazionalistiche), vita quotidiana fatta di rigore, addestramenti estremi, interventi sul campo.
Difficile condividerne i valori, interessante riuscire a gettare un o sguardo su qualcosa di così poco conosciuto e misterioso.

VISTO
La Migliore offerta di Giuseppe Tornatore
Vero e proprio capolavoro interpretativo con una sceneggiatura pazzesca e geniale.
Grandissimo film !

COSE & SUONI

Mie recensioni quotidiane su www.radiocoop.it e mensili su CLASSIC ROCK

Uscito ROCK n SPORT mio nuovo libro per VoloLibero Edizioni

giovedì, luglio 28, 2016

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

THE SPINNERS - The original Spinners (1967)
Album d’esordi oche raccoglie i successi degli anni precedenti tra deliziosi rhythm and blues, perfetti brani da dancefloor Northern soul e il classico vocalese di sapore doo wop a corredo del tutto. Tanta eleganza e freschezza, producono Berry Gordy e Smokey Robinson, suonano i Funk Brothers.

THE SPINNERS - Second time around (1970)
Notevole il secondo passo discografico che orienta il timone verso il funk soul di chiara marca Temptations ( a cui si avvicinano parecchi brani e atmosfere).
Brano top è “It’s a shame” di Stevie Wonder (che produce e suona la batteria nel brano) ma tutto l’album è un piccolo gioiello.

UNIT 4+2 - Concrete & Clay – The Complete Recordings
Anomala band inglese dei 60’s che univa beat, un groove beatlesiano con atmosfere di stampo latin soul, boogaloo, folk rock e l’uso delle voci magistralmente armonizzate.
Con “Concrete and lay” andarono al primo posto nel 1965.
Molto particolari e personali anche se piuttosto easy.

DIABOLUS - High Tones
Band di Oxford che incise nel 1971 un album mai uscito e ristampato solo a metà degli anni ’90.
Lavoro di proto prog che viaggia tra i Canterbury sound, i Jethro Tull, i Colosseum, freakbeat, con fiati e organo Hammond.

JIMMY MC GRIFF - Groove grease
Superbo album del 1971 dove l’Hammond di Jimmy si eleva su basi splendidamente funk con la backin band di King Curtis ad accompagnarlo.
Funk jazz all’ennesima potenza e a livelli qualitativi eccelsi.

mercoledì, luglio 27, 2016

Le maglie di calcio più vendute



Potere del merchandising e differenze evidenti tra la solita triade Inghilterra/Germania/Spagna e il resto.

Le magliette più vendute nell'ultima stagione sono quelle del MANCHESTER UNITED con 2 milioni e 850mila esemplari (quella di Martial la più richiesta)
Poi il BARCELLONA con 2.290.000 (ovviamente Messi) e il REAL MADRID con un milione e 850mila (Ronaldo in testa).
CHELSEA (Hazard) in quarta posizione con 1 milione e 650mila.
Quella di Robben è la maglia più venduta del BAYERN MONACO. Per i tedeschi un milione e mezzo.

In sesta posizione l’ARSENAL con Alexis Sanchez con un milione e 125mila.
In settima posizione la JUVENTUS che grazie anche a Pogba è arrivata a vendere 850mila magliette.
Il LIVERPOOL è a 805mila divise vendute.
Il PSG ha venduto 685mila magliette ma più venduta però non è quella di Ibrahimovic, ma di Di Maria.
Grazie a Honda e al mercato giapponese il MILAN è al decimo posto con 650mila magliette.
Subito dopo Atletico Madrid con 500mila magliette vendute e il Leicester a 350mila.

martedì, luglio 26, 2016

Klaus Voorman - A Sideman's Journey



KLAUS VOORMAN è uno dei tanti "quinti" Beatles, amico di lungo data della band, autore della copertina di "Revolver" e bassita in parecchi album solisti di John Lennon, George Harrison e Ringo Starr oltre che con Manfred Mann, Billy Preston, James Taylor, Lou Reed ("Transformer")Harry Nilsson, Doris Troy, Gary Wright, Carly Simon, Randy Newman, BB King, Donovan, Keith Moon ("Two sides of the moon").

Nel 2009 diede alle stampe il suo primo ed unico album solista, una raccolta di cover (e un brano autografo) che vede la partecipazione di un bel po' di "amici" di prima grandezza.
A partire da PAUL MC CARTNEY che suona e canta l'introduttiva "I'm in love again", con RINGO STARR alla batteria.
Ma ci sono anche Cat Stevens, Paul Jones, Jim Keltner, la band di Manfred Mann, Joe Walsh, Dr. John e tanti altri.

L'album è una discreta raccolta di brani rock n roll (inclusa una spedita "Blue suede shoes"), bene tre omaggi all'amico George Harrison (una buona "All things must pass" oltre a "My sweet Lord" e "The Day the World Gets 'Round" oltre al classico "Such a night" di e con Dr.John e il successo di Manfred Mann "Mighty Queen".
Nulla di indimenticabile ma un onesto e discreto tassello all'interno della sterminata discografia para-Beatlesiana.

In questo link l'interessante video che lo vede alle prese con "?m in love again" con Paul e Ringo, registrato nello studio di Paul nel Sussex, gli Hog Hill Mill Studios, dove si passa tra strumenti che hanno segnato la storia dei Beatles (il mellotron di "Strawberry fields forever", il clavicembalo di "Beacuse", la chitarra di "Taxman" etc...molto godibile...

https://www.youtube.com/watch?v=YhZZiMOy334

lunedì, luglio 25, 2016

Dati di vendita digitale, dischi e Cd in Italia



I dati della Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana) nel primo semestre del 2016, certificano che lo STREAMING e il DOWNLOAD battono per la prima volta il supporto fisico.
Il digitale è al 51%, attraverso i servizi musicali via web, che rappresentano il 40% del mercato totale e segnano un incremento del 51%.
I primi sei mesi del 2016 mostra una crescita del 23% rispetto a due anni fa.

Ma è il VINILE che in Italia segna un sempre sorprendente +43% nel semestre a confronto con i primi sei mesi del 2015 raccogliendo quasi 3,5 milioni di euro contro i 2,4 della prima metà dello scorso anno, portando la quota di mercato dei “dischi” al 5% del totale.

Lo streaming in abbonamento è cresciuto del 68% con servizi come ad esempio Spotify, Apple Music, Deezer e TIMmusic mentre YouTube sale del 19% e rappresenta l’11% del mercato. In totale, lo streaming ha fatturato 26,3 milioni e secondo i dati FIMI, il 20% dei consumatori di musica accede a servizi in streaming a pagamento.
Il repertorio italiano rappresenta il 44% contro il 38% di quello internazionale che però cresce al ritmo del 7% rispetto allo stesso periodo del 2015.

domenica, luglio 24, 2016

Togliattigrad



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo

Alla fine degli anni 60, la costruzione della gigantesca città-fabbrica di Togliattigrad, realizzata nel cuore della steppa russa in appena trentasei mesi, affiancò in un’operazione economica congiunta la Fiat e l’Unione Sovietica, creando il centro di produzione automobilistico Avtovaz dove vengono assemblate le vetture Lada.

Nata nel 1737 col nome di Stavropol il 28 agosto 1964 assunse il nuovo nome in onore di Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano scomparso una settimana prima.
Durante gli anni cinquanta la costruzone della diga di Kujbyšev aveva cancellato completamente la città ricostruita successivamente in una diversa ubicazione.
Una particolarità seguita alla costruzione della fabbrica di automobili a Togliattigrad fu la giovinezza della popolazione di Togliatti.
Da Torino arrivarono ragazzi trentenni, mentre il governo sovietico mandò i migliori studenti del Politecnico, ai quali si affiancarono ragazzi entusiasmati dall'impresa.
Il risultato fu un'età media di 24 anni.
E una serie di matrimoni italo/sovietici.

Operando in regime di quasi monopolio, la AutoVAZ ha continuato a prosperare in Russia anche dopo il crollo del regime sovietico nonostante l’arretratezza tecnica e la povertà estetica delle proprie auto. Nel 2000 deteneva ancora il controllo del 70% del mercato ma ultimamente le cose sono andate peggio e la città sta subendo una forte crisi economica.

Nell'ottica comunista, Togliattigrad rappresentava la perfezione sovietica, e per fare questo furono create molte strutture sportive per mantenere i cittadini in perfetta efficienza.
Nel dicembre 1996 un referendum comunale chiese se fosse il caso di ripristinare la denominazione originale della città ma vide l'82% favorevoli a conservare il nome di Togliatti.

venerdì, luglio 22, 2016

Graziano Delorda - Little Olive



Non è facile per un romanzo di oltre 300 pagine tenere incollato il lettore, divertendo, appassionando, facendogli assaporare costanti citazioni e riferimenti (sempre impeccabili e competenti) al magico mondo del rock n roll 60’s.
Il mood non è distante dalle avventure di Tony Pagoda di Paolo Sorrentino ma il taglio è personale e molto intrigante.

La storia dell'immaginaria garage band siciliana dei Little Olive, brano degli Electric Prunes, (e del locale Out Key Hole, garage band messinese realmente esistita), inconsapevolmente immischiata in una rocambolesca storia di spaccio internazionale e in sanguinose rivalità con altre bands, è un piccolo gioiello di genialità letteraria e perfetto spunto per un film prossimo venturo, considerato il taglio fortemente cinematografico.
Piacevolissimo.

Raccomandato (vedi foto) da James Lowe degli Electric Prunes

http://grazianodelorda.altervista.org/

giovedì, luglio 21, 2016

Stadio Strahov



A cura di ALBERTO GALLETTI

In cima alla collina di Petrlin, che domina la città vecchia di Praga, dall’altro lato del fiume Moldava, sorge il Grande Stadio di Strahov (Velky Strahovsky Stadion in ceco), il più grande stadio mai costruito al mondo.

Il progetto, realizzato dall’architetto Alois Dyràk, fu completato una prima volta nel 1926 con una struttura completamente in legno rimpiazzata poi da una una completamente in cemento armato nel 1932.
Occupa un’area di 63.500mq e contiene 6 campi da calcio a misura regolamentare oltre ad altri due a misura ridotta.
L’enorme spazio/prato all’interno dello stadio misura 310,5x202,5 m, gli spalti sono in grado di contenere 220.000 spettatori.

Venne creato come sede degli Slety (letteralmente stormi di uccelli), le oceaniche esibizioni di ginnasti che cominciarono a tenersi nella Prima Repubblica Cecoslovacca nel periodo tra le due guerre mondiali.
Gli atleti appartenevano ai Sokol (Falchi in ceco) le associazioni di ginnastica nate negli anni 60 del XIX secolo con il fermo intento di affermare la virilità della gioventù di origine boema in tempi in cui Praga e la Moravia erano parte dell’Impero Asburgico, dapprima facile preda del reclutamento militare imperiale, i Sokol riuscirono nel giro di un ventennio ad affermare la loro identità di organizzazioni sportive e nel 1887 le autorità asburgiche ne riconobbero ufficialmente l’esistenza, in breve i Sokol si espansero al di fuori dei confini della capitale boema e club di Sokol si formarono a Cracovia, Lubiana e Zagabria.
La caduta dell’impero Austro-Ungarico al termine del primo conflitto mondiale portò alla formazione dello Stato cecoslovacco nel quale i Sokol conobbero grande affermazione nel periodo tra le due guerre mondiali.

In questo panorama di affermazione della nuova nazione si inserisce la costruzione di questo enorme complesso sportivo deputato ad ospitare gli Slety cui partecipavano migliaia di atleti ed atlete che compivano le loro evoluzioni ginniche accompagnate da musica tradizionale ceca suonata dal vivo da bande in costume in un incredibile orgia di orgoglio e patriottismo.
Ogni edizione degli Slety richiamava migliaia e migliaia di atleti, ginnasti e ballerini, lo Slet del 1938 richiamò circa 500.000 persone tra partecipanti e spettatori, in un clima di grande tensione ed esasperazione patriottica dovuta alla situazione politica, che precipitò di li a poco; l’occupazione nazista della Boemia quattro mesi dopo pose fine brutalmente al movimento.

Al termine della seconda guerra mondiale i Sokol vennero aboliti dal nuovo regime comunista, e i ranghi degli atleti vennero inquadrati, a partire dal 1948, nelle nuove associazioni sportive e politiche del partito, gli Slety vennero così sostituiti dalle Spartachiadi organizzate sotto il rigido controllo del nuovo regime a cadenza quinquennale, il teatro dei nuovi giochi fu di nuovo il Velky Strahovy Stadion.
Ci fu tempo il 28 settembre 1945 per una partita di Football americano giocata tra due squadre di unità dell’esercito americano che richiamò l’incredibile pubblico di 400.000 spettatori.

Dal 1990, conseguentemente alla caduta del regime comunista dell’anno precedente, le Spartachiadi furono abolite e il vecchio immenso stadio rimane da allora prevalentemente inutilizzato, è oggi sede del centro di allenamento dello Sparta Praga (calcio).

In questi ultimi 25 anni ha ospitato anche concerti rock tra i quali i più notevoli rimangono

The Rolling Stones 18 agosto 1990 (100.000 spettatori)
Pink Floyd 7 settembre 1994 (115.000 spettatori)
The Rolling Stones 5 maggio 1995 (127.000 spettatori)

mercoledì, luglio 20, 2016

MOSE ALLISON Transfiguration of Hiram Brown



MOSE ALLISON è stato uno dei principali ispiratori della scena brit/beat dei 60's (basti ricordare che ha firmato brani come "Young man blues" rifatta dagli Who, "Fool killer" (Brian Auger), "Parchman farm" (Alexis Korner, Blue Cheer, Georgie Fame), "Im not talkin" (Yardbirds), "I love the life I live" (Georgie Fame).
Anche i Clash ripresero la sua "Look here", Van Morrison ha dedicato un intero album a sue canzoni.
Il suo era un jazz blues raffinato, molto swingato e cool ma con un'anima ruvida di fondo che contrasta con la voce vellutata e suadente, rendendo l'impasto unico.

Nel 1960 pubblica il suo settimo album "Transfiguration of Hiram Brown", prevalentemente strumentale ma molto curioso essendo una sorta di CONCEPT, particolarità davvero inusuale se non unica per i tempi.
Lo stesso Mose lo spiega nelle note dell'album:

Transfiguration of Hiram Brown è una fantasia serio-comica basato su un tema che si ripete. Hiram Brown è un ingenuo provinciale che sogna una vita di opulenza in città.
Ci va ma è sopraffatto dalla realtà e disilluso, desidera la sua giovinezza ma si rende conto che anche questa è un'illusione, si dispera, passa attraverso una crisi e si "trasfigura" ...."
Parte del materiale qui contenuto è stato scritto molti anni fa altri brani scritti appositamente per questo album.
La Suite è una fusione di elementi diversi. Le prime tre parti sono il paese; la sezione centrale della città; l'ultima parte, l'epilogo


L'esecuzione è, come sempre, pazzesca, Mose era un pianista spettacolare, il contrabbasso di Addison Farmer è, con la batteria di Jerry Segal, il perfetto accompagnamento.
L'album si apre e chiude con il tema di "Barefoot/Dirt Road" e prosegue tra stupende jazz e blues ballads e imperiosi swing in cui i temi spesso si rincorrono e ripetono, tra accenni e auto citazioni.
Un album particolarissimo e anomalo con l'unicità del concept di fondo.

martedì, luglio 19, 2016

Ed Gein



Le precedenti puntate della rubrica CRIMINAL WORLD ovvero i criminali che hanno avuto connessioni con la musica e l'arte, (dedicate ai Kray Twins, Ronnie Biggs, Luciano Lutring, Gary Gilmore, Janie Jones, i Moor Murders Ian Brady e Myra Hindley, Bonnie & Clyde, Hattie Carroll e William Zantzinger, Stagger Lee, Charles Manson, Ted Bundy, John Wayne Gacy il Killer Clown) sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Criminal%20World

Su internet digitando il nome di Ed Gain si trovano varie foto degli "oggetti" che collezionava ma che, per una questione di buon gusto, evito di postare qui.

ED GEIN fu tra i più efferati serial killer negli anni 50 e 60 in Usa.
Non è mai stato esattamente stabilito il numero dei suoi assassinii ma è appurata la sua predilezione per la necrofilìa, spesso praticata violando tombe (pare almeno una ventina di volte) da cui asportava cadaveri o pezzi di essi.
Nel 1967 venne sospettato della morte di una commessa del suo paese poi ritrovata a casa sua, appesa a testa in giù e con il corpo privo di viscere.

Nella sua abitazione durante la perquisizione che lo portò all'arresto furono trovati quattro nasi, ossa umane, teschi, dieci teste di donne come decorazioni, pelle umana usata come tappezzeria, calotte craniche, un cuore umano, due labbra umane che decoravano una finestra, un tamburo di pelle umana, femori usati come gambe per un tavolo, nove maschere di pelle umana, una colonna vertebrale adibita a lampada, vestiti fatti di pelle umana. Ma anche una sorta di vestito di pelle umana che Ed indossava in casa, pezzi di corpo mummificato, un gilet decorato con vagine.

Gein venne giudicato mentalmente instabile e scampo' alla sedia elettrica, morendo nel 1984 per un cancro in Ospedale psichiatrico.
Durante il processo, la sua dichiarazione "non ho mai ucciso un cervo" creò sconcerto nei suoi vicini di casa, ai quali Edward spesso offriva carne di cervo, da lui cacciato e cucinato: molto probabilmente era carne umana.

Lux Interior dei Cramps prese spunto dalle sue vicende per alcuni testi.
"Dead skin man" degli Slayer dall'album del 1990 "Seasons in the Abyss" è ispirata alle vicende di Ed Gein.
I Mudvayne hanno pubblicato nel 2000 " Nothing to gein" nel loro album "L.D.50".
Nel 2010 la band italiana Witche's Brew gli dedica il brano "Leather" nell'album "White Trash Sideshow".
Corey Taylor,cantante degli Slipknot, all'uscita del terzo album Vol. 3: (The Subliminal Verses) iniziò ad indossare una nuova maschera: quella di Ed Gein realizzata in pelle umana.
Il gruppo finlandese Lordi nel 2008 ha registrato due canzoni ispirate alle vicende di Ed Gein, "Deadache"e "Blood red sandman".
Il gruppo hardcore punk capitanato dal rapper sardo Salmo si chiama To Ed Gein.
Il gruppo alternative rock statunitense Blind Melon ha pubblicato nel 1995 una canzone ispirata ad Ed Gein, intitolata "Skinned".

Ci sono anche "Ballad of Ed Gein" degli Swamp Zombies, "Dead Art in Plainfield" e "Gein With Envy" dei John 5, "Ed Gein" dei Cornbugs, "Ed Gein" dei Killdozer, "The Geins" dei Macabre, "Edward Gein" dei Fibonaccis, "In Gein We Trust" dei Manilla Road, "Nipple Belt" di Tad, "Skinned" dei Blind Melon, "Sweetheart" dei Died Pretty, "Addicted to Vaginal Skin" dei Cannibal Corpse.

lunedì, luglio 18, 2016

Barbeque '67, il primo festival rock



Al Tulip Bulb Auction Hall a Spalding, Lincolnshire durante lo Spring Bank Holiday Monday il 29 maggio 1967 si tenne quello che viene spesso definito il Primo Festival Rock, antesignano di Monterey e Woodstock.

In effetti il cast era di tutto rispetto (nonostante alcuni nomi fossero poco più che all'esordio e destinato al successo solo in seguito):
Jimi Hendrix, Cream, Pink Floyd, Move, Zoot Money Big Roll Band e Geno Washington Ram Jam Band (il festival si ripetè l'anno successivo con Fairport Convention, Donovan, Fleetwood Mac e di nuovo i Move). Originariamente erano previste le sole esibizioni di Geno Washington e Move ma l'agenzia affibiò anche gli altri tre nomi, non ancora particolarmente noti al grande pubblico.
Per essere sicuro di non fare un buco fece aprire la serata ad una band locale abbastanza seguita, i Sound Force Five !
Seguirono Pink Floyd e Move, poi Hendrix e Cream e infine Zoot Money e Geno Washington.

I ricordi e la documentazione su quell'evento sono scarsi e confusi ma vengono ricordate le esibizioni di scarsa qualità di Hendrix (una mezzoretta finita con il lancio della chitarra al pubblico dopo averla percossa contro l'ampli) e Pink Floyd, soprattutto a causa di un pessimo impianto voci.

Tanta gente, imprevista, e molta disorganizzazione.
Rimane comunque un momento unico nella storia del rock.

domenica, luglio 17, 2016

Sintra



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo

Sintra, cittadina di 30.000 abitanti ne bel mezzo della costa ovest portoghese, iscritta nella lista dei Patrimoni Unesco dal 1995, è considerata una delle capitali dell’architettura romantica proprio grazie ad una serie di costruzioni di incredibile impatto visivo.
Il poeta inglese Byron, noto viaggiatore, che arrivò a definirla un "glorioso Eden".

Residenza estiva dei sovrani del Portogallo, a partire dal XIX secolo si è arricchita di palazzi originali, di residenze principesche e di castelli colorati che la rendono simile un luogo da fiaba.

Tra i luoghi più caratteristici il Palacio de Pena castello che sorge su una collina a 450 metri di altezza, coloratissimo e particolarissimo con uno spettacolare Parco del Palazzo, grande circa duecento ettari.
Non dimenticando il Palacio Nacional e l'antichissimo Castello do Mouros costruito dagli arabi nel VIII secolo.

sabato, luglio 16, 2016

Michael Kiwanuka, Aaron Neville, William Bell



MICHAEL KIWANUKA - Love & hate
Notevole il ritorno del cantante inglese.
Raffinato e allo stesso intenso e potente modern gospel soul che guarda prevalentemente, in versione aggiornata e attualissima, a Bill Whiters ma anche a Van Morrison o Terry Callier.
Voce stupenda, arrangiamenti eleganti, brani curatissimi, groove, anima e una visione fresca, pop e che riesce a coniugare alla perfezione passato e presente.
Eccellente, nei top del 2016.



AARON NEVILLE - Apache
Ottimo viaggio tra funk, soul, gospel blues.
C'è una ruvidezza di fondo che si affianca benissimo a una dolcezza che pervade ogni brano.
Grandi grooves, voce, come è noto, stupenda, grandi brani.



WILLIAM BELL - This is where I live
Non uno dei nomi di primo piano ma pur sempre un piccolo eroe della favola Stax Records, William Bell torna con un dignitosissimo album di sincero southern soul e rhythm and blues, ben fatto e intenso. Ottimo.

venerdì, luglio 15, 2016

AFC WIMBLEDON - Una storia di calcio vero



A cura di ALBERTO GALLETTI

Si è chiusa il 30 maggio, con la disputa dello spareggio per la promozione dalla IV all III serie (oggi League One, ma io non ce la faccio), la stagione professionistica inglese di calcio.

La partita ha sancito l’ennesima tappa della risalita dalle ceneri, e dalle profondità dei campionati minori inglesi di una squadra la cui parabola merita una speciale menzione e riconoscimento da parte degli appassionati, proprio nell’anno in cui una realtà solitamente di secondo piano si è aggiudicata il titolo nazionale.
Giù il cappello davanti all’ennesima impresa del AFC Wimbledon che si è guadagnato sul campo l’accesso alla III serie professionistica nazionale.
Non è una promozione qualunque ovviamente, non andrebbe ricordato tra gli eventi speciali visto che ogni anno una squadra vince questo spareggio, se non fosse per la grande storia di calcio che c’è dietro, riavvolgiamo il nastro.

Il 28 maggio 2002 un comitato esecutivo della federcalcio inglese (FA) accoglieva l’istanza del presidente del Wimbledon F.C. di ricollocare la squadra a Milton Keynes, città a 90km a nord di Wimbledon, onde scongiurare il fallimento del club e la sua scomparsa.
Fu un grandissimo pasticcio, c’erano già stati tentativi di riposizionare altre squadre a Milton Keynes, città fondata nel 1967 dal governo e a tutto il 2002 sprovvista di squadra professionistica, nel 1973 ci provarono col Charlton Athletic, nel 1979 proprio con il Wimbledon FC, ammesso alla Quarta Divisione giusto l’anno prima, poi col Luton Town nel 1985 e, nel 2000 dopo tre lustri di calma apparente venne sondato il terreno con Barnet, Crystal Palace e Queen’s Park Rangers, all’epoca in amministrazione commissariata dalla FA, ma per una serie svariatissima di motivi nessuno di questi tentativi andò in porto.

Le insistenze del proprietario del Wimbledon che nel frattempo si era visto anche chiudere lo storico impianto di Plough Lane in conseguenza dell’applicazione del Taylor Report, susseguente alle tragedie di Bradford e Sheffield vennero così accolte, in un marasma di atti ufficiali, commissioni, contro petizioni, decreti esecutivi, marce di protesta e così via.
L’atto di ricollocamento del Wimbledon FC cancellò così, d’acchito, uno dei più grandi club dilettantistici del panorama londinese, 91 anni di storia, inclusa quell’incredibile scalata alle vette del calcio professionistico inglese che vide i ‘Dons’ protagonisti dal 1978 (anno in cui furono ammessi alla vecchia quarta divisione), all’incredibile vittoria dell’ FA Cup del 1987/88 contro il favoritissimo Liverpool, ai tempi vera forza dominante del calcio inglese. L’epopea fu scandita da ogni sorta di comportamenti irriverenti, spesso violenti, al limite dei regolamenti e delle usanze dell’epoca ‘politically incorrect’ si potrebbero definire, che valsero alla compagine gialloblù l’appellativo di ‘crazy gang’, le loro gesta scandalizzarono i puristi e vecchi appassionati ed entusiasmarono i più giovani e irriverenti,oltre ai tifosi locali. Il famoso kick (non solo la palla) and rush ne fu l’inconfondibile marchio di fabbrica in campo.

Il 30 maggio 2002, due giorni dopo l’autorizzazione sul trasferimento del Wimbledon FC (al quale verrà anche cambiato il nome in Milton Keynes Dons), un gruppo di tifosi guidati da Kris Stewart, Mark Jones e Trevor Williams, figure di primo piano e fondatori dell’associazione tifosi del Wimbledon, si riunirono al pub The Fox and The Grapes sul Wimbledon Common, il parco comunale sul quale il vecchio Wimbledon si originò, lanciando l’idea di formare una nuova squadra a esclusiva connotazione locale, lanciando una raccolta fondi sotto l’egida della Wimbledon Independent Supporters' Association, al fine di finanziare l’operazione. Il 13 giugno, in una conferenza stampa indetta al Wimbledon Community Center stipato all’inverosimile i tre presentarono il nuovo stemma, le nuove divise da gioco, il nuovo allenatore e il nuovo stadio per il neo formato club che venne battezzato Wimbledon AFC (Wimbledon A Football Club).

Al fine di riuscire a formare una squadra competitiva in tempi brevissimi fu indetto un provino generale al Wimbledon Common, il parco delle origini, per il 29 giugno seguente, al fine di selezionare la rosa, si presentarono 230 giocatori.La squadra fu formata e messa a disposizione del nuovo allenatore, Terry Earnes ex-giocatore del Wimbledon FC ai tempi della serie A , e iscritta alla Combined Counites League First Division, il nono livello del calcio inglese a quell’epoca, l’equivalente della nostra Seconda Categoria.
La prima partita per il nuovo Wimbledon AFC fu un amichevole pre-campionato giocata contro il Sutton United, squadra dell’omonimo sobborgo adiacente con una grandissima tradizione nei campionati dilettantistici inglesi, finì 4-0 per questi ultimi davanti ad un incredibile pubblico di 4657 spettatori. Il campionato fu chiuso al terzo posto e la promozione svanì per poco.
Nella stagione 2003/04 il Wimbledon AFC si ripresentò ai nastri di partenza più agguerrito che mai e ben deciso a cominciare la risalita verso categorie migliori, e grazie anche ad una striscia di 22 vittorie iniziali consecutive (che diventano 38 se sommate a quelle ottenute nelle ultime 16 partite della stagione precedente) chiusero al primo posto e vennero promossi alla Isthmian League First Division, dalla quale ottennero una roboante promozione (la seconda consecutiva) l’anno dopo rimanendo in testa al campionato dalla prima all’ultima giornata, vinsero anche la Surrey Senior Cup (la coppa della contea) completando un gran bis a livello locale.

Si ritrovarono così nella Isthmian League Premier dove, dopo due sconfitte ai playoff nelle prime due stagioni, riuscirono ad ottenere la promozione alla National Conference South (il 6° livello) al termine della stagione 2007/08 con un 2-1 allo Staines Town nello spareggio.
Nel frattempo la dirigenza, si impegnò in una difficile battaglia per lo stadio, una battaglia condotta tenendo fede ai valori della fondazione e a mio avviso assai più importante, e per la conduzione e per l’esito, dei risultati ottenuti sul campo.
Fin dalla prima stagione il club aveva ottenuto l’utilizzo del Kingsmeadow, casa del Kingstonian FC nel contiguo sobborgo di Kingston upon Thames e in difficoltà finanziarie dovute alla retrocessione dalla Football Conference (la 5° serie, di fatto un campionato professionistico a tutti gli effetti).
Il club fu venduto ad un affarista che comprato anche il lease sullo stadio lo trasferì ad una società di sua proprietà alienandolo di fatto dalla squadra.
I dirigenti del AFC Wimbledon indissero una assemblea straordinaria in cui fu stabilito che il riacquisto del lease sullo stadio avrebbe salvaguardato il futuro delle due squadre, consigliarono ai tifosi del Kingstonian di fondare una società costituita da tifosi, che fu immediatamente approntata, ed insieme raccolsero i tre milioni di sterline necessaria liquidare il padrone dello stadio.
Fu un passo importantissimo, in quanto entrambi i club si ritrovarono liberi da un debito pesantissimo e con la certezza della propria casa dove continuare a svolgere le proprie attività.
Al termine dell’operazione il Wimbledon offre al Kingstonian l’affitto del campo per una cifra corrispondente all’incasso di un’amichevole precampionato da disputarsi tra le due compagini un atto di solidarietà, per chi era finito in grossi guai dovuti all’ennesimo spregevole proprietario di squadre di calcio, di grande valore concesso da chi a sua volta si era visto privare addirittura dalla squadra. La situazione stadio è comunque in continua evoluzione, dopo la demolizione e il rifacimento della gradinata Kingston Road End (ribattezzata North End, curva nord) con mille posti a sedere, il club ha propsto un ampliamento dell’impianto, la questione ha incontrato difficoltà presso le autorità locali dovute all’ubicazione dello stadio nell’ambito del tessuto urbano.
I dirigenti hanno così intrapreso un nuovo, ambizioso percorso, l’edificazione di un nuovo impianto a Merton, il sobborgo originale e dapprima avevano posato gli occhi sul Wimbledon Greyhound Stadium, il glorioso impianto per le corse dei cani distante solo alcune centinaia di metri dallo storico impianto di Plough Lane per riconvertirlo in uno stadio (ampliabile) da 12.000 posti, ma la concorrenza di altri soggetti nell’asta di compravendita e il conseguente innalzamento della somma necessaria ad acquistare l’area ha dirottato le intenzioni dei dirigenti e nel novembre 2014 il club ha presentato richiesta al Municipio di Merton per l’autorizzazione a costruire un nuovo stadio in un operazione che comprende anche l’edificazione di abitazione e di un centro ricreativo commerciale.
L’iniziativa sarà inizialmente finanziata dalla vendita dello stadio al Chelsea (che lo userà per le compagini giovanili e quella femminile), vendita approvata dai sostenitori sia del Wimbledon che del Kingstonian che si sposterà nel nuovo campo. Questo pistolotto sullo stadio è molto importante perché rivela la serietà di chi si è impegnato totalmente per il bene della squadra (e anche della squadra vicina in questo caso) e con grande impegno e abnegazione è arrivato con i fatti e per gradi a scalare una montagna così alta che dal punto di partenza non si riusciva a vederne la sommità, in barba alle chiacchiere di casa nostra sull’azionariato popolare e blablabla tutti parlano, litigano ma nessuno tira fuori un euro o tantomeno impiega cinque minuti del suo tempo al bene della squadra per cui tifa.

Sul campo le imprese della squadra continuano.

Nella stagione 2008/09 la squadra viaggia nelle prime posizioni di classifica per tutto il campionato e dopo la vittoria casalinga a fine aprile sul St. Albans City per 3-1 (davanti a un pubblico record di 4.722 spettatori), si aggiudicano il campionato e la promozione diretta alla National Football Conference, il quinto livello della piramide calcistica inglese, sopra di loro le quattro divisioni professionistiche, ma di fatto la quinta divisione professionistica, visti lo statuto del campionato, i club partecipanti e il pubblico delle partite.Si tratta della seconda promozione consecutiva (per la seconda volta).
La prima stagione nella nuova serie vede il Wimbledon chiudere all’ottavo posto a quindici lunghezze dalla zona play-off un po deludente ma anche un’ottimo piazzamento per consolidare la squadra in vista delle stagioni successive.

Fedeli alla loro recente fama infatti, al termine della stagione 2010/11 il Wimbledon chiude il campionato al secondo posto, qualificandosi ai playoff promozione dove demolisce il Fleetwood Town (2-0 e 6-1) in semifinale prima di ritrovarsi davanti al Luton Town nella finale del City of Manchester Stadium. La partita, bloccata dalla tensione per la posta in palio, non offre spunti al di la di un palo colpito dal Luton all’87’. Si va ai supplementari dove lo stallo persiste, il Wimbledon ha l’occasione per vincere al 119’ ma Yakubu di testa spedisce a lato da posizione favorevole. Ai rigori il Wimbledon prevale 4-3. E’ un momento storico, la società fondata dai tifosi all’indomani del furto della loro squadra è promossa nei campionati professionistici a soli nove anni dalla fondazione, è un record, l’ennesimo e fanno cinque promozioni in nove anni.

Ma c’è dell’altro: il club ha sempre messo grande enfasi sul proprio ruolo di catalizzatore per attività sociali all’interno della comunità e sin dal 2004 ha istituito un programma per rendere accessibile il gioco del calcio a tutti.
Nel 2010 questo programma che offre la possibilità per bambini dai 4 ai 14 anni che vivono nella comunità, di svolgere attività sfruttando impianti e personale del club ha ricevuto la massima onoreficenza che la Federazione inglese assegna per questo tipo di attività. Il progetto di attività legato all’impegno sociale del Wimbledon all’interno dell’area in cui opera si è poi ampliato fino ad ottenere il riconoscimento del Primo Ministro per il grande contributo offerto dal club nei progetti di sviluppo di istruzione e insegnamento dello sport legati all’istruzione e all’insegnamento civico. Congratulandosi col direttore generale, il Primo Ministro ha affermato che ‘Lo staff del Wimbledon AFC non solo hanno restituito una squadra alla propria comunità, l’ha resa unita, dando la possibilità agli abitanti di avere una partecipazione diretta nel club e ha migliorato la vita di molte persone grazie all’impegno profuso nella creazione di attività a sostegno della popolazione.
Il calcio è un gioco di squadra e la gente di Wimbledon ha dimostrato dove si può arrivare quando non si va solo alle partite ma si partecipa direttamente alla vita del club. Congratulazioni al Wimbledon, ai suoi tifosi e sostenitori che hanno creato una squadra che appartiene alla comunità (in ogni senso) ed è passata di successo in successo.


La soddisfazione è grande per i dirigenti del club che hanno mantenuto la loro identità di squadra locale, scalando i campionati e le attenzioni della società inglese dal parco locale fino ad arrivare ai campionati professionistici e al n.10 di Downing Street.

Le attività riprendono e la vita si preannuncia difficile nel campionato di IV divisione , League Two per chi segue il calcio solo dall’era di internet.
Infatti la stagione 2011/12 si chiude con un sedicesimo posto.
Difficile anche le ultime due con salvezza all’ultima giornata.

La stagione 2014/15 è un po più interessante, ci sono due partite in Coppa di Lega contro il MK Dons, la squadra generata dal ricollocamento del Wimbledon originale, una sconfitta per 3-1 in trasferta ed una memorabile vittoria per 3-2 (l’unica in quattro incontri) che non basterà per qualificarsi. Buono anche il cammino in FA Cup dove approda al 3rd round e soccombe davanti al Liverpool, eliminato da una doppietta di Gerrard entrato a metà secondo tempo in soccorso di una squadra che aveva corso più di un rischio fino a quel momento. Fu comunque una grande serata in un Kingsmeadow gremito all’inverosimile in un lunedì sera. Il campionato viene chiso da un’insoddisfacente 15° posto.
Arriviamo al 2015/16, la quinta stagione dal ritorno nei professionisti, una partenza men che mediocre relega la squadra sul fondo classifica,ma dopo Natale la squadra si riprende via via e chiude con una serie di 7 vittorie nelle ultime 10 partite che gli permettono di agguantare il 7° posto, l’ultimo disponibile per i playoff promozione. Avversario Accrington Stanley che ha chiuso al 4° posto mancando la promozione diretta alla differenza reti e come da tradizione, viene eliminato dai nostri in semifinale (1-0 e 2-2) il gol di Taylor nei supplementari del ritorno spedisce i gialloblu alla finale di Wembley, dove se la vedranno con il Plymouth Argyle.

Lunedì 30 maggio 2016, ultimo atto (per il momento) di una scalata ai vertici calcistici davvero rimarchevole. Wembley Stadium , periferia di Londra si gioca lo spareggio per la promozione dalla League Two alla League One, la Serie C inglese, orario pomeridiano e giornata di sole, calda. Moltitudini di tifosi si riversano verso il nuovo e moderno impianto, un dei ‘gioielli’ del calcio mondiali per giocarsi questo modesto (davanti a cotanta maestà) spareggio.
Ma la grandezza degli stadi è dovuta al pubblico che li riempie, seppur in abbinamento con le gesta delle squadre. Sono tanti per una partita del genere, tantissimi 57.956 paganti in Italia un pubblico da sogno per partite di Serie A. Supremazia per i sostenitori nero-verdi giunti in massa dalla Cornovaglia, circa trentamila, poco più di ventimila han seguito il Wimbledon per questa breve trasferta dal sud di Londra, il resto è neutrale, il colpo d’occhio splendido e all’altezza del palcoscenico.

Nel primo tempo i portieri sono poco impegnati, ad inizio ripresa una punizione di Carey per il Plymouth costringe Roos ad un difficile intervento. La partita continua priva di emozioni con una leggera supremazia del Wimbledon fino al 79’ quando su cross insidioso di Kennedy dall’out destro, Taylor insacca con un tocco preciso. 1-0!
Mancano 10’ al termine e il Plymouth prova a ricompattarsi e a ripartire, ma non c’è ritmo e il Wimbledon adesso controlla, si riporta in avanti all’88’ un gan colpo di testa di Akinfenwa (the beast) è salvato miracolosamente dal portiere, nel tentativo di contrastare Hartley, capitano del Plymouth si scontra con the beast e deve uscire in barella, ci sono 7 minuti di recupero i Pilgrims attaccano adesso a ondate nel disperato tentativo di pareggiare, rimangono ovviamente esposti e al 7’ di recupero su contropiede inevitabile,Azez viene atterrato in area e l’arbitro decreta un rigore inesistente si portano in tanti sul dischetto, tutti vogliono tirare questo rigore, la discussione che si protrae per un paio di minuti è vinta ovviamente da the beast Akinfenwa, vero centravanti di sfondamento che realizza spiazzando il portiere.
Giunge il triplice fischio che sancisce il risultato 2-0 e la promozione del Wimbledon in League One, sei promozioni in tredici anni e , surprise surprise, il prossimo anno due inedite gare in campionato con chi gli rubò la squadra quattordici anni fa e non è mai riuscito ad andare oltre a questo campionato a cui il rifondato Wimbledon è arrivato partendo dal fondo.
Well done lads!
Veri eredi della Crazy Gang, matti si , irriverenti, scorretti, tutto quello che volete ma così fantasticamente inglesi, in una parola veri.

Da gustarsi preferibilmente con un paio di pinte (o tre) di Fuller’s London Pride

In sottofondo:

Madness - Madness
For tomorrow - Blur
We’re a winner – Mother Earth
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