venerdì, aprile 08, 2005

Via crucis

Via crucis
ROBERTO ZANINI
da Il manifesto

Siamo impazziti, è bene dirlo subito. La coltre di persone che copre chilometri dell'asfalto di Roma fino alle colonne di San Pietro costituisce un evento pieno di significati inestricabili, che incute il fascino e la paura di qualcosa di mai accaduto. L'attenzione dedicata a questo fenomeno è invece pura celebrazione. Molto rito pagano e altrettanta liturgia cattolica romana sono aggrovigliati e teletrasmessi come mai prima. La laicità è andata da tempo a farsi benedire e con essa molto del senso critico indispensabile a leggere la massa umana che si sta riversando su Roma.

Il pontificato pervasivo di Karol Wojtyla non poteva concludersi in modo più adatto, con il più grande dei bagni di folla. Non è un pellegrinaggio ma una via crucis, un cammino penitenziale collettivo cui il penitente si sottopone volentieri. Otto ore di coda bene, dodici anche meglio, a ventiquattro scatterà l'indulgenza? La comunione dei santi viene raggiunta attraverso i telefonini fotografici, pochi secondi di scatti furiosi dopo molti chilometri di fila.

All'inizio lodata, la generosità dei romani e la pietà dei «pellegrini» è diventata mostruosa. La pubblica sicurezza implora di smetterla e si prepara a fronteggiare i nemici, non saranno le divisioni del papa ma hanno un certo peso militare. Sugli stessi cellulari che macinano foto del catafalco pontificio arrivano i messaggi della protezione civile che ordina il coprifuoco a San Pietro, chiude scuole e uffici, propone requisizioni volontarie di case e acqua potabile, schiera batterie di missili e cecchini. Si fa così per le grandi calamità e forse è il caso. Vietati gli spettacoli legeri, disposti i maxischermi pesanti. Molti vedranno il funerale a due dimensioni ed è giusto così, era un papa mediatico. Internet ha da tempo preso il posto della grazia.

Raffiche di collegamenti con piazza san Pietro in ogni telegiornale non registrano un evento ma lo sono. Una deviazione clamorosa, un lutto artificiale imbracciato come un'arma sui miscredenti, un'esagerazione del raccontatore che amplifica con la ripetizione ossessiva le proporzioni e gli effetti dell'evento raccontato. Ogni tre per due qualcuno si tele-duole per il papa, anche quella dei programmi di cucina - ottimi. Ciò non ha nulla a che fare col sentimento religioso, che è una cosa rispettabile. E' la celebrazione di un monarca delle coscienze, che diventa detestabile come quasi tutti i monarchi. Qualcuno ricorda le esequie di Stalin o Khomeini?

La religiosità è una domanda di risarcimento contro una modernità cinica e bara ma il futuro non è destino, è scelta. Fa paura il divenire, se il presente è tutto in coda a celebrare la morte del successore di Pietro. L'esasperazione colletiva di questa morte è un cattivo espediente per riempire un vuoto. Non esistono vuoti incolmabili. Se è legittimo desiderare di prendere parte a un'esperienza come questa, lo è anche assistervi atterriti.

A parte la morale sessuale la chiesa di Wojtyla era diventata piuttosto disinvolta e secolare. E' lo stato confinante ad aver imboccato attraverso un lutto obbligatorio il cammino contrario, un cammino carolingio e pre-rinascimentale che non le fa onore. Il presidente ha detto che gli italiani hanno perso un padre. Quello di chi scrive è vivo, vivissimo, e non ha alcun bisogno di sostituti.

La morte, la più intima delle esperienze, è diventata la più sfacciata prima nei giorni dell'agonia e ora nell'esibizione della salma del pontefice, un'esibizione che non ha niente del rispetto dovuto ai morti e che ferisce invece di rispettare i sentimenti di molti. Il feretro refrigerato di Wojtyla è ormai un'icona pop, più fotografata del Colosseo. Intanto del suo corpo fanno salsicce, già il municipio di Cracovia ne rivendica il cuore, del resto le reliquie hanno una lunga tradizione. A qualcuno che crede verrà voglia di smettere.

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