sabato, febbraio 28, 2015

Paul Weller - L'uomo cangiante



Nelle foto vari momenti delle presentazioni, inclusa una squadraccia di frequentatori del blog (la prima in alto...)
Più sotto a Milano con RICKY GIANCO, Massimo Priviero, l'editore Claudio Fucci a Milano, a Torino con Bizarre, a Ferrara al Molo con Leonardo Romani, di nuovo a Milano con Massimo Cotto.

L'UOMO CANGIANTE, mia biografia su PAUL WELLER, dopo le tappe affollatissime a Torino, Ferrara, Milano e Piacenza sarà presentato in coppia con ALEX LOGGIA degli STATUTO che eseguirà alcuni brani dei Jam, Style Council e Weller solista in acustico stasera a

Parma “Giovine Italia” ore 21
https://www.facebook.com/events/773495019393965/

La pagina FaceBook
https://www.facebook.com/pages/Luomo-Cangiante-Paul-Weller-The-Modfather/341516176046452

Per ordinarlo presso VoloLibero:
www.vololiberoedizioni.it/luomo-cangiante/

Dopo solo alcuni giorni dall'uscita la prima tiratura è già andata esaurita.

venerdì, febbraio 27, 2015

Febbraio 2015. Il meglio.



Anno appena iniziato e già qualcosa che non è improbabile finisca nelle top 2015.
Tra gli stranieri Gaz Coombes, D’Angelo, Bettye Lavette, Charlatans, Sleater Kinney, Pops Staples.
In Italia Cesare Basile, Salvo Ruolo, Mads, Big Mojo, Elli de Mon, Sycamore Age, Dellera, Mother Island, Kicca, Simona Norato.


ASCOLTATO

MADS - What I need / Virtual world
Singolo in download per la band milanese tornata in vita dopo secoli.
Puro mod rock di marca ’79 tra Jam, Vapors, Chords e il miglior power pop con quel gusto 60’s che caratterizzava Action e i primi Small Faces (senza dimenticare le melodie tipicamente Beatlesiane periodo “Revolver”).
Due brani di altissimo livello compositivo, prodotti benissimo e suonati al meglio (eccellente il lavoro del basso).

POPS STAPLES - Don’t lose this
Inciso poco prima di andarsene, rifinito e sistemato dalla figlia Mavis e da Jeff Tweedy dei Wilco, trova finalmente la luce questo splendido testamento blues, gospel, country soul.
Intensissimo, commovente, denso e potente. Bellissimo.

SWERVEDRIVER - I wasn't born to lose
Sono tornati dopo 17 anni gli Swervedriver con un bellissimo album di puro shoegaze come dio comanda.
Niente di nuovo ma tanta psichedelia in salsa brit and dream pop, canzoni avvolgenti, calde, colorate e pulsanti.

CESARE BASILE - Tu prenditi l'amore che vuoi e non chiederlo più
Uno dei più brillanti, profondi, originali cantori di casa nostra, arriva al nono album.
Aiutato da una lunga schiera di amici (Manuel Agnelli, Enrico Gabrielli, Rodrigo d'Erasmo, Simona Norato, Lilith) Tu prenditi l'amore...parla una lingua diretta, orgogliosamente ostile alla convenienza dei compromessi (sonori e non), scava nel profondo delle sue radici siciliane e mediterranee, scrive nuove pagine dell'infinita epopea del Blues, si avvicina alla canzone d'autore più nobile (da De Andrè a Leonard Cohen), assimila suoni apparentemente lontani (il desert rock dei Tinariwen aleggia spesso).
Arrangiamenti minimali, essenziali, curatissimi e soprattutto sempre originali, personali e di grande classe. Pura eccellenza.

SIMONA NORATO - La fine del mondo
Esordio sorprendente, prodotto da Cesare Basile, originalissimo, dai toni severi, rigorosi e drammatici, teatrali e diretti.
Il riferimento più immediato si avvicina al mood della prima PJ Harvey ma troviamo anche Gabriella Ferri, Nada, Mia Martini, Ani Di Franco, Dresden Dolls con il pianoforte dall’intenso approccio classico protagonista, a tessere la trama di un album splendido che si concede anche episodi ruvidi ed elettronici.

ELLI DE MON - II
Altro eccellente (secondo) lavoro della blueswoman vicentina. Blues minimale e viscerale sempre crudo e diretti ma con una maggior cura negli arrangiamenti e un paio di brani con l’apporto di archi che riportano ai Velvet Underground.
Notturno e sotterraneo.

MOON DUO - Shadow of the sun
Al terzo album il duo americano si immerge di nuovo in uno stralunato e psichedelico magma sonoro che assimila Suicide e Stooges, Velevet Undergound e Ozric Tentacles in una bolgia ipnotica, acida e super psycho.
Modernissimi e retrò allo stesso tempo, album eccellente.

CARL BARAT & the JACKALS - Let it reign
Eterno inespresso Carl Barat prosegue una carriera senza lode nè infamia a base di un buon rock n roll tipicamente brit figlio delle consuete mille influenze derivate dai 60’s in poi.
Atmosfera generale godibile ma niente che faccia gridare al miracolo.

SYCAMORE AGE - Perfect laughter
Ipnotica psichedelia ricchissima di influenze, suoni, riferimenti, che passano dal kraut anni 70 ai Beatles tardo 60’s alle folate elettriche dei più recenti Tame Impala.
Ci sono anche rimandi ai Pink Floyd più lirici, al Brian Eno più intimista, alla lisergìa sonora più oscura a cavallo tra 60’s e 70’s.
Album dalle mille sfaccettature, personalissimo, originale, profondamente evocativo, dal tratto molto cinematografico, unico nel panorama italiano e non solo.

QUARTEBACKS - Quarterbacks
Giovanissimi (faranno 50 anni in tre...) new yorkesi, mischiano i primi Husker Du, i primissimi disordinatissimi Meat Puppets, Dinosaur Jr, Soft Pack (chi li ricorda?).19 brani per 22 minuti di musica abrasiva, urgentissima, immediata, minimale.

POP GROUP - Citizen zombies
E’ greve e grave il ritorno del Pop Group con il consueto funk punk claustrofobico e acido. Alla fine l’album perde un po’ di colpi ma rimane comunque un buon lavoro.

TWIN PEAKS - Wild onion
Da Chicago con una corroborante secchiata di Weezer, Supergrass, 60’s beat, ruvidezze vagamente punkeggianti, melodie di gusto Beach Boys e Stones 65. Gustosi.

THE GROOVE - Soul farm
I piacentini all’esordio sulla lunga distanza sfoderano un potente white soul con ottima sezione fiati, grande groove, funk, registrazione e produzione impeccabili, ottimi arrangiamenti. Heavy soul !

FILIPPO ANDREANI - La prima volta
Il cantautore comasco si fa interprete di quello che è ormai una filone della tradizione musicale italiana che fa riferimento al combat rock di Clash e Gang, al folk punk di Billy Bragg, ai Modena City Ramblers alla Banda Bassotti ma anche a De Gregori.
E lo fa con una stupenda poetica, grinta, ritmo (anche in levare con frequenti inserti reggae), aiutato con la stessa passione da uno stuolo di Amici (da Marino Severini dei Gang, Steno dei Nabat, i Linea che suonano con lui, Sigaro della Banda Bassotti tra i tanti).
Eccellente.

FLIES - On the other side of the tracks
FENOMENALE ristampa del materiale della band romana che a cavallo tra 80's e 90's masticava un incredibile miscela di garage Nuggets/Peebles, folk rock byrdsiano, capacità strumentali di gran lunga superiori alla media e canzoni superbe.
Ai 7 brani del mini LP "On the other side of the tracks" (uscito per la High Rise di Federico Guglielmi), se ne aggiungono altri 17 tra demo e inediti.

PETRINA - Roses of the day
In quanto a coraggio Petrina non si è mai tirata indietro nello sperimentare, osare, provare nuove strade. Si ripete in questo nuovo progetto, una raccolta di interpretazioni per voce e piano di classici del rock, della canzone d’autore e della musica contemporanea. Scorrono, con riarrangiamenti sempre originalissimi, talvolta arditi che ridanno nuova vita alle composizioni, classici come “Light my fire” dei Doors, “Burning down the house” dei Talking Heads o un’inquietante “Sweet dreams” degli Eurythmics a fianco di un brano diviso con John Cage e gioielli “minori” di David Sylvian e Pier Ciampi.
Un album come sempre dall’impostazione unica, che guarda avanti poggiando i piedi su solide basi classiche.

NINA ZILLI - Frasi & fumo
Fatto molto bene, soft pop soul raffinato ed elegante con echi di Fugees, northern soul, blues, accenni reggae. Molto piacevole.

KATE PIERSON - Guitars and microphones
La super voce dei B52’s si circonda di qualche “strano” collaboratore (dal chitarrista degli Strokes Nick Valensi a Sia) e tira fuori un album di pop moderno marchiato a fuoco dalla sua inconfondibile timbrica vocale e da un mood molto easy.

THE BLACK MARBLE SELECTION - Under her spell
Dall’Olanda un buon album di garage psichedelico, rhythm and blues bianco, con un buon tiro 60’s, sitar, ben suonato e con ottimi brani.

ASCOLTATO ANCHE
SUBWAYS (discreto brit rock, elettrico ed energico ma poca sostanza), THE DISTRICTS (emo rock alt boh? du palle comunque), RHIANNON GIDDES (gospel, blues, soul e country, alcune cose spaziali altre meno riuscite, buono comunque), COLAPESCE (riempie locali e trova il plauso della critica. Non il mio) ETRUSCHI FROM LAKOTA (country blues declinato in chiave zappiana e teatrale non lontano dagli Skiantos).
Non convenzionale e personale), A PLACE TO BURY STRANGERS (sonici e jesus&marychain oriented. niente di che), DUKE GARWOOD (un’imitazione perfetta di Mark Lanegan. Suggestiva a tratti ma imitazione..), KRISTIN DIABLE (blues rock molto leggerino), SCREAMING FEMALES (buon punk rock con voce femminile. Il tutto però tremendamente datato)., THE AMAZING (dream pop/alt rock/post rock, du palle così) OF MONTREAL (strano mix di Bowie, Lou Reed, funk, rock e tanto altro, no nsempre riuscito ma interessante), ANTWERP GISPY SKA (band olandese che mischia ska, reggae, dub e sonorità gitane. Originali)

LETTO

DAVID BYRNE - Come funziona la musica
Libro ESSENZIALE e importantissimo per chi vuole conoscere nei dettagli "come funziona la musica", da un punto di vista creativo e da quello più meramente commerciale (con dati, cifre, statistiche).
Byrne è ironico ma preciso, disincantato, spietato e il risultato è encomiabile per capire le dinamiche del marketing musicale.
Non mancano decine di aneddoti personali, dai Talking Heads del CBGB alle esperienze con Eno e a quelle attuali, curiosità e particolari colti e inediti.
MARCO CASTOLDI - Il libro di Morgan
Divertente passatempo leggere aneddoti e storie di e con Morgan, persona comunque capace e intelligente. Un po’ meno quando si perde in teorie perlomeno discutibili.

LINDA YABLONSKI - Tutto quel buio
Buon viaggio nell’inferno tossico della New York degli 80’s con descrizioni particolareggiate, autobiografiche ed estremamente realistiche della classica palude di junkies, spacciatori, miserie di ogni tipo. Interessante. Buio.

COSE & SUONI

“RevoLuce” è il nuovo album di Lilith and the Sinnersaints, 12 brani (10 in italiano due in dialetto, nessuna cover).
A metàmarzo per Alphasouth/Audioglobe.

www.lilithandthesinnersaints.com
https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints

Mie recensioni su www.radiocoop.it

IN CANTIERE

“L’uomo cangiante, Paul Weller, The Modfather” è uscito a fine febbraio, per VoloLibero ed è già in ristampa.

Con Lilith and the Sinnersaints in concerto a marzo:
VENERDI’ 13 marzo: ACQUI TERME (AL) “Bar Dante”
LUNEDI’ 16 marzo: CREMONA “Fico”
GIOVEDI’ 19 marzo: LIVIGNO (SO) “Marcos”
VENERDI’ 20 marzo : LA SPEZIA “Skaletta”
SABATO 21 marzo: PIACENZA “SoundBonico”
SABATO 28 marzo: CAGLIARI “Bohemien”

giovedì, febbraio 26, 2015

Calcio popolare



Una realtà sconosciuta, relegata nei meandri più profondi della scena calcistica, è quella che appartiene al concetto di CALCIO POPOLARE, ovvero quelle situazioni che provano (e spesso riescono) a riportare lo sport più seguito al mondo (o perlomeno in Italia) ad una dimensione “umana”, dove l’agonismo fa il paio con la partecipazione, l’aggregazione, l’anti fascismo, l’integrazione, il sostegno popolare, dei quartieri, dei paesi, delle comunità.
Un breve elenco di alcuni nomi che tengono alta questa bandiera colorata.

Partiamo da Firenze con il Centro Storico Lebowski (http://cslebowski.it/), nato nel 2010 da una scissione dal vecchio AC Lebowsky, che disputa il campionato di prima categoria ed è attualmente a metà classifica e che vive grazie ad una totale autogestione alimentata dalle raccolte fondi allestite in occasione delle cene sociali.

A Roma in seconda categoria fatica in fondo classifica l’Atletico San Lorenzo (motto: il calcio figlio del popolo), squadra nata dall'autotassazione di un gruppo di cittadini dell'omonimo quartiere.
http://atleticosanlorenzo.it
Nella capitale è più (tristemente perchè recentemente aggredita a sprangate da un gruppo di fascisti) famosa l’ASD Ardita società nata nel 2011 e ispirata alla formazione rivoluzionaria che si oppose duramente al fascismo durante il Ventennio, che si avvale di un modello organizzativo societario basato sul supporto diretto, dove i tifosi e i sostenitori devono ritenersi gli unici proprietari del club.
La squadra è ora terza in Terza categoria. (http://www.asdardita.it/)

La Polisportiva Gagarin di Teramo disputa il campionato Uisp (http://www.polisportivagagarin.it/) con risultati dignitosi e si basa sull’azionariato popolare per propagandare uno Sport accessibile a tutti, che rimetta al centro delle sue attività l’aggregazione e l’amicizia, la solidarietà, il sano agonismo e il rispetto dell’avversario e che si pone quali obiettivi la lotta al razzismo ed il recupero di strutture sportive e sociali.

A Napoli ci sono la Lokomotiv Flegrea (http://lokomotivflegrea.it) , la Stella Rossa 2006 (http://www.stellarossa2006.it/), l’Afro-Napoli (nome che riassume perfettamente le modalità anti razziste e d’integrazione del progetto), (http://www.afronapoli.it/), che nel 2014 ha vinto il Campionato Nazionale Aics e l’ASD Quartograd che dopo due promozioni ora è in Prima Categoria al terzo posto (https://www.facebook.com/associazionesportiva.quartograd).

In terza categoria gioca invece lo Spartak Lecce (http://spartaklecce.blogspot.it) società sportiva fondata sul principio della salvaguardia dello sport e della sua funzione formativa e sociale.
Basata sui valori dell’unione, dell’uguaglianza, dell’antirazzismo e contraria a ogni forma di discriminazione, propone un paradigma a sfondo solidale e cooperativo.
In prima categoria ai vertici della classifica si batte il Brutium Cosenza ( https://brutiumcosenza.wordpress.com).

L'ASD Ideale (http://www.idealebari.org/)di Bari gioca in Terza Categoria dopo aver vinto il campionato Uisp e sostiene che che il calcio sia colore, aggregazione, che sia campetti in terra battuta ma senza interessi economici di sorta, che sia amicizia e divertimento, che sia libertà di vivere le proprie passioni.
Ha compiuto 14 anni la Polisportiva Assata Shakur Ancona che oltre al calcio (Terza Categoria) ha anche la prima squadra di Cricker delle Marche.
Da segnalare anche la CEP 1953 di Castel Di Sangro (https://www.facebook.com/pages/ACD-CEP-1953/345147868905606) ora in Seconda Categoria in Molise, tra i primissimi in Italia a seguire queste modalità di autogestione.

Se conoscete realtà italiane analoghe segnalatemele che integrerò l'articolo.

mercoledì, febbraio 25, 2015

Paul Weller - L'uomo cangiante



Esce oggi in tutte le librerie L'UOMO CANGIANTE - PAUL WELLER - THE MODFATHER, mia biografia su PAUL WELLER pubblicata da VoloLibero Edizioni.

Il libro, dopo le tappe affollatissime a Torino e Ferrara sarà presentato in coppia con ALEX LOGGIA degli STATUTO che eseguirà alcuni brani dei Jam, Style Council e Weller solista in acustico.

Grazie alle prevendite e agli ordini già raccolti in libreria è già in corso la prima ristampa.

giovedì 26 febbraio: Milano " Baladin" Via Solferino 56 ore 18
https://www.facebook.com/events/1544772872448680

venerdì 27 febbraio: S.Nicolò (Piacenza) “Melville” ore 21
https://www.facebook.com/events/1556586011248640

sabato 28 febbraio: Parma “Giovine Italia” ore 21
https://www.facebook.com/events/773495019393965/

La pagina FaceBook
https://www.facebook.com/pages/Luomo-Cangiante-Paul-Weller-The-Modfather/341516176046452

Per ordinarlo presso VoloLibero:
www.vololiberoedizioni.it/luomo-cangiante/

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back

NOLAN PORTER - No apologies
NOLAN PORTER - Nolan

L’autore di due classici immortali del Northern Soul come “Keep on keepin on” e la grandissima “If I could only be sure” ha all’attivo solo due album, il primo del 1970, il secondo di due anni più tardi.
Entrambi all’insegna di un sound molto particolare che viaggia soprattutto nei meandri del più profondo southern soul, con forti influenze funky, swamp blues, qualche tocco rock ma anche numerosi riferimenti a sonorità latine e caraibiche. Grande voce, ottimi brani, due gemme (da poco ristampate) da andare a riscoprire.

ROGER HATCHER - R&Better
Conosciuto più per essere il cugino di Edwyn Starr che per i suoi meriti artistici, che pur vantano la composizione di ben 1.000 brani di cui un paio di relativo successo (incisi da Dramatics e Platters oltre a qualche oscuro 45 giri), Roger Hatcher incise nel 1977 un ottimo lavoro di eccellente rhythm and blues, soul, funk, gospel (tra Sam&Dave, Johnny Taylor, Otis) in cui risalta una bellissima voce tra Marvin Gaye e Al Green.
Bellissimi il Northern Soul di “Kung Fu and you too”, lo space funk di “Struttin” e il James Brown groove della conclusiva “My thang”.

GRACE JONES - Warm Leatherette
Personaggio di spicco dei nightclubbing, arrivata al successo discografico sull’onda della discomusic, nel 1980 con “Warm leatherette” Grace Jones cambia pelle, svolta verso la new wave, tinge di reggae e dub (grazie alla produzione di Sly And Robbie) la sua musica, riprende una serie di composizioni minori e le rivede nel nuovo stile.
Da “Love is the drug” dei Roxy Music a brani di Chrissie Hynde e Tom Petty, l’album si mantiene su sonorità comunque piuttosto commerciali, accattivanti e fruibili ma con connotati molto più interessanti rispetto alle produzioni precedenti. Alla chitarra non per niente c’è Barry Reynolds già a fianco di Marianne Faithfull nella sua “trasformazione wave” di ”Broken english” l’anno precedente.

CHER - 3614 Jackson Highway
Con le quotazioni di Sonny and Cher in ribasso e la musica che cambiava verso l’impegno Cher confeziona un album adatto ai tempi di sorprendente efficacia registrato ai Muscle Shoals Sound Studios (dal cui prende il titolo l’album).
Con lei la prestigiosa band degli studios con gente come il chitarrista Eddie Hinton (che ha lavorato con Elvis, Otis, Aretha etc) che rivisitano benissimo classici come “For what it’s worth” e “Dock of the bay”, rendono benissimo il voodoo sound di Dr John in “I walk on guilded splinters” in chiave funk e ben tre brani di Dylan tra cui “Lay ladyy lay” da “Nashville skyline”.
Cher troneggia con una voce potente, piena, soulful.
Ottimo album.

martedì, febbraio 24, 2015

Diamond Disc



Il Diamond Disc o Edison Disc fu un tipo di disco per grammofono commercializzato dalla Edison Records dal 1912 al 1929.

Edison aveva già lavorato con i cilindri fonografici che inventò alla fine dell‘800 ma che avevano caratteristiche molto limitate (breve durate ed estrema delicatezza e fragilità del prodotto).
Decise di entrare nel commercio del disco, sempre più in voga nel 1912 contrapponendosi alle case già sul mercato (in particolare alla principale, la Victor) brevettando un nuovo sistema .
I fonografi di Victor non potevano però riprodurre i dischi Edison perchè le puntine utilizzate per la lettura avrebbero tagliato il suono registrato e il sistema Edison non poteva riprodurre i dischi Victor o altri dischi a lettura laterale, a meno di disporre di attrezzature speciali.

Sui dischi di Edison campeggiava la scritta:
“Questa registrazione non deve essere riprodotta su altri strumenti che non siano il fonografo di Edison, e declina ogni responsabilità per eventuali danni che possono verificarsi nell'ipotesi in cui questo avvertimento venga ignorato."

I dischi Edison arrivarono al successo tra il 1910 e il 1920 con picchi del vendita nel 1920 grazie ad una maggiore fedeltà audio anche se più costosi e incompatibili con altre marche di dischi.
A causa di ciò le vendite precipitarono fino all’uscita dal mercato nel 1929.

Come riporta David Byrne sul suo "Come funziona la musica": "Edison non accennò MAI alla possibilità che andassero usati per registrare musica.
Erano stati concepiti come macchine per la dettatura adatte a conservare i grandi discorsi dell'epoca.
Il New York Times predisse che avremmo collezionato discorsi "In possesso o meno di una cantina di vini ogni uomo se vorrà essere considerato di gusto avrà una cantina oratoria ben fornita"


Edison realizzò un breve film (muto !!) per promuovere la sua invenzione:
https://www.youtube.com/watch?v=6xfclzCfADQ

lunedì, febbraio 23, 2015

Rock goes to disco



Da un interessante articolo di Francesco Coniglio nell’ultimo numero di Classic Rock prendo spunto per ripercorrere velocemente quel periodo in cui il ROCK (spesso impersonificato dai suoi più importanti rappresentanti) non solo non si “oppose” all’ondata punk/new wave ma declinò verso le forme musicali più commerciali del periodo abbracciando suoni, etica ed estetica della DISCO MUSIC.
Tra la metà dei 70’s e i primi 80’s la lista è lunga.


DAVID BOWIE si innamorò a metà dei 70’s del funk soul americano e con “Golden years” da “Station to station” nel 1976 si calò alla perfezione in quelle atmosfere soft black (che già aveva anticipato nel nerissimo “Fame” (scritta con John Lennon) da “Young americans” l’anno prima.
Passata la sbornia berlinese vi ritornerà con tanto di Nile Rodgers degli Chic a comandare le danze in “Let’s dance” nel 1983.
Si parlava di JOHN LENNON che non rimase immune da tentazioni danzerecce con “Whatever gets you through the night” in “Walls and bridges” nel 1974 incisa con Elton John.
John Lennon era anche , nel 1973, a fianco di MICK JAGGER (con Jack Bruce al basso, Al Kooper alle tastiere , Bobby Keys al sax oltre a Jim Keltner, Harry Nillson e altri) ad incidere il super funk “Too many cooks” pubblicato solo anni dopo in una compilation di Mick solista.
Mick Jagger fu sempre molto presente nelle discoteche di mezzo mondo e portò a tutti i costi la DISCO MUSIC nelle vene dei ROLLING STONES, a partire dai pur ruvidi solchi di “Some girls” del 1978 dove spicca il classico “Miss you” che andava ad esasperare il funk nerissimo di “Black and blue”.
La cosa si ripetè nel successivo “Emotional rescue” nel 1980 con la title track e trovò la sublimazione in “Undercover” (il loro album più debole) nel 1983 nella title track e in “Too much blood”.

PAUL MCCARTNEY non restò a guardare e nel marzo 1979 piazzò in testa alle classifiche il disco sound di “Goodnight tonight”.
Più rozzo ma altrettanto efficace “Coming up” tratto da “Mc Cartney II” del 1980 in cui non mancano altri approcci di natura elettronica/dance.
Rimanendo in ambito Beatles anche il buon RINGO STARR provò le strade della disco in vari episodi degli album “Ringo the 4th” (1977), “Bad boy” (1978), “Stop and smell the roses” (1981) ma con scarsi risultati.
Chi ha tratto maggior vantaggio dalla trasformazione in disco star fu ROD STEWART che rinacque a nuova vita (commerciale) ne l1978 con il successone “Do you think I’m sexy?”.

Perfino i padrini dell’acid rock, i GRATEFUL DEAD, si concessero alle piste da ballo con “Shakedown street” nel 1978, non dimenticando gli EAGLES e la loro “One of these nights” del 1975, i KINKS che nel 1979 in “Low budget” piazzarono un bel ritmo in battere con “(Wish I could fly like) Superman” e, nello stesso anno, l’ELECTRIC LIGHT ORCHESTRA con “Shine a little love”.
I BEACH BOYS dopo il capolavoro "Holland" si lasciano abbindolare dai ritmi disco e sfornano per lungo tempo un album più brutto dell'altro.
Non sono immuni dalla sbornia disco anche nomi classici del soft rock americano e inglese come CAROLE KING (“”Disco tech”), JAMES TAYLOR (una devastante versione di “Day tripper” dei Beatles), Nicolette Larson, STEPHEN STILLS (in “Thouroughfare gap” nel 1978).
I KISS in quello che viene spesso derubricato ad uno dei peggiori loro episodi, “Dinasty” del 1979 centrarono uno dei loro più grandi successi, “I was made for lovin you babe”, con cui sbancarono le classifiche di mezzo mondo.

BLONDIE, lasciati gli esordi pop wave punk si lancia con “Haert of glass” e “Call me” nelle classifiche.
Anche i GENESIS ci fanno un pensierino e “Abacab” del 1981 sguazza da quelle parti.
Escludendo i BEE GEES, nati su altri lidi e diventati i re della disco con “Saturday night fever”, rimangono da ricordare i PINK FLOYD che con “Another brick in the wall”, pur con tutti i distinguo, inseriscono un bel 4/4 , i QUEEN di “Another one bites the dust” da “The game” del 1980 e ELTON JOHN che, affiancato da Kiki Dee, nel 1976 scalale charts con l’ormai classica “Don’t go breaking my heart”.
Singolare invece il ricorrente inserimento in questi elenchi di “Disco mystic” di LOU REED (da “The bells” del 1979) solo, probabilmente, in virtù del titolo, in quanto il pur ritmo funk non giustifica affatto l’accostamento a tematiche discomusic essendo il brano di tutt’altra ispirazione.

domenica, febbraio 22, 2015

Nauru



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia o comunque estremi.

I precedenti post:

http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo

Questa volta si arriva veramente alla fine del mondo o quasi.
NAURU è una sperduta isola dell’Oceano Pacifico Meridionale che, con i suoi 21,4 chilometri quadrati di superficie, è la repubblica indipendente più piccola al mondo (altri stati con superfici più ridotte hanno, come Città del Vaticano, altre forme di governo).

Non ha una capitale, ma un centro urbano più sviluppato, sede del governo.
Potenziale "paradiso terrestre", da quando, all’inizio del ‘900, furono giacimenti di fosfati, iniziò un intensissimo sfruttamento attraverso l’apertura di cave e miniere, che hanno completamente ed irrimediabilmente disboscato e distrutto l'isola, rendendo impraticabile qualsiasi forma di agricoltura e di turismo, facendo scomparire ogni forma di vita animale (con l'eccezione di cani e gatti) e abitabile solo il 20% della superficie totale.

Il governo ha spinto all’estremo l’attività estrattiva, trasformando completamente il territorio cercando di ricavare il massimo profitto, rendendo inizialmente l'isola una delle più ricche al mondo, per poi farla precipitare in una crisi tremenda.
Tra le altre particolarità la totale assenza di acqua dolce (ottenuta con costosissimi impianti di desalinizzazione) e la dipendenza assoluta dalle importazioni dall'estero per le fonti alimentari, spesso di scarsa qualità, al punto da far diventare gli abitanti con il più alto tasso di obesità al mondo, il 78% per le donne e l’80% per gli uomini( 94,5% comunque in sovrappeso). Nauru è anche minacciata dall’innalzamento livello marino (il suo picco più elevato raggiunge i 61 metri) e per il futuro si preannuncia ormai imminente la forzata evacuazione dei 10.000 abitanti.

Una forma di discutibile (per usare un eufemismo) sostentamento arriva con un centro di detenzione gestito dal governo australiano, che può ospitare fino a 616 persone e in cui si trovano in gran parte rifugiati e migranti che hanno fatto richiesta di asilo politico (iraniani, tamil dello Sri Lanka, iracheni e pakistani).
Gli australiani hanno pagato 10 milioni di dollari locali al governo per la gestione del centro (spesso sede di rivolte a causa delle condizioni disastrose di detenzione).

Dal 1942 al 1945 Nauru fu occupata dai giapponesi che deportarono 1200 naurani per lavorare come operai nelle isole Caroline (era per loro una importante base militare per le operazioni belliche). Dei 1200 naurani solo circa 700 fecero ritorno alla loro isola nel 1946.

sabato, febbraio 21, 2015

Paul Weller - L'uomo cangiante



PAUL WELLER 1981:
“A dispetto di quanto sia stato detto, il New Mod non ha nulla a che fare con noi.
E’ una cosa uscita da pochi pub dell’East End di Londra e penso che fosse una buona faccenda.
Ha dato un po’ di nuova linfa vitale alla musica. Ma non penso che venisse dal punto di vista dei ragazzi.
Non era una loro scelta tutti quei negozietti pieni di vestiti schifosi.”




Esce il 25 febbraio in tutte le librerie L'UOMO CANGIANTE - PAUL WELLER - THE MODFATHER, mia biografia su PAUL WELLER pubblicata da VoloLibero Edizioni.

Il libro sarà presentato in coppia con ALEX LOGGIA degli STATUTO che eseguirà alcuni brani dei Jam, Style Council e Weller solista in acustico.

sabato 21 febbraio: Torino “Feltrinelli Porta Nuova” ore 18
https://www.facebook.com/events/758400510933953

domenica 22 febbraio: Ferrara “Il Molo” ore 19.30
https://www.facebook.com/events/1535397256715358/

giovedì 26 febbraio: Milano " Baladin" Via Solferino 56 ore 18
https://www.facebook.com/events/1544772872448680

venerdì 27 febbraio: S.Nicolò (Piacenza) “Melville” ore 21
https://www.facebook.com/events/1556586011248640

sabato 28 febbraio: Parma “Giovine Italia” ore 21
https://www.facebook.com/events/773495019393965/

La pagina FaceBook
https://www.facebook.com/pages/Luomo-Cangiante-Paul-Weller-The-Modfather/341516176046452

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venerdì, febbraio 20, 2015

U.F.O. - UFO 2: Flying



GLI INSOSPETTABILI è una rubrica che scova quei dischi che non avremmo mai pensato che... Dopo Masini, Ringo Starr, il secondo dei Jam, "Sweetheart of the rodeo" dei Byrds, Arcana e Power Station, "Mc Vicar" di Roger Daltrey, "Parsifal" dei Pooh, "Solo" di Claudio Baglioni, "Bella e strega" di Drupi, l'esordio dei Matia Bazar e quello di Renato Zero del 1973, i due album swing di Johnny Dorelli, l'unico dei Luna Pop," I mali del secolo" di Celentano, "Incognito" di Amanda Lear, "Masters" di Rita Pavone, Julian Lennon, Mimmo Cavallo con "Siamo meridionali"e i primi due album dei La Bionda di inizio 70's, il nuovo album dei Bastard Son of Dioniso, "Black and blue" dei Rolling Stones, Maurizio Arcieri e al suo album "prog" del 1973 "Trasparenze", Gianni Morandi e "Il mondo di frutta candita", il terzo album degli Abba, "666"degli Aphrodite's Child, la riscoperta di Gianni Leone in arte Leonero, il secondo album di Gianluca Grignani, Donatella Rettore e il suo "Kamikaze Rock 'n' Roll Suicide", Alex Britti e "It.Pop", le colonne sonore di Nico Fidenco , il primo album solista dell'e Monkees, Davy Jones, Mike McGear (fratello di Paul McCartney), Joe Perrino, il ritorno di Gino Santercole, l'album del 1969 di Johnny Hallyday con gli Small Faces, la svolta pop della PFM, gli esordi degli EARTH, WIND and FIRE, si va oggi nei temibili meandri del proto hard rock con gli UFO

Le altre puntate de GLI INSOSPETTABILI qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Gli%20Insospettabili

Gli UFO sono per lo più conosciuti per un classico hard rock da classifica, piuttosto scontato in cui rilucevano i virtuosismi del chitarrista Michael Schenker (arrivato dagli Scorpions), negli anni 70’s.
Per gli innamorati delle curiosità “rock” sono da annotare anche i passaggi nella band, nel corso degli anni, del bassista Paul Gray (ex Eddie & the Hot Rods e Damned), del batterista Ansley Dunbar (che suonò con Jeff Beck, Lou Reed, Bowie, Zappa, Jefferson Airplane tra gli altri) e il figlio di John Bonham, Jason.
Il bassista degli UFO Pete Way compare nel brano “England I miss you” inciso nel 1980 da Paul Weller e due dei Cockney Rejects ma mai realizzato (se non su un 45 bootleg in 45 copie).
Ma poco prima dell’arrivo di Schenker e del salto in alto nelle classifiche gli UFO realizzarono due album, il secondo dei quali, del 1971, “UFO 2: Flying” è un notevole tuffo nella psichedelia, nello space rock, nell’hard rock contaminato.
Apartire dalla pulsante iniziale “Silver bird” che pesca da Free, Jeff Beck Group a cui seguono 19 minuti di classico psych hard tra Blue Cheer, Cream, Iron Butterfly.
Singolare lo strumentale “The coming of Prince Kajuku” che si trasforma in una sorta di una sorta di ripresa di “Sparks” degli Who (nella versione “Live at Leeds”) mentre “Flying” è un blues rock con influenze funk, ricchissimo di improvvisazioni e rincorse sonore con la chitarra di Mick Bolton protagonista, quintessenza dell’acid rock.

giovedì, febbraio 19, 2015

Taranto - Real Madrid 0-4



ALBERTO GALLETTI ci porta ancora una volta tra Le Grandi Partite Dimenticate. ovvero un'insospettabile Taranto-Real Madrid del 1968

La sfida con le “Merengues” è chiaramente impari ma il Taranto fa un’ottima impressione sia dal punto vista tecnico/organizzativo che da quello dell’impegno. I migliori in campo per i rossoblu sono l’intelligente Rondoni, il sempre pronto Casini e il vivace Di Stefano.
Gli spagnoli vanno in vantaggio su azione da calcio d’angolo battuto da Gento per la testa di Amancio, che incorna perentoriamente e batte Bertini, si chiude il primo tempo sullo 0-1.
Al 10’ della ripresa il secondo gol, lo realizza Veloso che sfrutta l’ennesima combinazione tra Amancio e Gento , battendo rasoterra dal limite dell’area; il terzo gol è di Amancio , forse in fuorigioco, dopo un bello scambio con Pirri insacca da due passi; la quarta rete viene segnata in contropiede da De Diego quando tutto il Taranto è in attacco alla ricerca del gol della bandiera, viene realizzato da Bueno.
Il Taranto insiste nella ricerca della marcatura nell’ultimo quarto d’ora e colpisce una grande traversa con Gagliardelli nei minuti finali..

La partita compare sul sito statistico del Real riporta il seguente commento:
‘ Il Taranto era una modesta squadra che giocava nella terza divisione italiana. Tra le sue fila aveva un giocatore chiamato Di Stefano’.

Al termine di quella stagione 1968/69 il Taranto conquisterà l’agognata promozione in serie B , a seguito della penalizzazione di 6 punti della Casertana per illecito sportivo.

Taranto, Stadio Salinella 8 Settembre 1968
Taranto: Bertini, Puccini, Rondoni, Napoleoni, Jannarilli, Casini, Ferraro (dal 46' Malavasi), Di Stefano, Lobascio (dal 72' Gagliardelli), Fabrizi, Beretti (dal 46' Pucci)

Real Madrid: Betancort (dal 46' Junguera), Sanchis, Zunzunegui (dal 46' Miera); Pirri, De Felipe, Zoco; Perez (dal 46' Veloso), Amancio, Lopez, Vidal (dal 12' De Diego), Gento (dal 66' Bueno)

Arbitro: Gialluisi di Barletta
Reti: 13'pt Amancio, 10'st Veloso, 17'st Amancio, 28'st Bueno
Note: giornata di sole, tappeto erboso in ottime condizioni; spettatori 18 mila con un incasso di 20 milioni di lire circa.

mercoledì, febbraio 18, 2015

James Brown, the Nixon's Clown ?



ANTONIO ROMANO approfondisce il controverso legame tra James e Richard Nixon che fece scalpore nel 1973.

E’ nota la citazione del sociologo nero-americano Amiri Baraka che recita: “Se Elvis era il re, chi è James Brown, Dio?”.
Naturalmente si riferiva alla sua musica e al suo carisma, ed all’impatto che non è esagerato definire rivoluzionario che ebbero culturalmente su tutta la comunità nera-americana a partire dagli anni ‘60. Ma sono, del pari, convinto che Baraka, musulmano e marxista, se quella sera del maggio 1973 fosse passato nei pressi dell’Apollo Theater di Harlem si sarebbe aggregato alle proteste che furono organizzate contro il Godfather del Soul. Ma chi era che stava protestando, in modo anche acceso come vedremo, e perché soprattutto, contro mister Brown?

Andiamo con ordine.

Brown, cresciuto in un milieu di povertà, emarginazione e criminalità, alla fine degli anni ’60, artista oramai affermato e milionario, si sentiva, ed in certo senso lo era, l’emblema dell’americano che con il sudore della fronte e la gestione rigorosa del proprio talento ce l’aveva fatta, si era arricchito e poteva permettersi di sentirsi la voce, il Godfather appunto, della propria comunità, la nera-americana, negli anni immediatamente successivi al Civil Right Act.
Ma quando il 4 aprile del 1968 fu assassinato Martin Luther King, per tutta l’America, non solo quella progressista, fu uno shock e, come prevedibile, la tensione nei ghetti neri non poté più essere contenuta ed esplose con violente rivolte nelle maggiori città degli Stati Uniti.
James Brown, che aveva un concerto programmato la sera seguente a Boston, uno degli epicentri dei riots, dopo una riunione con le autorità cittadine, decise, per quel paterno senso di responsabilità comunitario, di tenere ugualmente lo show e di farlo trasmettere in diretta televisiva nel tentativo di sedare la rabbia delle persone trattenendole in casa. Questa scelta non piacque, naturalmente, agli esponenti del Black Power, che cominciarono a considerare Brown con un certo sospetto, accusandolo di connivenza con il potere e di essersi schiarato in difesa dello status quo.
Ovviamente, Brown non era un uomo politico, ma un artista ed, in quanto tale, le sue risposte alla crisi furono istintive ed immediate, e, diciamolo, non particolarmente acute dal punto di vista dell’analisi socio-politica.
Il suo brano del 1968, che sarebbe diventato una sorta di anthem dell’orgoglio nero, la celeberrima “Say it loud, I’m Black and I’m proud”, per esempio, già conteneva i semi del suo avvicinamento alle teorie del black capitalism, una mix di conservatorismo politico e liberismo economico in salsa black propugnate dalla non certo radicale borghesia nera, quella tanto disprezzata borghesia nera delle opere di Amiri Baraka.
Certo, il brano esorta a non vergognarsi di essere neri ed americani, anzi afferma “gridalo forte!”, ma dice anche: “noi chiediamo una possibilità di creare qualcosa da soli, siamo stanchi di sbattere la testa contro il muro e lavorare per qualcun altro”.
Che, parafrasato, è un chiarissimo invito proprio alla libera intrapresa. Medesimo invito che ritroviamo, espresso in maniera più esplicita, anche in “Funky President” del 1974: “Uniamoci e compriamo un piccolo terreno, guadagniamoci il cibo come un uomo dovrebbe fare, risparmiamo il denaro, mettiamo su una fabbrica e lavoriamo per noi stessi”.

Proprio per prese di posizione alquanto ambigue come queste, iniziò ad essere avvicinato a fini propagandistici dai politici dell’America bianca, sia Democratici che Repubblicani, che lo corteggiarono, solleticando il suo immenso ego, con la storia, della quale era fierissimo, dell’uomo fattosi da solo lavorando duramente.
Inizialmente, nel 1968, prestò la sua immagine ed il suo brano “Don’t be a dropout” alla campagna contro l’abbandono scolastico promossa dalla presidenza Johnson.
Ma durante la campagna elettorale di quell’anno, mister Brown diede tutto il suo entusiastico appoggio al Repubblicano Nixon, contribuendo ad incrinare la fiducia che molti neri avevano nella sua capacità di essere determinante, o almeno influente, anche a livello politico.
Brown, in realtà, fu attratto dal bandwagon dei Repubblicani dal programma della “affirmative action”, volto a favorire, da un lato, l’istituzione di quote di assunzioni preferenziali a favore dei cittadini neri nel settore pubblico e, dall’altro, in generale il loro lavoro e il loro spirito di imprenditorialità, nel chiaro intento di coltivare una classe media black e conservatrice che, quindi, potesse preservare il vigente sistema socio-politico statunitense.
Così Brown, pieno di sé dopo che Nixon lo aveva pubblicamente citato come esempio del miglior black capitalism, si esibì nel gennaio del 1969 alla cerimonia d’insediamento del Presidente Nixon, cantando proprio “Say it loud, I’m Black and I’m proud”, evidenziando agli occhi ormai disillusi di molti militanti neri la vacuità dei contenuti rivoluzionari del brano.
Ed anche nella successiva campagna elettorale del 1972, James Brown, le cui innumerevoli attività imprenditoriali erano fiorite e si erano consolidate durante gli anni del primo mandato nixoniano, fu uno dei pochissimi personaggi dello spettacolo neri, con Sammy Davis Junior e Lionel Hampton, a sostenere la rielezione di Nixon.
Tutto ciò non fece altro che inasprire i sentimenti che una parte del mondo “Black and proud” nutriva nei suoi confronti: ed infatti, quando una sera del maggio del 1973 si stava esibendo nell’Apollo Theater di Harlem, fu letteralmente assalito da una folla che non si dimostrava certo bendisposta nei suoi confronti. Furono esposti degli striscioni recanti delle frasi che il suo orgoglio non poté reggere, “James Brown the Nixon’s Clown” e, addirittura, “Get that clown out of town”, cosicché fu costretto ad interrompere l’esibizione per dare quelle spiegazioni che la sua gente pretendeva ed, in un certo senso, meritava anche.

E disse: “Non puoi cambiare una casa dall’esterno, ma devi essere dentro la casa. E’ per questo che ho appoggiato Mister Nixon. Ho cercato di far entrare tutti noi in quella casa, ho cercato di fare pressioni sul Governo, ma non mi sono dimenticato di noi.”
Ora io non so come continuò la serata, se la folla ritenne sufficienti quelle parole e se dell’episodio è rimasto qualche eco all’interno della black community americana, ma quello che è certo è che James Brown, l’uomo più pieno di sé dello show business, quella sera dovette dare conto, forse per la prima volta in vita sua, a qualcuno di più grande di lui: la “soul people”.

martedì, febbraio 17, 2015

A.J. Weberman



Scavando nella storia del rock non è difficile imbattersi in storie improbabili, personaggi grotteschi, assurdi, pazzeschi.
A.J. WEBERMAN non ha difficoltà a concorrere al podio dei più bizzarri (e molesti).

Ossessionato da BOB DYLAN lo perseguitò per lungo tempo, arrivando a razzolare nella sua spazzatura per estrarne oggetti appartenuti al suo idolo (che, persa la pazienza, arrivò ad aggredirlo - vedi foto -). Weberman sosteneva che molte canzoni erano scritte da Dylan rivolgendosi direttamente a lui.
Recentemente si è reso protagonista di un'incessante opera di stalking nei confronti del figlio di Dylan, Jakob.
Nel 1975 scrisse anche un libro sulla colpevolezza della CIA nell'assassinio di JF Kennedy.

L'ossessione di Weberman lo ha però anche reso uno dei maggiori archivisti del materiale di Bob Dylan: migliaia di ore di registrazioni live, foto, articoli, interviste, oggettistica e memorabilia di tutti i tipi, bootleg, lettere autografe, fogli con testi manoscritti da Bob, copia della sua novella "Tarantula" (che vendeva fotocopiata ai fans).
C'è perfino un bootleg "AJ Weberman vs Bob Dylan" che riporta una telefonata (surreale) tra i due.
Weberman è stato più volte arrestato, i suoi siti sequestrati e su di lui pesano parecchie denunce di vario tipo.

I registi James Bluemel e Oliver Ralfeabout hanno realizzato un documentario sullo strano personaggio:

https://www.youtube.com/watch?v=ijS-qkpKvms
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