sabato, maggio 31, 2014

ALTRI CANTAUTORI - Misfatto e Gabriele Finotti



Altri Cantautori è una rubrica che si occupa di andare a pescare nel cantautorato italiano meno conosciuto, cercando di scoprire nomi di valore e di sicuro interesse, attraverso i loro nuovi dischi e le loro parole.

E’ una lunga storia quella dei Misfatto, band nata nella provincia di Piacenza alla fine degli anni 80 e passata attraverso una lunga serie di cambiamenti, sia di formazione che stilistici.
A tessere il filo conduttore del gruppo, l’anima del progetto, Gabriele Finotti, da sempre compositore e guida del complesso.
Partiti con un sound palesemente debitore al punk rock, i Misfatto si sono progressivamente evoluti (attraverso un buon numero di album) in un sound sempre più personale dove confluiscono rock classico, folate grunge e crossover (“Rosencrutz” affianca Soundgarden a Rage againtst the machine) , alcune lontane reminiscenze di avant punk (dalle parti degli Husker Du più melodici), pop dalle movenze a tratti epiche e sinfoniche.
“Heleonor Rosencrutz” (dall’elegante e curata confezione e dalla registrazione e produzione impeccabili) è ispirato dal romanzo firmato da Gabriele Finotti “La chiesa senza tetto, 35 sogni a Lisbona”, un giallo psichedelico e onirico dagli intrecci complessi, dove narrativa e poesia si uniscono in quella che sarebbe una perfetta e visionaria sceneggiatura per un appassionante film, tra misteri massonici, attualità, verità nascoste.

http://www.gabrielefinotti.it/

https://www.facebook.com/misfattoband?fref=ts

1
I Misfatto, di cui sei l’anima dal 1987, sono partiti con un sound molto essenziale e diretto talvolta vicino al punk per approdare nel corso di una lunga evoluzione a sonorità complesse e molto elaborate (che voi stessi denominate trip rock). Come è avvenuta artisticamente questa trasformazione.

I MISFATTO sono nati a suon di Ramones e Clash, ma la vena artistica negli anni si è evoluta verso un rock più anni 70, mantenendo comunque le liriche nella nostra difficile lingua italica. Siamo poi passati dalle voci vellutate del primo cantante Luigi Boledi, primi anni 90, a quelle più morbide di Alessandro Chiesa, ancora presente sul penultimo album UNDICI EROI MORTI 2011.
Ora il sound ruota attorno alla voce maschile grunge di Alberto Zucconi e alla voce femminile potente e raffinata di Melody Castellari.
In tutta questa evoluzione la mia creatività musicale ha subito delle evoluzioni attorno alle melodie delle canzoni stesse, che hanno conservato l’anima rock ed il viaggio profetico delle note(appunto Trip).
È inutile ma la musica in generale si concentra principalmente attorno alle voci e nel rock si possono creare comunque fraseggi musicali, belli o brutti che siano, che dalla nascita sono battezzati riff.

2
Tu sei un artista poliedrico che spazia dalla composizione musicale alla scrittura di libri e poesie, fino all’organizzazione di uno dei festival più longevi del nord Italia come OrzoRock (che si tiene dal 1996) e alla neonata costituzione della Orzorock Music.
Quanto è difficile operare in ambito artistico e musicale in Italia ?


Non si può dire che è facile.
Bisogna cercare di creare dei gruppi di persone che lavorano assieme, che siano band e per questo scambio date, che siano festival che collaborano fra loro almeno in promozione reciproca come stiamo facendo con Orzorock all’interno di CAROVANA dei festival, un insieme di festival e persone costituitosi nel 2013 per promuovere le proprie feste e le attività degli artisti protagonisti di queste.
Siamo gemellati infatti con Periferie (Ge) Lilith (Ge) Varigotti (Sv) Lanterne (To) Rock in Park (Legend club Milano) Eppur si muove (Isola serafini – PC) Roccalling (LT) e altri ancora.
Stanno venendo fuori buoni risultati e siamo stati già premiati al Mei di Faenza per questo.
Orzorock quest’anno sarà il 5 Luglio e avremo la prima compilation della manifestazione, Orzorock Seventeen, appunto 17 edizioni.
Comunque è tutto sempre molto difficile da realizzare.

3
Uno dei recenti album dei Misfatto, “Eleven dead horses” è stato stampato anche in vinile.
Credi che ci sia ancora spazio per la musica venduta su un supporto fisico (CD o vinile che sia) o siamo “condannati” irrimediabilmente alla musica “liquida” in mp3 ?


E' veramente dura.
Ad esempio il vinile è stata una grande soddisfazione personale, ma il giro dei vinili ruota attorno ai grandi classici o a nomi molto conosciuti.
Una risorsa per il supporto musicale fisico rimane il Live, dove la vendita diretta dopo un concerto rimane una risorsa.
Il futuro è sicuramente il web anche per le realtà più piccole e indipendenti, anche se il muro delle Major a cui vai a sbattere è ovunque, anche nella rete.

4
“Heleonor Rosencrutz” è il nuovo album dei Misfatto, i cui testi, composti da te, insieme alle musiche, condivise con altri componenti della band, sono ispirati al tuo libro “La chiesa senza tetto”.
Un progetto ad ampio respiro, ambizioso e complesso che personalmente ritengo il migliore della vostra lunga carriera.


E' un lavoro discografico completo.
La band è la migliore da quando esistono i Misfatto e tutti i componenti hanno lavorato in simbiosi, come un gruppo musicale unito e completo.
Il disco è poi vario, e grazie ai cambi di voce, di atmosfera e di crossover musicale risulta essere ascoltabile fino alla fine.
Il vero vanto infatti è di aver costruito un album secondo le più antiche tradizioni del rock, e non un insieme di canzoni accomunate solo da un titolo di copertina. I brani di Heleonor Rosencrutz si alternano nella giusta scioltezza, anche se il disco va riascoltato almeno 3 volte.
Infatti un album rock non può essere ascoltato una volta sola, poiché non sarebbe un album , ma un frullato di brani.
L’ideale poi sarebbe leggere il libro e ascoltare il disco…solo così puoi cogliere l’invisibile chiave di lettura del lungo viaggio psichedelico verso Lisbona.

5
Perchè, secondo te, il “rock” indie italiano di un certo livello, con poche eccezioni, ha un’età media che va ben oltre i 40 anni ?
Abbiamo perso una generazione ?


Questo è un argomento delicato e spinoso.
Hai ragione sembra che una generazione sia saltata, ma questo in Italia. La generazione attiva ora è quella che non ha avuto molto prima, per cui ci siamo saturati completamente. Ripeto il muro esiste e anche nell’ambiente indipendente ci sono i più influenti che tendono a collaborare poco con i più piccoli. Anche solo trovare booking disponibili a rischiare qualche data per gruppi di etichette discografiche più piccole è difficile, per cui siamo in ritardo coi tempi. Ma gli stessi politici hanno una media età molto elevata. Siamo tenuti sott’acqua e ogni tanto qualcuno prende una boccata d’aria. Si è poi perso il culto dell’ascolto, ed anche lo spostamento di interesse delle nuove generazioni verso il ballo e la musica più commerciale ha fatto inaridire l’interesse, e senza questo rimane l’indifferenza.
I Misfatto 2014 ad esempio sono un insieme di due diverse generazioni che hanno in comune la creatività compositiva, finché sarà possibile farlo e basterà ogni tanto prendere una boccata d’aria e qualche soddisfazione esisteranno…

6
Una lista di dischi che ti porteresti sulla classica isola deserta

GABY- Intanto Porterei il mio Pink Triangle su cui ascoltare dei vinili che ho già sottochiave
1.BORN TO RUN - Springsteen
2.MASTER OF PUPPETS - Metallica
3.TRUST US - Motorpsycho
4.SUPERUNKNOWN - Soundgarden
5.SIMPATHY FOR THE DEVIL Rolling Stones
6.SGT. PEPPER Beatles
7.HIGH VOLTAGE Ac-Dc
8.APPETITE FOR DISTRUCTION Guns & Roses
9.OK COMPUTER radiohead
10.NEVERMIND – Nirvana
Come 11 porterei ELEVEN DEAD HEROES dei Misfatto ….

venerdì, maggio 30, 2014

Maggio 2014. Il meglio



Corre veloce il 2014 e soon gig parecchi i nomi che potrebbero finire nella top 10 di fine anno: Damon Albarn, Sharon Jones and the Dap Kings, The ghost of a saber tooth tiger, Sleaford Mods, Bob Mould, Lisa and the Lips, Lake Street Dive, St.Paul & the Broken Bones, Hypnotic Eye, Quilt, Nick Pride and the Pimptones, Temples, Real Estate, Kelis, Stiff Little Fingers, Lee Fields Tra gli italiani guidano decisi Eugenio Finardi, Bologna Violenta, Gi Illuminati e Bastard Sons of Dioniso, poi No Strange, Jane J’s Clan, Link Quartet, Nada, Monkey Weather, Plastic man, Guignol, Confusional Quartet, Cremonini, Philos, Niggaradio

ASCOLTATO

STIFF LITTLE FINGERS - Going back home
Ritorno con rabbia, stile, eleganza a 11 di distanza dall’ultimo lavoro. Puro punk rock tinto di power pop per gli eroi di Belfast che sfoderano dodici brani convincenti, energici, freschi, diretti e carichi di elettricità (con “Full steam backwards” che sembra un’outtake di “Setting sons” dei Jam) con qualche tocco di reggae e una irish folk stupenda come “Guilty as sin”.
Ci sono convinzione, attitudine, ottimi brani e genuinità. Non un capolavoro ma un momento di assoluta sincerità e urgenza.

BOB MOULD - Beauty and ruin
Torna ad emozionare la sua voce, a travolgere il suo wall of sound chitarristico, a stupire la freschezza delle sue canzoni. Il nuovo album è bellissimo, diretto e senza fronzoli come sempre, con quelle melodie malinconiche, quel tono vocale fermo ma disperato, l'incedere ritmico serrato come nei migliori Husker Du. Grande Bob !

COOKIN 3 BURNERS - Blind bet
Australiani al secondo album, in cui infilano tanto funk, soul, rhythm and blues, blaxploitation (perfino un po' di surf e northern soul) e un paio di ospiti eccellenti come TEX PERKINS (dei Beats of Bourbon) e DANIEL MERRIWEATHER , Kylie Auldist dei Bamboos (altra ottima soul band aussie).
Ottimo lavoro, a tratti un po’ dispersivo, ma davvero ben fatto.

LEE FIELDS and the EXPRESSIONS - Emma Jean
Un salutare, solare, volo nel soul/gospel/blues più profondo tra echi di James Brown, Solomon Burke, tocchi funk e blaxploitation, blackness a profusione.
Album raffinato ed elegante, dal sapore forte e deciso. Ottimo.

THIRD COAST KINGS - West Grand boulevard
Al secondo album la band americana ripropone il miglior e più sporco Detroit black sound dei 60’s e 70’s. Niente Motown ma quel funk soul/Rhythm and blues, sporco, ruvido e cattivo, caro a Lee Dorsey, Meters, Mitch Ryder e al James Brown dei primi 70’s. I brani girano che è un piacere, grande groove e tecnica sopraffina.

BRIAN JONESTOWN MASSACRE - Revelation
Velvet Underground, gli Stones più psych e intossicati, i Modern Lovers e un bel tiro ipnotico e gracchiante ma allo stesso tempo raffinato. Un buon album, ben fatto e affascinante.

CONFUSIONAL QUARTET - Play Demetrio Stratos
Coraggioso e temerario progetto della storica band bolognese che utilizza alcune registrazioni vocali di Demetrio Stratos, storica voce degli Area, sperimentatore, avanguardista. per costruire un album che ne modernizza il messaggio senza tempo. Tutto intorno funk (no) wave impazzito, fusion estrema, sperimentazione, improvvisazione. Un album particolare, colto, insolito, unico.

COMPLESSO GLI ILLUMINATI - Lumen gentium
Il quartetto romano riprende la tradizione 60's del beat con testi a forte impostazione cristiano/cattolica con nessuna ironia o dissacrazione, ma un’impronta filologica e rispettosa, tra freakbeat, proto hard, accenni addirittura prog, ultimi Yardbirds, Creation. Album divertente ed eccellente.

STEFANO GIACCONE - Aria di festa
Cantautore da sempre sulla strada, dai Franti ai Kina, Environs, Howth Castle, Orsi Lucille, La Banda di Tirofisso a mille altre esperienze anche in ambito teatrale.
Il nuovo album “Aria di festa”, in chiave prevalentemente semi acustica, mantiene la rabbiosa urgenza di sempre pur se filtrata attraverso una poetica sempre più riflessiva.
Ma le parole, i concetti, rimangono pungenti, appartenenti ad una tradizione musicale colta e profonda, quella dei Woody Guthrie, dei De Andrè, dei Phil Ochs, ma che assimila elementi preziosi del cantautorato moderno, da PJHarvey a Nick Cave.

LAKE STREET DIVE - Bad self portraits
Dal Massachusetts il quartetto butta nel calderone soul, gospel, jazz, country, funk, blues con un gusto rurale particolarissimo e una voce femminile che riporta ad Amy Winehouse.
Album raffinato, divertente, gustosissimo.

LITTLE BARRIE - Shadow
Molto psych oriented (con non poche assonanze ai Kula Shaker, ai Cream e alle cose più dure del buon Weller con cui hanno spesso collaborato), brani dilatati, reminiscenze garage beat di sapore 60’s. Non male.

CESARE CREMONINI - Logico
Cremonini è, con Raphael Gualazzi e pochi altri, uno dei migliori autori POP italiani.
POP inteso come musica POPolare ad appannaggio di tutti, anche di coloro che abitualmente non masticano suoni particolari, che non chiedono originalità, ricerca, ma solo svago e gradevole accompagnamento.
E Cremonini svolge il compito in maniera eccellente, proponendo brani facili ma sempre intelligenti, colmi di citazioni “colte” e raffinate.
E il quinto album “Logico” lo conferma.

PHILOS - Interno 3
Al terzo album i toscani PHILOS (precedentemente attivi con il nome Philomankind e maggiormente orientati verso un sound di estrazione psichedelica 60’s) compiono un enorme balzo in avanti.
Prodotti da Vittorio De Scalzi dei New Trolls conservano l’approccio con melodie beatlesiane (irresistibile il beat di “Ambaradan”) ma a cui aggiungono un pizzico di prog e abbondanti dosi di pop tipicamente italiano e di canzone d’autore.
Un album delizioso.

HUMPTY DUMPTY - Dissipatio H.D.
Il cantautore messinese giunge all’ennesimo album di una lunghissima attività con un lavoro ipnotico, minimale, a base di un folk psichedelico, debitore a Robyn Hitchcock, il Syd Barrett solista, Steve Wynn, Peter Case.
Un album da riascoltare con attenzione, ricco di suggestioni e particolarità.

NIGGARADIO - ‘Na storia
Sound personalissimo per i siciliani Niggaradio che mischiano suggestioni della tradizione insulare con un torrido e rauco blues che pesca da John Lee Hooker a RL Burnside, passando attraverso funk e suggestioni alla Black Key, scacciapensieri, mandolino, dialetto siciliano.
Originalissimi, convincenti, duri e puri.

RADIO DAYS / RUBINOOS - split ep
I nostrani Radio Days che coverizzano i maestri del power bubblegum pop Rubinoos e viceversa oltre all’aggiunta di un inedito a testa.
Ed è puro divertimento, energia pulita, beat cristallino, melodie vocali beatlesiane.
Accoppiata vincente e singolo super in 1.000 copie in vinile.

NEIL YOUNG - A letter home
Registrato dal vivo/buona la prima in una cabina Voice-o-Graph risalente agli anni Quaranta nello studio di JACK WHITE. Con tutto il rispetto si sente da schifo, Neil suona alla cazzo e canta svogliato e il disco fa du' palle così….

ROBI ZONCA - To fill my soul
Un album molto raffinato (il quinto della carriera) che esplora quell’ambito soul funk molto pop che fu caro Earth Wind and Fire, Donald Fagen, Steely Dan, Stevie Wonder, l’ultimo Curtis Mayfield, Hall & Oates.

MISFATTO - Heleonor Rosencrutz
E’ una lunga storia quella dei Misfatto, band nata nella provincia di Piacenza alla fine degli anni 80 e passata attraverso una lunga serie di cambiamenti, sia di formazione che stilistici. A tessere il filo conduttore del gruppo, l’anima del progetto, Gabriele Finotti, da sempre compositore e guida del complesso.
Partiti con un sound palesemente debitore al punk rock, i Misfatto si sono progressivamente evoluti (attraverso un buon numero di album) in un sound sempre più personale dove confluiscono rock classico, folate grunge e crossover (“Rosencrutz” affianca Soundgarden a Rage againtst the machine) , alcune lontane reminiscenze di avant punk (dalle parti degli Husker Du più melodici), pop dalle movenze a tratti epiche e sinfoniche.

ASCOLTATO ANCHE
ECHO & the BUNNYMEN (discreto nuovo album senza entusiasmare) GEORGIE FAME/MADELEINE BELL (una buona soundtrack di un musical a base di jazz, blues, gospel. Tutto molto risaputo ma gradevolissimo e raffinato), ELI PAPERBOY REED (delude il nuovo album, abituati al dignitoso plastic soul precedente, Molta roba sintetica e poca ispirazione), EUSEBIO MARTINELLI and the GIPSY ABARTH ORKESTAR (musica tzigana, Kocani Orchestar, klezmer e patchanka per il trombettista di Capossela, negramaro e Mau Mau), CURTIS HARDING (un po’ di rock, di soul, di Lenny Kravitz, non malaccio), BADBADNOTGOOD (modern jazz dalle molteplici influenze, ottimo) LE BUTCHERETTES (dal Messico tra grunge, PJ Harvey, varie influenze "soniche", un tocco pop e glamorous e tanta energia.Interessanti davvero), HORRORS (pessimo, iper arrangiato, inutile. RIP), GASPARAZZO (reggae, ska ,combat folk e patchanka per il gruppo emiliano. Niente male) BAND BUNKER CLUB( inevitabile evitare di citare i prevedibili accostamenti a CCCP, Massimo Volume, Offlaga Disco Pax evidenti nella proposta della band astigiana), THESE FOOLISH TINGS( Da Pordenone alternano atmosfere plumbee a base di ballate semi acustiche di stampo brit a momento in cui le chitarre diventano protagoniste accompagnando melodie di sapore 60’s), CABRERA (da Modena all’esordio in pieno mood post hardcore e con frequenti rimandi al post rock, ai Mars Volta, Fugazi e Gazebo Penguins), MAJAKOVICH (Da Terni un sound granitico che pesca dal miglior emo core (At the drive in, Get Up kids) ma anche da esperienze più mainstream come i Foo Fighters), VOSTOK (chiaro stampo post grunge in cui convergono frequenti rimandi ai primi Foo Fighters, Pearl Jam e ai Queens of the Stone Age).

LETTO

JOHN KING - Skinheads
Un ottimo libro. Trama esile e storiella a lieto fine ma è importante e riuscita la collocazione in ambito skinhead, con competenza, nessun consueto strafalcione, esattezza nelle citazioni e nella descrizione di gusti, abiti, attitudine. Un sentito omaggio ad una delle culture più inglesi in assoluto.

PRIMO LEVI - Se questo è un uomo
SHLOMO VENEZIA - Sonderkommando Auschwitz

Una visita ad Auschwitz ha necessitato di un approfondimento in tempo reale di quanto accaduto.
Primo Levi nel suo celebre capolavoro ci restituisce una visione “fredda”, distaccata, volutamente una testimonianza a fini di studio del “laboratorio sociale” che fu la “soluzione finale”. La scrittura è elegante, colta, raffinata, aulica, i rimandi all’Inferno dantesco, i tratti poetici del libro sono una mirabile opera di rara maestrìa.
Il distacco quasi glaciale con cui non giudica mai i carnefici rende il drammatico e spietato racconto ancora più efficace e tremendo.
Mai quanto però le parole di Shlomo Venezia, tra i rarissimi superstiti dei Sonderkommando, i prigionieri costretti a svuotare le camere a gas da centinaia di corpi dopo la gasazione, tagliar loro i capelli (riutilizzati per materiale tessile) e togliere i denti d’oro, a loro volta, dopo poco, eliminati per non lasciare scomodi testimoni.
Il racconto di Venezia è crudelissimo e realistico e a tratti insopportabile tale è la crudezza degli episodi e l’orrore delle (inimmaginabili) circostanze.
Un libro DOLOROSO tanto quanto lo è una visita ad Auschwitz e Birkenau.

DANIELE PALETTA - Stelle deboli - La storia di Sid Vicious e Nancy Spungen
Un veloce e agile excursus sulla breve e tormentatissima vita di Sid e Nancy, spogliata dell’aura mitologica che ha sempre accompagnato la coppia “maledetta del punk”.
Una storia in realtà squallida e tristissima, finita nel peggiore dei modi (apparentemente nell’unica maniera possibile, considerati i soggetti).
Spietati i giudizi degli ex amici (da John Lydon a Chrissie Hynde).

GABRIELE FINOTTI - La chiesa senza tetto, 35 sogni a Lisbona Un romanzo giallo, psichedelico e onirico, dagli intrecci complessi, dove narrativa e poesia si uniscono in quella che sarebbe una perfetta e visionaria sceneggiatura per un appassionante film, tra misteri massonici, attualità, verità nascoste.



COSE & SUONI

Lilith and the Sinnersaints
Nuove date in giro per la penisola qui:
Venerdì 06 giugno: Genova “Lilith Festival” con Lene Lovich, Piazza De Ferrari
Martedì 29 luglio : La Spezia “Boss Festival” con Lisa and the Lips (ex Bellrays)
Da confermare : Pavia (luglio), Piacenza (settembre)

www.lilithandthesinnersaints.com
https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints

Mie recensioni su www.radiocoop.it

IN CANTIERE

Finalmente vedrà la luce anche quello su Paul Weller, in autunno, per VoloLibero scritto SOLO dal sottoscritto.

In occasione dei Mondiali in Brasile sarà disponibile un’appendice gratuita a “Rock n Goal” del sottoscritto e Alberto Galletti, dedicata a musica e Mondiali.

In preparazione un libro sul Festival Tendenze che giunge quest’anno alla 20° edizione.

Venerdì 6 giugno ore 18: presentazione “Statuto/30” presso “Modern Groove” via Luccoli 62R

Presentazione libro "Rock’n’Goal. Calcio e musica. Passioni Pop con Alberto Galletti
Sabato 7 giugno alle ore 17.30
Libreria.coop Aquilone a Genova

giovedì, maggio 29, 2014

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.

AL GREEN- Gets next to you
Terzo poderoso album del grande AL Green, del 1971.
Vi si fondono funk, soul, blues, gospel, l’immensa voce di Al, uno stile e una perfezione di un black sound raramente riscontrabile altrove.
A partire dalla potentissima title track, cover dei Temptations, al rifacimento, peraltro stupendo, di un blues di Roosevelt Sykes del 1936 (già ripreso da Junior Parker e BBKing), “Driving wheel” in versione tiratissima funk soul e del classico dei Doors “Light my fire” (versione un po’ anonima).
A brillare son oanche e soprattutto i brani a sua firma, di un’eleganza, raffinatezza e forza inimitabili, intris idi funk e soul come “You say it”, “All because” , “Right now right now” o “Tired to being alone” dal forte sapore Otis Redding.

ANN PEEBLES - Part time love Notevole il secondo album del 1971 della grande voce soul di Ann Peebles.
Album uscito per la Hi Records (quella di Al Green e Willie Mitchell), con i Memphis Horns ai fiati e la backing band dell’etichetta la grande Hi Rhythm Section dei fratelli Hodges.
Stupenda la versione del classico “It’s your thing” ma rilucono la title track in pieno Aretha style il funk di “I’ll get along”, l’elegante R&B di “Generation gap between”, l’eleganza northern soul di “Make me yours”.

GAETANO LIGUORI - La cantata rossa per Tall El Zaatar
All’alba del 12 agosto 1976, i miliziani fascisti della Falange, delle Tigri del Libano e i kataebisti cristiano-maroniti, penetrati nel campo profughi palestinese di Tall El Zaaatar trucidano senza misericordia gli scampati all’assedio che sono usciti dai rifugi per organizzare il trasporto dei feriti. Alla fine si conteranno 3.000 morti.
Il jazzista Gaetano Liguori " e Giulio Stocchi (poeta-operaio, autore dei versi) l’anno successivo celebrano la tragedia del popolo palestinese, ricordando la strage del 1976 con un album durissimo, difficile, dove free jazz e improvvisazione, poesia e musica dalle inflessione talvolta addirittura classiche si intrecciano e regalano un episodio importante per il jazz (e non solo) italiano. Vertice del disco “Amna”, quasi otto, terribili, minuti con la voce di DEMETRI O STRATOS che come sempre compie miracoli.

DEMETRIO STRATOS, PAOLO TOFANI, MAURO PAGANI - Rock n roll exhibition
Registrazione di uno spettacolo estemporaneo che nel 1979 Stratos (voce e piano) , Tofani (chitarra) e Pagani (violino e armonica), con l’aiuto di eccellenze dello strumento come Walter Calloni alla batteria Paolo Donnarumma e Stefano Cerri al basso, improvvisarono o quasi (come ammette lo stesso Stratos nella registrazione, approssimativa) su una serie di classici rock n roll e blues incisi tra il 1955 e il 1961.
Scorrono veloci “Hound dog”, “Mean woman blues”, 2Long tall Sally”, una versione interminabile di “Boom boom” di John Lee Hooker, “Barefootin”.
Il gruppo sembra divertirsi molto, l’ascoltatore un po’ meno ma alla fine è un discreto documento storico.

mercoledì, maggio 28, 2014

Storie di Brasile e Mondiali



La consueta rubrica ASPETTANDO IL MONDIALE che ogni settimana propone un racconto o una storia relativa all'appuntamento quadriennale che si svolgerà quest'anno in Brasile si occupa oggi di due grandi del passato CARIOCA, RIVELINO e JOAO SALDANHA.
A cura di ALBERTO GALLETTI

Qui le altre puntate:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Aspettando%20il%20Mondiale


Due sentiti omaggi al Brasile e alla sua storia calcistica, non sono mai stato un loro cultore, ma ammiratore, a tratti, questo si.
Due figure inconsuete, non le solite quando si parla di iconografia classica del calcio brasiliano, beh forse Rivelino si ma non importa.

Roberto Rivelino

Giocatore di calcio a 5, Rivelino arriva al calcio relativamente tardi.
Nella finale giovanile dello stato di S.Paolo del 1962, gioca per il Banespa contro il Palmeiras, la squadra per la quale è tifosissimo (come tutta la sua famiglia di origine italiana, Molise) , la prestazione è così spettacolare che uno dei dirigenti del Palmeiras a fine gara gli offre un provino, Roberto accetta e passa i primi due provini, ma al terzo mentre insieme ad altri giovani aspiranti aspetta di entrare in campo, l’allenatore Mario Travaglini gli dice che non ci sarà nessun allenamento per loro ‘potete anche restare cambiati se volete’, liquidati su due piedi.
Convinto delle sue grandi doti calcistiche, il 16enne Rivelino se ne va, pochi mesi dopo viene ammesso al settore giovanile del Corinthians, gli eterni rivali.
Tecnicamente di un livello superiore ai coetanei,viene accudito e allevato con le migliori attenzioni da parte dei bianco-neri paulisti, Rivelino sarà uno dei giocatori più forti, se non il più forte di sempre a vestire la maglia del glorioso Timao.
Un giorno dirà ‘Il Corinthians mi ha accolto a braccia aperte e mi ha dato la possibilità di ottenere tutto ciò che ho ottenuto nella vita, è stata la mia seconda casa.
Ma non saranno rose e fiori fino alla fine, vedremo poi.

Esordisce in nazionale nel 1965, diventerà un convocato fisso della Selecao dal 1968, la sovrabbondanza di numeri 10 venne sfruttata dal CT in modo opposto a quello abituale:
anziché sceglierne uno li schierò tutti, Jairzinho e Rivelino sulle ali (n.7 e 11 rispettivamente), Gerson e Pelè interni con l’8 e il 10 e Tostao finto-centravanti col n.9, ne risulta una delle squadre migliori, se non la migliore che abbia mai partecipato ad un mondiale.
Rivelino realizza tre reti, tra cui una terrificante bomba su punizione ai Cechi poi uno al Perù, partita nella quale si produsse anche in un grande display di giocate e passaggi e poi all’Uruguay in semifinale, è la sua consacrazione, tutto il suo repertorio tecnico viene mostrato in mondovisione, insieme ai suoi leggendari baffoni .

 Sarà protagonista anche del mondiale del 74 dove il Brasile chiuderà 4° superato dalla forza atletica (e dalle botte) delle emergenti europee Olanda e Polonia, ma nella semifinale di Dortmund è uno dei pochi a non perdere completamente la testa e a provare di rimettere in piedi il risultato, chiude comunque con tre reti all’attivo.
Giocherà il suo terzo mondiale in Argentina dove perderà il posto dopo la prima partita, rientrerà a risultato acquisito nel 3-1 sulla Polonia e contro l’Italia dove ancora entrando dalla panchina giocherà molto bene contribuendo alla rimonta finale.
A livello di club rimase legato al Corinthians, ma l’ossessione del club per la mancanza del titolo paulista che non arrivava dal 1954 e non fu mai vinto durante la sua permanenza al club, portò a dissapori tra il giocatore e parte della dirigenza e della tifoseria che culminò con la devastante finale del 1974 0-1 ad opera del Palmeiras, la delusione fu tale che Rivelino lasciò lo stadio a piedi e se ne tornò a casa, additato da parte della tifoseria come responsabile dell’ennesimo fallimento, fu ceduto al Fluminense, dove conquistò due titoli consecutivi di Rio nel 1975 e 1976 quast’ultimo sotto la guida di Mario Travaglini, l’uomo che 14 anni prima troncò sul nascere i suoi sogni di gloria col Palmeiras.
E’stato un giocatore di enorme valore, il suo stile di dribbling il famoso elastico o flip-flap direbbero gli inglesi copiato da giocatori attuali ne è la prova, ed è forse la sua caratteristica più nota insieme ad un tiro al fulmicotone e ad una precisione millimetrica nei passaggi a qualsiasi distanza a qualsiasi velocità , ma la sua finta che lui ha sempre definito sorridendo sotto i baffoni ‘balança’ mi ha sempre fatto impazzire unitamente alla pausa di qualche secondo susseguente al controllo di palla.
Era anche straordinariamente veloce nel pensiero/esecuzione, una volta al calcio di inizio si accorse che il portiere avversario non aveva ancora finito la preghiera pre-partita, tirò in porta da centrocampo segnando uno dei gol più veloci e clamorosi nella storia del calcio.
Disse di lui Diego Maradona
‘Quando ero un ragazzino quardavo sempre il Brasile giocare, ma non mi importava di Pelè, guardavo Rivelino sull’altro lato del campo. Era tutto ciò che avrei voluto essere da calciatore. Il suo dribbling era perfetto, i suoi passaggi millimetrici, sempre giusti, i suoi tiri imprendibili, e tutto col sinistro, per me è stato il massimo’
.

Joao Saldanha

Saldanha è stato una delle figure più carismatiche e meno celebrate, perlomeno all’estero, prodotte dal calcio brasiliano in oltre un secolo di pedate.
Nato nel 1917 nello stato di Rio Grande do Sul da una famiglia di fazenderos, a sei anni contrabbandava armi nascoste sotto il grembiule della scuola al confine tra Brasile e Paraguay, trasferitosi a Rio de Janeiro all’età di quattordici anni , a 18 si iscrisse alla facoltà di legge,entrò nelle giovanili del Botafogo e si iscrisse al partito comunista brasiliano, nel quale militò tutta la vita approfitta dei tornei all’estero dei bianconeri per raccogliere fondi per i compagni in esilio e diffondere, con scarso successo, dossier sulla situazione brasiliana in Europa, fu anche un grande giocatore di pallacanestro oltre che apprendista notaio prima di diventare giornalista, nelle cui vesti seguì come inviato lo sbarco in Normandia e la Grande Marcia di Mao Zedong, ma soprattutto CT del Brasile dal 1968 al 1970 un biennio contraddistinto da un’incredibile concentrazione di avvenimenti, destinato a diventare il più importante nella storia del calcio brasiliano.
La sua vita è un romanzo, romanzato da egli stesso che soleva far proprie le storie in cui si imbatteva quotidianamente, fumava 4 pacchetti di sigarette al giorno, beveva parecchio e amava il samba (fu direttore di una scuola di ballo) e le donne, affermava di aver visto tutte le partite dei mondiali dal 1934 in poi (fino al 1990 dove morì poco dopo aver assistito alla semifinale Italia-Argentina), ironia della sorte sempre in Italia.

La sua carriera da calciatore finisce nel '39 per un infortunio alla caviglia ma resta al Botafogo come interprete per l'allenatore uruguaiano Vieira e ricomincia a viaggiare, torna in Brasile dove il PCB è uscito dalla clandestinità, inizia a scrivere su Fohla do Povo e diventa responsabile culturale dell'Unione della gioventù comunista.
La polizia lo inserisce nella lista nera e lo arresta per la prima volta nel '47 al termine di un comizio.
Il Botafogo gli viene in soccorso, offrendogli il ruolo di direttore tecnico del club ma al Congresso brasiliano per la pace, il capo della polizia fa irruzione nella sala e João lo prende a sediate.
Scoppia il finimondo, spari da tutte le parti, un proiettile s'infila nel polmone destro di Saldanha.
Viene mandato a organizzare la lotta del sindacato a San Paolo, poi alla Scuola quadri di Praga, infine a Pechino dove si fa fotografare con Mao, è inviato di guerra in Corea, guida la guerriglia dei contadini nel Paranà.
Coordina lo sciopero dei 300mila di San Paolo, ammira l'Ungheria di Puskas in Svizzera.
Nel '57 gli affidano la panchina del Botafogo e vince il campionato carioca con Garrincha, Didì e Nilton Santos in squadra.
Si stanca presto della panchina e nel 60 passa a Radio Nacional come commentatore tecnico, in una radiocronaca del 1964 dal Maracanà denuncerà il colpo di stato militare,deve scappare per un po, rientra dopo il 1966 in tempo per prendere a revolverate il portiere del Botafogo accusato di aver venduto la finale di campionato, continua la sua carriera di giornalista.

Lo stato in cui versava la conduzione della nazionale brasiliana con il CT in ostaggio dei grossi club che gli imponevano di convocare questo o quel giocatore, fece si che a gennaio del 1969 Joao Havelange, al tempo presidente della CBF si rivolse a Joao Saldanha , suo aspro critico ogni qualvolta il caso lo richiedeva.
Havelange, legato alla dittatura militare, conosceva bene le convinzioni staliniste di Saldanha ma lo stimava troppo come esperto di calcio, e gli chiese di diventare CT, Saldanha accettò.
Il giorno della presentazione fu tutto un programma, lasciò la redazione del giornale, non avendo rivelato a nessuno la sua nomina.
Ad un collega che gli chiese dove se ne stesse andando così in anticipo rispose ‘Alla presentazione del nuovo CT del Brasile’ , ‘Sai chi è?’ gli chiese l’altro, ‘No’ fu la risposta.

 Appena dopo esser stato presentato da Havelange come nuovo CT, Saldanha estrae un foglio dalla tasca prende posto al centro del tavolo presidenziale, e annuncia ‘ Questi sono gli undici titolari e le undici riserve per il mondiale che si terrà in Messico tra due anni, lesse i nomi, lasciando tutti gli intervenuti sgomenti.
Esplose un bomba mediatica senza precedenti, col sollievo di Havelange contento di essersi tolto di dosso la pressione ora che i giornalisti avevano a che fare con uno di loro.
Impostò la squadra con un modulo 4-2-4, era convinto che tutti e cinque i migliori numeri dieci del Brasile avrebbero dovuto (e non potuto) giocare insieme.
Affrontò così il girone di qualificazione, vinse tutte e sei le partite del girone con 23 gol fatti e solo 2 subiti, nell’ultima partita, decisiva, al Maracanà contro il Paraguay assistettero ben 183.341 spettatori, in estasi per lo strapotere della Seleçao.

Saldanha è al culmine della popolarità, il consenso tra i tifosi è altissimo, nel 1969 il Brasile giocherà ancora una serie di amichevoli tutte vinte, tra le quali un 2-1 ai campioni del mondo inglesi in un Maracanà gremito ancora una volta da oltre 180.000 persone in visibilio.
La squadra è inarrestabile, a chi gli chiede del centrocampo a due risponde che ‘quattro uomini in linea vanno bene solo nelle parate militari’, tutto questo successo gli vale però l’invidia, il livore e le critiche dell’allenatore del Flamengo che affronterà vis a vis con la rivoltella in mano.
Viene invitato in Europa dal CT inglese Ramsey, partecipa ad una trasmissione in Germania dove provoca il finimondo rispondendo a chi gli chiedeva lumi sul massacro degli indios in Amazzonia ‘In 469 di storia in Brasile abbiamo fatto fuori meno gente che le vostre truppe in 10 minuti di una qualsiasi delle guerre che avete provocato.’
Nello studio della BBC ce ne fu anche per gli inglesi seppur in maniera più morbida.
All’inizio del 1970 cominciano i guai, il presidente Medici, impegnato nella repressione degli studenti che chiedevano più libertà ,viene informato che la Seleçao è in mano ad un sovversivo bolscevico, incarica Coutinho (che sarà poi CT nel 1978) ai tempi capitano dell’esercito di riferirgli sull’ambiente della nazionale, Saldanha ha i giorni contati, le sue affermazioni sulla superiorità fisico-tecnica dei calciatori meticci rispetto ai bianchi cominciarono a stridere nelle orecchie dei militari, insieme ad altre sue popolari sparate, finchè in occasione di un incontro Tv ad un giornalista che gli chiedeva in merito alla dichiarazione del presidente Medici che caldeggiava la convocazione di Dario del Atletico Mineiro rispose ‘ Il presidente scelga i ministri cha alle cose serie ci penso io’.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso, convocato da Havelange il 17 marzo 1970 a due mesi dall’inizio del mondiale venne esonerato, per volere del dittatore in persona,al suo posto Zagallo, che come prima mossa convocò Dario, ma che non schierò mai in campo durante il torneo che vide la vittoria del Brasile universalmente acclamata come uno dei punti più alti mai toccati da una squadra di calcio, gli undici titolari furono naturalmente gli undici del foglietto di Saldanha di due anni prima.

Titolari: 
1 FELIX; 4 CARLOS ALBERTO (cap.), 16 EVERALDO; 5 CLODOALDO, 2 BRITO, 3 WILSON PIAZZA; 7 JAIRZINHO, 8 GÉRSON, 9 TOSTÃO, 10 PELÉ, 11 RIVELINO. 

Riserve: 
12 ADO (p), 22 LEÃO (p); 6 MARCO ANTONIO, 13 ROBERTO, 14 BALDOCHI, 15 FONTANA, 17 JOEL CAMARGO, 18 PAULO CÉSAR, 19 EDU, 20 DARIO, 21 ZÉ MARIA.

Dietro le motivazioni ufficiali dell’esonero circa la sua condotta personale, ci furono quelle vere di eliminare un avversario politico che avrebbe usato il potere mediatico del mondiale per denunciare la dittatura e cercare di rovesciarla, egli stesso ebbe a dire a riguardo ‘ Il motivo del mio esonero è chiarissimo, da capire resta il fatto di come mai fui assunto’.
Conserva l’invidiabile record di 12 vittorie su 12 partite alla guida del Brasile e la gratitudine degli appassionati per aver creato una delle più forti compagini di sempre, non allenò mai ai mondiali.

Naturalmente il Brasile in termini calcistici è molto più di questo, ma Rivelino è stato uno dei più grandi di sempre, stessa cosa dicasi per la squadra del 70, Saldanha è l’uomo che li lega.
Non si possono non citare (in ordine sparso) Pele, Zico, Garrincha, il Maracanà, il Flamengo, Carlos Alberto, Ronaldo, Didì e Vavà, il Santos, Dunga e Cafù il Corinthians il Gremio lo Stadio Morumbi, Roberto Dinamite, Careca, il Botafogo, il Palmeiras,Socrates il gol di Ghiggia e i 5 mondiali vinti , la democrazia corinthiana, Cerezo, Dirceu, Nelinho, Leonidas, Feola, Friaca, Bele un mucchio di altri, ma certo la squadra del 70 occupa un posto ben preciso nella storia del calcio mondiale.

martedì, maggio 27, 2014

Intervista a Stefano Giaccone



Dopo FEDERICO FIUMANI dei DIAFRAMMA, al giornalista FEDERICO GUGLIELMI, ad OSKAR GIAMMARINARO, cantante e anima degli STATUTO, al presidente dell'Associazione Audiocoop GIORDANO SANGIORGI, a JOE STRUMMER, a MARINO SEVERINI dei GANG, a UMBERTO PALAZZO dei SANTO NIENTE, LUCA RE dei SICK ROSE, LUCA GIOVANARDI e NICOLA CALEFFI dei JULIE'S HAIRCUT, GIANCARLO ONORATO, LILITH di LILITH AND THE SINNERSAINTS, a Lorenzo Moretti, chitarrista e compositore dei GIUDA, il giornalista MASSIMO COTTO, a FAY HALLAM, SALVATORE URSUS D'URSO dei NO STRANGE, CESARE BASILE, MORENO SPIROGI degli AVVOLTOI, FERRUCCIO QUERCETTI dei CUT, RAPHAEL GUALAZZI, NADA, PAOLO APOLLO NEGRI, DOME LA MUERTE, STEVE WHITE, batterista eccelso già con Style Council, Paul Weller, Oasis, Who, Jon Lord, Trio Valore, il bassista DAMON MINCHELLA, già con Paul Weller e Ocean Colour Scene, di nuovo alla corte di Paul Weller con STEVE CRADOCK, fedele chitarrista di Paul, oggi è la volta di STEFANO GIACCONE di cui già abbiamo parlato in sede di recensione lo scorso sabato: http://tonyface.blogspot.it/2014/05/altri-cantautori-stefano-giaccone.html

Le precedenti interviste sono qua:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Le%20interviste

Stefano ha preferito rispondere cumulativamente alle varie domande ovvero queste:

1
Hai alle spalle una lunga carriera. Cosa e quanto è cambiato in tutti questi anni nella scena italiana (musicisti, etichette, locali, promoters) ?

2
Ce la si fa a vivere di musica in Italia ?
Che differenze noti con le varie situazioni estere che hai avuto modo di sperimentare ?

3
Cosa pensi del fatto che in una situazione sociale così precaria come la nostra siano così pochi i gruppi e artisti nuovi a parlarne, in un paese in un cui la canzone “politica” ha sempre avuto terreno fertile (da Guccini a Lolli, da Area e Stormy Six all’HC e hip hop a MCR, Statuto, Assalti Frontali etc)
?

Risposta cumulativa per domanda 1) 2) e 3):

La musica POPular, in Italia, non ha avuto che uno sviluppo molto limitato. La grande centrifuga del mondo capitalistico americano ha prodotto il rhythm ‘ n’blues, il rock n roll, e altri “mondi” sonori/di immagine e di comportamento. Da noi questi “mondi” sono derivati da realtà sociali e sonore molto diverse.
Per capire il Rock proveniente dalla realtà che lo ha sputato fuori, ovvero il mondo anglosassone, bisogna secondo me guardare i filmati in b/n dei concerti di Elvis, del 56, 57, quelli all’aperto. Ma senza il sonoro. Guardare i volti delle ragazze, dei poliziotti ai lati del palco, dei ragazzi con le camicie a righe che non sanno bene cosa fare.
E poi guardare Elvis, un ragazzone che spinge la chitarra con il bacino, non la suona (non ha mai veramente imparato), la spinge, la punge, la batte.
Non è erotico, che è solo la versione piccolo borghese della pornografia: al contrario Elvis è il Sesso, il vero motore, il centro dell’esistenza umana.

Come per i nostri contadini fin dentro il ‘700 (schiavizzati da Chiesa e Rivoluzione Industriale) e gli Africani schiavizzati dalla Chiesa e dal Nuovo Impero Elettr(on)ico, L’Amerika, il Sesso si fa tutti insieme e in pubblico. Ascoltando John Lee Hooker o in piazza della Bastiglia. Le ragazzine urlanti o i giovani (neri e bianchi) non vogliono scopare con Elvis o con Keith Richards o con Billie Holiday; nella Chiesa Battista del Mississippi o al concerto Soul, nessuno vuole scopare Aretha Franklin (figlia di un Reverendo) o fratello Marvin o Sam o James: è una azione sonora/visiva/emozionale che riporta al centro dell’Essere Qui e Adesso, il Sesso.
Il movimento del bacino e il sudore, la bocca e le mani. Quel “pubblico” sta scopando con Elvis e con tutti gli Elvis che ha attorno, incluso l’Elvis e la Billie che abbiamo dentro.
O, meglio, che avevamo dentro.
Elvis è Il suo strumento ovvero l’asta del microfono, è il microfono. Elvis balla il rock n roll.
Elvis è il rock n roll come Jello e Joe sono il Punk. Oltre la dimensione del suono e della tecnica. T Bone Walker forse porta l’elettricità nel Blues ma la gente ricorda Chuck Berry, perché è quello il gesto/suono/mondo che scaturisce lì davanti ai loro occhi. Michael Jackson è circo, Iggy Pop è circo. Madonna è circo. Non c’è niente che mi piaccia di più che andare al Circo, sia chiaro. Ma non è Rock n Roll.
Il Rock sta nelle copertine di Electric Ladyland e di Blind Faith. Ambedue censurate. La borghesia sa cosa “ci fa pensare male”.

La POPular Music dà una forma al business della Musica, dalla sala concerti, alla strumentazione, ai contratti discografici e le esibizioni live. La grafica, la promozione: l’immaginario. Crea un modo di stare per il pubblico, sempre meno “pubblico” e sempre più Idrogeno, componente necessario quanto l’Ossigeno (l’Artista), per formare H2O, l’acqua. Da noi questo non succede e l’intero “mondo” della POPular music (di cui il ROCK è stato un momento, ora superato, di materializzazione) è rimasto una sovrastruttura, una navicella aliena che ci è arrivata addosso insieme ai Liberatori Yankee della 5a Armata. Non me ne dispiace. Del resto che senso avrebbe?
Bisogna fare con quello che si ha e qui in Italia, di musica e di cultura POPOLARE ce n’era una MONTAGNA.
Che è franata da qualche decennio. Woody Guthrie balla con Elvis e con Joe Strummer.
Da noi Modugno e Totò (non a caso sodali di Pasolini), Luigi Tenco e Ivan Della Mea, Demetrio e Lalli sono Elvis.
Ma generazione dopo generazione, critici musicali, musicisti, organizzatori, sono cresciuti nell’illusione di Happy Days e di Woodstock. Il luogo vero dell’incontro/scontro della POPular Music, ovvero il famoso caso Newport: Bob Dylan/Pete Seeger da noi non è avvenuto perché non è mai esistito quel “mondo”. Che piaccia o meno, noi siamo ancora e sempre Sanremo. Sappiamo tutto di tossicodipendenti dal talento rimasto irrisolto (sono morti ventenni) tipo Kurt Cobain o Ami Winehouse ma chiedi in giro a giornalisti, musicisti e organizzatori chi sono Giovanna Marini, Caterina Bueno, Rosa Balistreri o anche Luigi Nono e Ignazio Buttitta, Sergio Endrigo e Piero Ciampi, Luciano Berio, Giacomo Puccini, Daniele Sepe o GiacomoSferlazzo.
Un mondo che non “agisce” più nella nostra pancia. La cultura popolare è viva in luoghi lontani dall’Italietta-perif ia-di-New York: in Irlanda, Sud America e in Sardegna. Noi “suoniamo” i Rolling Stones: in qualsiasi pub sfigato in UK invece sono i Rolling Stone (chiunque li interpreti in quel momento) che ”suonano” il Mondo.
Ma tutto questo è già superato, consoliamoci. Il Rock è finito nelle Academy Televisive dove ex giovani con i tatoo in bella mostra abbracciano ex mogli di suicidi, su cui hanno riversato veleno per due decenni. La Televisione ha ucciso il Sesso. Quindi bye bye rock’n’roll. Ultime grida dalla Savana della Musica? Il Punk, non ho alcun dubbio. Disperatamente abbracciati o schiacciati nel mosh sottopalco. Guardate Ian Curtis, senza sonoro, cantare con Joy Division. Poi guardate di nuovo Elvis. L’alfa e l’omega, ma sono certo che ovunque quei due siano andati a finire, si capiscono. E’ lo stesso mondo.
Franti viene da un mondo Popolare (Hard Core Folk), non per una questione di “Italianità” (patriota per me fa sempre rima con idiota) ma perché è il latte (buono, a volte squisito) che abbiamo bevuto. Non esiste, qui da noi, nulla che ricordi il “mondo” del Rock come componente storica, organizzativa, di business, come in UK oppure, of course, in USA. Franti era fuori dal coro nell’epoca del “Rock Italiano cantato in Italiano” (che mi ha sempre ricordato quegli enti inutili come la “Cassa del Mezzogiorno”) ed è fuori oggi, nello scomparire della Musica come momento centrale della Vita Individuale.
Da ragazzo la sera che a Sanremo cantava Claudio Villa, io mi picchiavo (quasi letteralmente) con mio padre, alzando il volume al massimo per ascoltarmi “Some velvet morning” dei Vanilla Fudge o fantasticare sulla minigonna di Mary Hopkins. Oggi ci si raduna per ascoltare micro-star del Rock Italiano fare il verso ai Coldplay.
Che cosa pretendiamo da ARCI, Assessorati, Riviste, Impresari, Case Discografiche (più che Case, la camera da letto di un pazzo che butta via soldi e sonno)? Cosa possiamo intravedere se la Musica per circolare deve andare in TV, quindi diventare, d’amblè, Merda?
Esistono oggi forse 20 situazioni di locali, piccoli gruppi di compagni/appassionati, fanzine digitali, piccole etichette, singoli musicisti, 20 fortini che ancora “vivono” la loro vita dentro la “Musica”.
Bisognerebbe farci un monumento, anche se poi vale sempre ricordare “butta la tua statua giù”, per dirla con gli Area!
Elvis scaraventava nel Mondo del capitalismo post bellico il Rock n Roll, come suono di Milioni e milioni di giovani annoiati, sfiduciati, scansafatiche (giustamente) creando un enorme mercato economico, dove la Musica era al centro, era il volano. Oggi il mercato dei giovani c’è sempre ma al centro non c’è più la Musica. E con la merda che circola come dargli torto….

Ernesto Assante mi pare, qualche anno fa, notava come il “popolo di Seattle” (quindi tutto il movimento verde, no global, no tav, ecc ecc) non abbia prodotto un Bob Dylan o anche, come qui da noi, una Locomotiva. La musica non è più centrale per un movimento che, a sua volta, non è centrale nel mondo giovanile.
Il solo “fenomeno” sonoro socialmente orizzontale come penetrazione e attenzione è stato l’Hip Hop, il Rap.
Che infatti nasce da un fiume di parole e dove la Musica, il creare un nuovo Sound, è quasi assente (c’è il buon vecchio Sesso del Funk, get-appa-im-a-sexmachina… e il ri-utilizzo di loops e samples dal Jazz, o drum beats, ma la musica non è più al centro, lo sono le parole e le catenine d’oro).
Niente avviene da un giorno all’altro, nemmeno la Creazione. Ci sono stati infatti uomini di musica geniali e (disperatamente) innovatori, anello di congiunzione con il Blues, il Jazz e il Funky: Gil Scott-Heron, Taj Mahal, Albert Ayler e qualcun altro. Senza socialità non si crea cultura, né tanto meno contro-cultura. Quindi cantare “di politica” oggi è un esercizio di stile, mentre una volta era (illusorio o meno che fosse) il suono della Rivoluzione in arrivo. “Musica Ribelle” di Finardi per me vale Phil Ochs o Ivan Della Mea, mentre Modena City Ramblers o CCCP valgono il loro tempo, ovvero, come rottura rivoluzionaria SONORA, zero spaccato.

I classici album da isola deserta e quelli che consiglieresti per conoscere meglio l’opera di Stefano Giaccone.

5) (risposta che contempla unicamente Musica ROCK o POP e prescinde da amici e compagni che ovviamente, oltre ai loro CD e dischetti, porterei con me armi e bagagli!) I dischi che ho comprato per i miei figli, quando ancora succhiavano alla tetta e che spero un giorno ascolteranno con attenzione e con gioia (stessa cosa):

a) Axis: bold as love di Jimi Hendrix
b) Blonde on Blonde di Bob Dylan
c) Sgt Pepper dei Beatles
d) la Banana dei Velvet Underground
e) London calling dei Clash

I dischi che mi porterei io sull’isola (la più bella di tutte, la Sardegna):
a) John Wesley Harding di Bob Dylan
b) Islands dei King Crimson
c) For the beauty of Wynona di Daniel Lanois
d) al volo degli Stormy Six
e) Rock Bottom di Robert Wyatt (e poi nascondo nel cappotto, “Hard rain” di Muddy Waters, “Oar” di Skip Spence e un LP qualunque di Robbie Basho)(e poi “10 new songs” di Leonard Cohen, “Disperanza” di Edo Cerea e Marco Peroni, tutto Airportman e Gatto Ciliegia ….)

Ho letto in questi giorni della tua “sofferenza” per le sorti del Toro. Trovo spesso stupore quando un artista “schierato” palesa la sua passione per il calcio, come se fosse una colpa o lo sminuire lo spessore intellettuale il fatto di appassionarsi per “22 milionari in mutande che corrono dietro ad un pallone”.

calcio. Bello giocarlo. Anche bello guardarlo, a volte, quando hai bisogno di staccare un po’. Ma il calcio e “il Toro” sono cose diverse. Non tanto per i risultati, che non mi interessano, ma perché “il Toro” è un sentimento d’amore e anche molto Blues. Straziante e insostituibile.
Conosco persone/amici/compagni/ che sentono le stesse cose per altre squadre. Li capisco. A patto che non si parli di calcio, di sport, nemmeno di passione. Chi cerca di fare dei discorsi seri sulla Serie A, ad esempio, mi deprime, offende l’intelligenza mia e sua.
Ma, discorsi a parte, se si parla di cuore allora le cose cambiano. Devo però chiudere con un commento anti-juventino, che appartiene al DNA di qualunque Granata. Da parte di un Gobbo non mi aspetto nulla di diverso, sarcasmo e simpatica perfidia.
E' il nostro destino. Here we go: dei risultati calcistici me ne sbatto, nemmeno battere la Juve per me vale la pena.
La Juve, dal mio punto di vista, si batte da sola, proprio perché è la Juve.
Come picchiare uno che sta cagando: troppo facile.

In memoria di Tore Tadasuni. Mai soli. Stefano Giaccone

lunedì, maggio 26, 2014

Il lavoro del musicista



Che lavoro fai?
Il musicista.
Si, ma di lavoro ?


Credo sia tra i dialoghi più ricorrenti che, almeno in Italia, abbia ascoltato chi campa (o cerca di farlo) di MUSICA.
A me capita dalla maggiore età, avendo sempre guadagnato (e perso valanghe di soldi) solo ed unicamente con lavori in ambito musicale.

Eppure la MUSICA produce reddito, guadagno, ricavi, indotto e uno sguardo appena più attento delle istituzioni potrebbe alimentare un mercato sempre più asfittico e in declino.
Un esempio lampante è quello della SIAE di Piacenza che in occasione di un Notte Blu, nello scorso weekend, ha aumentato del 300% (TRECENTO x CENTO) i costi per chi organizzava. Il tutto , per il momento e per l'occasione , rientrato dopo la veemente protesta di commercianti, organizzatori e Comune.

Il mio è un vero e proprio lavoro come qualsiasi altro lavoro, anzi, più degli altri lavori.
Ho fatto questo lavoro da sempre, passando la maggior parte della mia vita scrivendo canzoni e ad andarle a suonare in giro e a me sembra proprio un lavoro.
Non sto dicendo che è più importante di quello di un insegnante ma portare la musica in giro per il mondo è un lavoro.
Il mio è un lavoro che dura 24 ore al giorno.
Lavorare a quello che faccio ed essere un musicista è esattamente la stessa cosa di essere un ragioniere.
Assolutamente.

(PAUL WELLER)

domenica, maggio 25, 2014

Roberto Bolaño - La letteratura nazista in America



Recensione e considerazioni di ANDREA FORNASARI (AndBot)

Fra tutti i libri di Roberto Bolaño (Santiago del Cile, 28 aprile 1953 – Barcellona, 14 luglio 2003), La letteratura nazista in America è certo il più intensamente e smodatamente borgesiano - e anche wilcockiano, se si pensa alla Sinagoga degli iconoclasti. Allo stesso tempo rappresenta anche, se così si può dire, la quintessenza della "bolanità". In apparenza l'oggetto è sobrio e rassicurante: un panorama degli scrittori filonazisti (dell'America latina, in particolare), di ognuno dei quali si traccia il percorso biografico e si rende conto della produzione letteraria.
Si descrivono anche alcune opere, nonchè i rapporti intercorsi fra di loro, le riviste che li hanno ospitati, le case editrici che li hanno pubblicati, e alla fine del volume figurano un indice dei nomi e una bibliografia.

In questo modo difficilmente ci dimenticheremo di Carlos Hevia (Montevideo, 1940 - 2006), autore, fra l'altro del Premio Giasone, "favola allegorica nella quale la vita sulla Terra sarebbe il risultato di un concorso televisivo intergalattico fallito", oppure di Jim O'Bannon (Macon, 1940 - Los Angeles, 1996), il quale "conservò fino alla fine il disprezzo per gli ebrei e gli omosessuali; i negri cominciava pian piano ad accettarli quando lo raggiunse la morte".
E scopriamo che "Nel 1929, mentre il crollo mondiale delle Borse costringe Sebastiàn Mendiluce a fare ritorno in Argentina, Edelmira e i suoi figli vengono presentati ad Adolf Hitler, che prenderà in braccio la piccola Luz e dirà che è una bambina meravigliosa". Si scattano delle foto e il futuro Fuhrer eserciterà sulla poetessa argentina una profonda impressione. Prima di congedarsi Edelmira gli dona alcuni dei suoi libri e una lussuosa edizione del Martìn Fierro, omaggi dei quali Hitler calorosamente ringrazia chiedendole seduta stante, cosa che le riesce non senza difficoltà, con l'aiuto di Carozzone, una traduzione in tedesco.
Hitler si mostra ammirato.
Sono versi robusti, che guardano al futuro. Edelmira, felice, gli chiede consiglio sulla scuola più idonea per i suoi due figli maggiori.
Hitler suggerisce un collegio svizzero, pur precisando che la migliore scuola è la vita.
Al termine dell'incontro, tanto Edelmira quanto Carozzone si dichiareranno hitleriani convinti.

Eppure, dopo un po', ci accorgiamo che qualcosa non funziona: non foss'altro perchè almeno un paio di scrittori risultano morti dopo il 2015.
A poco a poco capiamo che nessuno di questi scrittori, poetesse, movimenti letterari, è mai esistito, e che Bolaño sta costruendo sotto i nostri occhi un inquietante universo parallelo: del tutto plausibile e del tutto immaginario.
Ma non irreale.
E così iniziamo a stare al gioco, ad abbandonarci al flusso inarrestabile di quello che non è solo uno scoppiettante, geniale divertissement letterario, ma soprattutto un susseguirsi di storie aberranti e al contempo esilaranti, e una galleria di mostri, spesso tremendamente comici.

Non di meno rimane una sorta di amaro retrogusto - nel pensare a come la comicità di un comportamento fanatico possa trasformarsi in una identità nazionale (e non solo) con le sue atroci conseguenze.
Tuttavia non si può anche mancare di far notare come spesso le accuse di filonazismo rivolte ad alcuni scrittori realmente esistiti non siano meno comiche - e per certi versi altrettanto atroci, anche se sotto un differente punto di vista.

Di questo straordinario scrittore cileno, invece, non posso fare altro che consigliare tutta la bibliografia: in lui, davvero non c'è nessuna traccia di anche remote simpatie filofasciste, così come non troviamo nessuna nostalgia filocomunista. C'è invece un enorme talento artistico, questo si.

sabato, maggio 24, 2014

ALTRI CANTAUTORI - Stefano Giaccone



Altri Cantautori è una rubrica che si occupa di andare a pescare nel cantautorato italiano meno conosciuto, cercando di scoprire nomi di valore e di sicuro interesse, attraverso i loro nuovi dischi e (talvolta) le loro parole.

Stefano Giaccone è un musicista, artista, cantautore, da sempre sulla strada, dai Franti ai Kina, Environs, Howth Castle, Orsi Lucille, La Banda di Tirofisso a mille altre esperienze anche in ambito teatrale.

Il nuovo album “Aria di festa”, in chiave prevalentemente semi acustica, mantiene la rabbiosa urgenza di sempre pur se filtrata attraverso una poetica sempre più riflessiva.
Ma le parole, i concetti, rimangono pungenti, appartenenti ad una tradizione musicale colta e profonda, quella dei Woody Guthrie, dei De Andrè, dei Phil Ochs (di cui riprende "When I'm gone", con Mario Congiu, reintitolata "E' adesso" che si affianca a "La tua storia" come miglior brano dell'album), ma che assimila elementi preziosi del cantautorato moderno, da PJ Harvey a Nick Cave a Billy Bragg.

venerdì, maggio 23, 2014

Abba - Abba (third album) 1975



GLI INSOSPETTABILI è una rubrica che scova quei dischi che non avremmo mai pensato che... Dopo Masini, Ringo Starr, il secondo dei Jam, "Sweetheart of the rodeo" dei Byrds, Arcana e Power Station, "Mc Vicar" di Roger Daltrey, "Parsifal" dei Pooh, "Solo" di Claudio Baglioni, "Bella e strega" di Drupi, l'esordio dei Matia Bazar e quello di Renato Zero del 1973, i due album swing di Johnny Dorelli, l'unico dei Luna Pop," I mali del secolo" di Celentano, "Incognito" di Amanda Lear, "Masters" di Rita Pavone, Julian Lennon, Mimmo Cavallo con "Siamo meridionali"e i primi due album dei La Bionda di inizio 70's, il nuovo album dei Bastard Son of Dioniso, "Black and blue" dei Rolling Stones, Maurizio Arcieri e al suo album "prog" del 1973 "Trasparenze", Gianni Morandi e "Il mondo di frutta candita", restiamo nel 1975 con il terzo album degli ABBA. Le altre puntate de GLI INSOSPETTABILI qui: http://tonyface.blogspot.it/search/label/Gli%20Insospettabili

“Abba” è il terzo album della band svedese ed il primo realizzato con il famoso acronimo ABBA dopo che l’esordio “Ring ring” del 1973 uscì accrediato a Björn Benny & Agnetha Frida e il successivo “Waterloo” ad Abba (Björn Benny Agnetha & Frida).

Fresco di vittoria all’Eurofestival nel 1974 con l’irresistibile “Waterloo” il quartetto affronta un album che regalerà loro una serie di hit di incredibile successo planetario e li lancerà nella leggenda.
“Abba” è un eclettico viaggio tra pop commerciale di altissima classe, fresco e accattivante e influenze le più svariate e inconsuete, dal glam , all’hard rock, al reggae al prog sinfonico.
Bjorn e Benny avevano alle spalle una lunga attività con altre bands, l’uno con la folk band degli Hootenany Singers (tra folk commerciale , Byrds e Simon and Garfunkel, l’altro con gli HepStars, ottima beat band svedese dei 60’s, a cui si unì verso la fine anche Bjorn e nel pop degli Abba non mancarono mai di inserire influenze colte e particolari.

Dopo la hit mondiale “Mamma mia” un funk hard glam con i fiocchi come “Hey hey Helen” che poco ha da invidiare a certi brani di Slade, Sweet e Bay City Rollers e l’inconsueto reggae (un gruppo svedese...) di “Tropical loveland” che si ripete sporcato di funk in “Man in the middle” dove non compaiono le voci femminili (se non in qualche contrappunto nei cori), appena dopo un’altra super hit come la stranota “SOS”.
Si salta volentieri il disco bubblegum pop di “Bang a boomerang” mentre è piacevolissimo il retro gusto vaudeville boogie jazz di “I do I do I do I do” e non male nemmeno il glam rock di “Rock me” cantato da Benny e Bjorn con Agnetha e Anni-FRid ai cori.
Sorprendenti i 4 minuti di “Intermezzo n°1” uno strumentale di impostazione prog sinfonica in pieno stile Emerson Lake and Palmer.
E se “I’ve been waiting for you” è una melassa inascoltabile, “So long” è invece un grandissimo boogie glam.

Il gruppo poi ripiegherà sempre più su uno stile scontato e decisamente meno contaminato, dominando ancora a lungo le classifiche di mezzo mondo e consolidando il loro ruolo di icone (tutt'ora) immarcescibili.

giovedì, maggio 22, 2014

Le meteore ai Mondiali di calcio



Prosegue la rubrica ASPETTANDO IL MONDIALE che ogni settimana proporrà un racconto o una storia relativa all'appuntamento quadriennale che si svolgerà quest'anno in Brasile.
Oggi un veloce sguardo alle METEORE che hanno brillato per un mondiale e poi sono tristemente tornate nell'oblìo (o quasi).
A cura dell'immarcescibile coppia di "Rock n Goal", Bacciocchi / Galletti

Qui le altre puntate
:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Aspettando%20il%20Mondiale

Il Mondiale è stato anche culla di numerose meteore, durate lo spazio di un torneo iridato e poi, più o meno, scomparse dalla scena.

Totò Schillaci
A Italia 1990 a 25 anni, con una sola presenza in Nazionale ma 15 gol alla sua prima stagione in serie A con la Juventus. Contro l’Austria al 75’ entra al posto di Carnevale e dopo quattro minuti segna.
Si ripete con la Cecoslovacchia poi agli ottavi con l’Uruguay, nei quarti con l’Irlanda, in semifinale con l’Argentina e per il terzo posto con l’Inghilterr, diventando il capocannoniere del Mondiale con sei gol. Finito il Mondiale non segnerà mai più di 6 gol in serie A, una sola altra rete in Nazionale, con cui gioca fino al settembre del 1991poi il suo tramonto in Giappone, a meno di 30 anni.

Fabio Grosso
Decisivo per la vittoria al Mondiale 2006 (si procura i lrigore contro l’Australia negli ottavi, segna un fantastico gol alla Germania nei supplementari in semifinale e il rigore decisivo contro la Francia in finale).
Dal Palermo passa all’Inter, poi al Lione e infine alla Juve da dove alla fine viene messo fuori rosa. In Nazionale giova gli Europei del 2009 e la Confederations del 2009 ma la sua stella si spegne velocemente.

Josimar
Centrocampista del Botafogo si mette in luce in Messico 1986 con due gol (gli unici in nazionale) ma il Brasile esce agli ottavi e dopo brevi apparizioni con Flamengo e Siviglia scompare velocemente. Finisce nella squadra ideale del torneo poi vinto dall’Argentina di Maradona, ma la sua carriera finisce nel fango, colpa di una turbolenta vita notturna che lo fa finire in carcere per aver picchiato una prostituta.

Gerry Armstrong
Due suoi gol mettono in fila Spagna Yugoslavia e Honduras ai Mondiali del 1982 e fanno passare la sua Irlanda del Nord al girone successivo dove non basta un altro suo gol per andare avanti. E’ anche ai mondiali del 1986 ma la squadra esce subito con poca gloria.
Ha giocato con Tottenham, Watford, Brighton & Hove, West Bromwich.

Oleg Salenko
Nel mondiale americano del 1994 segna 5 gol al Camerun e uno alla Svezia e diventa capocannoniere del torneo con Stoichkov.
Giocherà un totale di otto partite con la Nazionale senza segnare altri gol, andrà al Valencia e Rangers tra gli altri senza grande fortuna.

Igor Belanov (URSS)
Elemento di spicco della Dinamo Kiev guidata dal colonnello Lobanovsky fu grande protagonista della stagione 1985/86 in cui la Dinamo balzò agli onori delle cronache europee con la vittoria in Coppa delle Coppe, meccanismo perfettamente oliato e funzionante, l’11 di Kiev costituiva anche quasi per intero la nazionale sovietica che si presentò al mondiale messicano di quell’anno dove fece faville al primo turno, prima di venir estromessa nei dal Belgio al secondo turno in un memorabile 4-3 ai supplementari, partita nella quale realizzò una tripletta.
L’exploit gli valse, tra la sorpresa generale, il pallone d’oro.
Il declino fu breve all’Europeo in Germania di due anni dopo non riusci a ripetersi, nonostante l’URSS arrivò fino alla finale.
L’avvento della perestrojka investì anche il calcio e alcuni girelli di quella squadra si trasferirono all’ovest in cambio di milioni di dollari per i club sovietici, Belanov finì al Borussia Monchengladbach dove deluse, e passò all’ Eintracht Braunschweig in Serie B per quattro stagioni.

Pak Doo Ik
Il giustiziere dell’Italia nella disfatta di Middlesbrough era un caporale dell’esercito nordcoreano nella cui compagine Pak militava.
Non giocò più a calcio dopo quel mondiale, dirottato in una provincia periferica con mansioni di taglialegna.
Fu questo il trattamento riservato loro dal sommo Kim Il Sung che non gradì i festeggiamenti seguiti alla vittoria sull’Italia.
"squadra borghese rovinata dall’imperialismo" lì definì addossando la colpa della sconfitta col Portogallo a quei festeggiamenti.
Ad alcuni suoi compagni di squadra andò peggio, e si ritrovarono in campi di lavoro.
Riuscì a tornare a Pyongyang dove divenne un istruttore di ginnastica.
In seguito è stato Commissario tecnico della Corea del Nord alle Olimpiadi di Montreal 1976 e nel 2008, in occasione delle Olimpiadi di Pechino, tedoforo durante il transito della fiaccola olimpica nella Corea del Nord. Pare che le sue presenze in Nazionale ammontino a 5, con due gol all’attivo.

Joe Gaetjens il giustiziere dei (fu) maestri inglesi al loro esordio alla Coppa del Mondo. Si trattò di una marcatura accidentale, il tiro di un compagno indirizzato a rete incocciò la sua testa ingannando il portiere.
Nativo di Haiti da famiglia tedesca benestante si trasferì a New York a 23 anni dove si iscrisse alla Columbia University con una borsa di studio del governo haitiano e giocò a calcio per il Brookhattan con i quali vinse il titolo di capocannoniere del 1947, selezionato per l’improvvisata spedizione statunitense, gli bastò dichiarare di voler prendere la cittadinanza americana,cosa che poi non ottenne mai, per il mondiale del ’50.
Dopo quell’exploit si trasferì al Racing Club Paris e nel ’54 fece ritorno in patria. Quando Duvalier prese il potere, la sua famiglia, molto vicina al suo avversario lasciò lisola, ma Joe non essendosi mai interessato alla politica non pensò di doverlo fare e rimase continuando ad allenare la squadra dove era cresciuto.
Arrestato dalla polizia di Duvalier fu incarcerato e ucciso in data imprecisata, il suo corpo non fu mai ritrovato..

Ilhan Mansiz, attaccante della Turchia (ma tataro di Crimea), grande talento ispiratore nella formazione turca sorprendentemente terza al mondiale 2002 dove segna il gol della vittoria sul Senegal e una doppietta che affonda la Corea del Sud nella finale del 3° posto. Continua nella file del Besiktas per altre due stagioni collezionando poche presenze, seguono due anni in squadrette anonime. A 33 anni chiuso col calcio si diede al pattinaggio artistico con buoni risultati ..

Guillermo Stabile
Benchè sia difficile definire una meteora calcistica in tempi così lontani ed improvvisati, rimane il fatto che Stabile collezionò le uniche presenze in nazionale (4), e le sue uniche segnature (8!)durante la prima edizione del mondiale nel 1930 a Montevideo. Passato al Genoa nella stagione seguente, fu protagonista di un avvio folgorante, ma un grave infortunio lo mise fuori combattimento e dopo il recupero perse lo smalto dei tempi migliori, lasciati i rossoblu continuò la carriera tra Italia e Francia tra mille infortuni e uno stato di forma che non fu più lo stesso..

Mercoledì 29 giugno 1994, Washington DC, ore 12.30.
Si trovano di fronte le nazionali del Belgio e dell'Arabia Saudita. Quest'ultima, che non si era mai qualificata per un Mondiale, aveva entusiasmato contro Olanda e Marocco, ma con i soli tre punti in tasca era costretta a vincere per passare il turno.
Saeed Al Owairan prende palla sulla trequarti difensiva, corre per 70 metri, dribbla cinque avversari e va in gol L'Arabia Saudita, grazie a quel gol, vince 1-0 e si qualifica per gli ottavi dove verrà eliminata poi dalla Svezia.
Saeed Al Owairan da sconosciuto fu cercato da molte squadre europee ma gli fu vietato di trasferirsi all'estero e gli venne imposto di continuare a giocare con l'Al-Shabab fino al termine della sua carriera.
Partecipò ai Mondiali di Francia 1998 e terminò la sua carriera nell'Al-Shabab nel 2001 con 163 partite giocate e 58 reti segnate. In nazionale l'ultima apparizione fu proprio nel 1998 con un totale di 50 presenze e 24 gol.

https://www.youtube.com/watch?v=y8w89sl7Grc

Ernie Brandts, difensore olandese segnò due gol ad Argentina 1978, compreso uno agli azzurri nel match che valeva un posto in finale e che lui aveva sbloccato con un autogol. Ma dopo il Mondiale uscì dal giro della nazionale.

mercoledì, maggio 21, 2014

La storia della batteria



Suonando la batteria dal 1976 circa, mi sono solo recentemente chiesto le origini del mio strumento...
Che nella sua connotazione più primitiva si perde ovviamente nella notte dei tempi.
Il percuotere un albero cavo o qualsiasi oggetto che riproducesse un suono o desse un ritmo è stata una delle prime espressioni artistiche dell’uomo.
Quello che interessa in questa sede è l’origine della batteria intesa come lo strumento che conosciamo, quello che suona Ringo Starr...

I primi esempi risalgono alla fine del 1.800 all’interno delle bande militari statunitensi ma anche delle marching band di New Orleans o di quelle che suonavano alle feste.
Ma i “batteristi” erano divisi ognuno per pezzo, chi suonava la grancassa, chi il rullante, chi i piatti.
E’ più o meno di quel periodo l’invenzione del pedale per la cassa (brevettato e messo in commercio dai fratelli Ludwig nel 1909) che rende possibile l’uso dello strumento ad un solo musicista.
Viene introdotto l’uso dei piatti fissi e dei tamburi di contorno, timpano e tom e progressivamente affinata la struttura del nuovo strumento, nei primi del ‘900, grazie a nuovi costruttori come Slingerland e Gretsch e lo strumento diventa parte essenziale nel jazz e nel dixieland.
Un particolare interessante è la multietnicità dello strumento che assimila la matrice anglosassone del rullante, l’origine turca dei piatti, quella cinese dei tom, quella nativa americana del timpano.
In Italia le prime batterie apparvero negli anni ’30 con le prime jazz bands nostrane.

martedì, maggio 20, 2014

Piero Scaruffi



Piero Scaruffi è tra i personaggi più controversi, discussi e, soprattutto, criticati del web.
Vive in California dal 1983, dove fu chiamato per dirigere il Centro di Intelligenza Artificiale dell’Olivetti.
Dopo aver creato la sua azienda di consulenza informatica Omniware, si è dedicato all’insegnamento universitario, cominciando a occuparsi di critica musicale, scrivendo per alcune riviste e pubblicando una Storia del Rock in quattro volumi per Arcana.
La sua attività e competenza in ambito informatico lo hanno reso un pioniere in Internet e il suo sito www.scaruffi.com (nato nel 1995) ha anticipato di qualche anno la struttura di Wikipedia e dei Blog (già nel 1985 distribuiva via mail, a 15 persone !, non essendo il web minimamente sviluppato e ad appannaggio di pochissimi, una webzine !), creando nel 1986 il suo primo database on line scaricabile via ftp, anni ed anni avanti rispetto a quello che diventerà la normalità.

Il sito raccoglie recensioni di dischi e schede di autori e musicisti di musica rock, jazz, classica e contemporanea (oltre 8.000 con le intere discografie commentate e corredate di voti per ogni album) vi sono sezioni dedicate al Cinema, ai suoi viaggi in 130 paesi nel mondo, alla Politica, alla Storia, all' Arte, alla Filosofia ed alla Scienza.
Sono soprattutto i suoi (perlomeno discutibili) giudizi in ambito musicale che lo hanno reso “famoso” con le stroncature di Beatles, Bowie, U2, Elvis etc e l’esaltazione di oscuri dischi o bands che gli hanno attirato critiche di ogni genere (oltre al sospetto di un ascolto se non altro superficiale del materiale recensito, trattandosi di decine e decine di migliaia di dischi, libri, film, numericamente, si dice, incompatibili con i suoi 59 anni di vita, un lavoro impegnativo e i 130 paesi del mondo visitati, accuratamente recensiti.....).
Al di là delle critiche il suo sito (dalla grafica spartana e minimale, scritto in inglese e italiano e che il NY Times ha definito come il “più grande sito di sempre”) rimane un punto di riferimento imprescindibile per chi vuole muoversi nel web alla ricerca di nuovi e vecchi album ed artisti.



 Spulciando nel sito:
I Beatles ebbero la funzione storica di paladini della reazione.
I loro sorrisi e i loro ritornelli tennero nascosti i fatti rivoluzionari di quell'epoca per la borghesia che non voleva sapere nulla dell'insofferenza dei giovani e dell'underground emergente.
Non avevano nulla da dire, e infatti non lo dissero.

Laddove i Beatles avevano arginato le istanze di rivolta e le avevano assimilate all'ideologia qualunquista e borghese, i Rolling Stones le amplificarono a dismisura e le sposarono a una nuova ideologia anarchica, ribelle e sottoproletaria.


Grazie a questa estetica alternativa, gli Who furono i primi cultori del caos, i primi consapevoli profeti dello "stato brado", i primi rumoristi intransigenti, le prime stelle del rock amatoriale (che diventera` poi garage-rock e punk-rock).

Grande personaggio, ma povero musicista: dire che Bowie e` un musicista e` come dire che Nerone era un suonatore di lira (fatto tecnicamente vero, ma fuorviante). Bowie incarna la quintessenza dell'arte artificiale, innalza la futilita` a paradigma, esalta il fenomeno invece che il contenuto, rende irrilevante il rilevante, e, pertanto, e` l'epitome di tutto cio` che e` negativo nella musica rock.

Personaggio debole e confuso, Weller rimane comunque uno dei cantautori che meglio hanno saputo interpretare le ansie della sua generazione.
Weller è un songwriter intelligente, serio e maturo, ma niente più che un autore di canzoni pop dotato di mediocre ispirazione.

lunedì, maggio 19, 2014

Campionato di calcio italiano 2013-2014



Si è concluso uno dei campionati più anonimi e scarsi degli ultimi anni.
Gioco mediocre, livello basso, noia e prevedibilità.
Ha stravinto, meritatamente, la JUVENTUS, anche e soprattutto per mancanza di avversari.
La ROMA, arrivata da una situazione disastrosa, fa un grande campionato e arriva a 17 punti !!
Delude il NAPOLI, costruito per lo scudetto e lontano terzo, fuori dalle Coppe europee e con la magra consolazione della Coppa Italia.
Brava la FIORENTINA, che se non fosse stata massacrata dagli infortuni di Rossi e Gomez (e da qualche bastonata arbitrale), poteva puntare più in alto.

Un elogio a PARMA, TORINO e VERONA che potevano essere a lottare per la salvezza e invece si sono contese l'Europe League. E uno anche al MIO CAGLIARI che in un contesto societario allucinante, l'addio di Naingollan, la questione stadio, i vari cambi di allenatore, si salva con dignità e relativa tranquillità.
Deludono le milanesi (il MILAN disastroso e con scarse prospettive future, un po' meglio l'INTER, soprattutto guardando avanti), la LAZIO e l'UDINESE.
Retrocedono meritatamente Catania, Bologna e Livorno e a testimonianza della pochezza del nostro campionato la terzultima scende con 32 punti quando abitualmente la quota salvezza è di 40....

Sconfortanti le ultime giornate con generosi regali a questa o quella squadra da parte degli "avversari" (vedi le due vittorie con 4 gol l'una del Sassuolo o il Fiorentina-Torino di ieri) e agli scommettitori con improbabili pareggi con gol a valanga. Ma è la prassi e la normalità da sempre.

Ci sarebbe da dire sulla "violenza negli stadi" ma è meglio lasciar perdere, và...

Il calcio italiano è allo sfascio (vedi il rendimento in Europa), in costante declino, giovani se ne vedono pochi (Immobile, Insigne, solo a tratti Berardi, Rolando, Paletta, Scuffet e Perin...basta leggere questa lista e mettersi le mani nei capelli) , bel gioco ancora meno.
All'orizzonte poche speranze di vedere sostanziali cambiamenti (nessuno da noi è più in grado di investire allo stesso modo di Real, Barca, PSG, City, Bayern etc) ...speriamo nei mondiali...

In Europa vince chi ha i soldi (con l'eccezione del glorioso Atletico Madrid che compie l'impresa) ed è evidente che ne hanno montagne in più di noi.

Qui le previsioni di inizio campionato (più o meno rispettate, ma non ci vuole molto...):
http://tonyface.blogspot.it/2013/08/campionato-di-calcio-italiano-2013-2014.html

domenica, maggio 18, 2014

Assist - Pop Club (Remastered)



Era il 1998 quando gli ASSIST esordirono con l’album “Pop Club” per la Face Records con distribuzione nazionale Sony Music.
Si era in epoca brit pop e la band torinese ne assorbì tutti gli umori, coniugando melodie 60’s e beatlesiane con l’elettricità e l’aggressività di gruppi come Jam, Oasis, Supergrass (per questi ultimi e per i Cornershop aprirono anche alcune date del tour italiano).

Dopo una lunga pausa gli Assist sono tornati con un nuovo album, “Stereobeat”, pubblicato da Irma Records a cavallo tra il 2012 e il 2013 e il rinnovato interesse per la band ha indotto alla ristampa di “Pop Club” con l’aggiunta di due brani reperibili solo sulla versione originale in cassetta e l’inedita “Per te”.

Il tempo non ha minimamente intaccato la freschezza pop dell'esordio di oltre quindici anni fa, i brani mantengono la carica e il fascino adolescenziale del tempo, la rimasterizzazione ha ridato maggiore spessore e potenza al suono, brani come "Na na na na", "Blu", "Il ritmo che c'è in noi" rimangono piccole hit tra pop, rock e beat, sospese tra Oasis, Kasabian, Velvet, Luna Pop, Statuto.
Un gioiello perduto che attende solo di essere riscoperto.

sabato, maggio 17, 2014

ALTRI CANTAUTORI: Giancarlo Frigieri



Altri Cantautori è una rubrica che si occupa di andare a pescare nel cantautorato italiano meno conosciuto, cercando di scoprire nomi di valore e di sicuro interesse, attraverso i loro nuovi dischi e (talvolta) le loro parole.

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GIANCARLO FRIGiERI - Distacco

Frigieri non è certo un musicista di primo pelo. “Distacco” è il sesto album solista ma sono da annoverare anche un album con i grandissimi Joe Leaman e una militanza da batterista nei Julie’s Haircut.
Il nuovo album condensa al meglio l’immaginario di Giancarlo tra cantautorato “colto” (De Gregori, Guccini, Ivano Fossati) quello più rock (Enzo Maolucci) ma anche riferimenti al meglio dell’alt rock di 80’s e 90’s, dai REM ai Violent Femmes (“Gorizia”), fino alle atmsofere Loureediane di “Neve”, il avvolto tutto in una febbrile attitudine alla Billy Bragg, primo Dylan, Woody Guthrie.
I testi si integrano alla perfezione in una visione “combat” ma senza mai appiattirsi su slogan scontati o parole banali, tratteggiando un lucido ritratto di una realtà poco edificante.

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Hai alle spalle una lunga carriera. Cosa e quanto è cambiato in tutti questi anni nella scena italiana (musicisti, etichette, locali, promoters) ?

E' cambiato che i locali dove fare suonare una band sono spariti, che i soldi da tirare fuori sono sempre di meno e quindi vanno forte i cantautori.
Ho comprato due loopstation e un mare di effetti e mi sono adeguato e devo dire che si sta benissimo.

Ce la si fa a vivere di musica in Italia ?

A vivere di musica si riesce, perché c'è chi ci vive.
Io non ci riesco, quindi non so dirti come si fa. Chi conosco che ci riesce fa il turnista o dà lezioni di musica ai ragazzini. Ho notato che molti confondono "vivere di musica" con "Vivere della musica che si scrive" o addirittura con "Fare la rockstar".
Sono due cose completamente diverse.

Cosa pensi del fatto che in una situazione sociale così precaria come la nostra siano così pochi i gruppi e artisti nuovi a parlarne, in un paese in un cui la canzone “politica” ha sempre avuto terreno fertile (da Guccini a Lolli, da Area e Stormy Six all’HC e hip hop a MCR, Statuto, Assalti Frontali etc) ?

Credo che in realtà esistano canzoni che parlano della società e della nostra vita e che queste siano inevitabilmente un poco staccate dalla politica perché siamo in un periodo in cui la politica non sentiamo che ci rappresenti per niente. Io personalmente cerco di cantare di noi, di come viviamo, dalla nostra vita.
La cosa dell'abbattere la barriera tra musica e vita, come dicevano gli Area, secondo me è più viva che mai. Semplicemente oggi abbiamo capito che non è cantando "l'internazionale" a pugno chiuso che cambieremo un bel niente della nostra vita.
Inoltre credo che nessuno voglia invecchiare precocemente, cosa che con le canzoni politiche sei destinato a fare. Una canzone come "Contessa" oggi suona inevitabilmente datata, idem una canzone come "Borghesia" di Claudio Lolli, del quale invece ascolti ancora magari cose come "Viaggio" e ti ci ritrovi.
Io ad esempio ho pensato per settimane intere se fosse il caso di inserire in "Controesodo" il verso sulle feste dell'Unità, poi ho risolto mettendolo al passato e faccio ancora fatica ad essermi arreso al verso che dice "Con il comico di turno a far battute sul governo dal cui capo prende i soldi tutto l'anno", perchè mi rendo contro che tra dieci, quindici anni probabilmente uno che l'ascolterà dirà "Ma di che cazzo sta parlando qui?" e quindi l'effetto svanirà come una bolla di sapone.

Insomma, la canzone "sociale" secondo me c'è ancora. Ma è necessario che suoni autentica. Che chi canta si immedesimi in maniera verista (uso questo aggettivo proprio in quella accezione lì) nella scelta dei soggetti e dello sviluppo del tema del brano, dal punto di vista del testo.

Quali sono i tuoi principali riferimenti artistici ?

I riferimenti artistici di partenza erano sicuramente Giorgio Gaber e Bob Mould, oppure Bennato e Lou Reed. Oggi come oggi cerco cose alle quali attingere in campi diversissimi, tipo che sono due anni che ascolto quasi solo musica sinfonica e cose per le quali mia moglie ogni tanto mi odia.

Quali dei tuoi album e/o brani consiglieresti per conoscere meglio Giancarlo Frigieri

Consiglierei un brano per ogni disco in modo da venderglieli tutti e quindi direi "L'età della ragione" e "Chi ha rubato le strade ai bambini?" dai dischi omonimi.
Poi "Controesodo" da "I sonnambuli", "La polisportiva" da "Togliamoci il pensiero" e "Taglialegna" dall'ultimo "Distacco". Vedo che sono i pezzi che piacciono di più dal vivo e quindi consiglierei quelli.

I classici album da isola deserta

I dischi da isola deserta è un bel casino, visto che io ho qualcosa come 2500 dischi e non sono in un'isola deserta.
Diciamo che se questa settimana decidessi di andare in un'isola deserta per un bel po' mi porterei dietro "Tropicalia - Panis et circenses", "La sagra della primavera" di Igor Stravinskij diretta da Esa-Pekka Salonen, e poi probabilmente mi sforzerei di portarmi dietro la banana dei Velvet Underground, "Spirit of Eden" dei Talk Talk e "Libertà obbligatoria" di Giorgio Gaber.
Ma ripeto, un un posto deserto io di dischi ne voglio almeno 3000 e un migliaio che non ho mai ascoltato.
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